di Bruno Culeddu
con il contributo di Maria Antonietta Fenu
É stata davvero una bella serata di cinema quella offerta sabato scorso da “IL GREMIO” di Roma al cinema Trevi!
La puntata di aprile di “INCONTRI CON IL CINEMA SARDO“, la brillante e seguitissima serie di proiezioni e dibattiti con attori e registi ideata dal circolo presieduto dall’attivissimo Antonio Maria Masia, è stata dedicata a Visioni Sarde e a due cortometraggi di Roberto Priamo Sechi. Il previsto tour nella penisola della rassegna voluta dalla FASI ha cosi trovato le condizioni ideali per partire alla grande. Una piacevole serata conclusa dalla visione di due bellissimi cortometraggi capaci di racchiudere in pochi minuti l’arte e il respiro del miglior cinema.
In rapida sequenza, la manifestazione curata da Franca Farina ha presentato una generazione di registi sardi che, pur con diverse declinazioni stilistiche, sta proponendo voci e immagini non convenzionali della Sardegna: opere diversificate per temi, linguaggio espressivo e intenti estetici, ma che vivono tutte accumunate da un diretto legame con la cruda realtà dei problemi e delle contraddizioni che connotano il territorio e l’identità nazionale.
Si è partiti con l’uppercut messo a segno da Paolo Zucca con il cortissimo “Border” (1 minuto di durata!). La serenità in sala è ritornata con la proiezione del delicato e sensibile “Il Bambino” di Silvia Perra (Primo Premio) e con “A casa mia” di Mario Piredda, forte del David di Donatello 2017 come miglior cortometraggio e dalla selezione ufficiale ai Nastri D’Argento 2017.
La tragedia della migrazione è stata trattata da “Del prossimo orizzonte” di Tomaso Mannoni, a cui ha fatto seguito il drammatico “Domenica” di Bonifacio Angius, selezionato per i Nastri d’Argento . Quindi è stata la volta di “A Girl Like You” di Massimo Loi e Gianluca Mangiasciutti, anch’esso in selezione ufficiale ai Nastri D’Argento 2017.
Andrea Marras, con “Nella mia città”, ha affrontato il problema dell’emigrazione.
La crisi spirituale di un giovane prete è al centro del drammatico “Noi siamo il male“ di Gianni Cesaraccio. Ha chiuso i corto di Visioni Sarde ” Waiting for” di Matteo Pianezzi con tre donne in viaggio verso una meta misteriosa.
Gli organizzatori hanno concluso in bellezza la rassegna proponendo due film di Roberto Priamo Sechi. In “LMF -Torino” due anime si incontrano e a loro insaputa condividono sogni e desideri. Infine il cortometraggio “L’alias“, che vede un superbo Vanni Fois nei panni di un attore che, in preda a una crisi interpretativa, materializza un doppio di sé.
Le luci si sono quindi accese per la seconda parte della serata, dedicata a una riflessione sulle opere proposte.
Il presidente Antonio Maria Masia è stato seguito sul palco dai registi Silvia Perra, Massimo Loi, Roberto Priamo Sechi e dall’attore Vanni Fois.
Nessuno ha lasciato la sala, a dimostrazione dell’interesse suscitato dalle proiezioni, e la presenza di un pubblico qualificato ha dato vita a un dibattito molto avvincente.
Si segnala la presenza tra gli spettatori dello scrittore e storico professore Carlo Felice Casula, della critica cinematografica Luisa Saba autrice di un bell’intervento a sostegno della validità e della novità delle pellicole in visione, degli attori di teatro Alessandro Pala, Ilaria Onorato e Francesco Madonna. Quest’ultimo, intervenendo, ha sottolineato che tutti i corti mettono in evidenza preparazioni e professionalità di notevole livello, attenzione alle nuove tematiche sociali, grande energia positiva, poesia e grazia nell’esporre i sentimenti umani dei protagonisti delle storie narrate.
Tra gli interventi hanno suscitato particolare interesse le osservazioni della dottoressa Maria Antonietta Fenu, psicoterapeuta – psicologo: osservazioni e letture in chiave psicoanalica interessantissime e coinvolgenti, svolte a braccio con particolare riferimento ai due cortometraggi extra Visioni Sarde del regista sassarese Roberto Priamo Sechi ed interpretati dall’attore nuorese Vanni Fois. Subito dopo la dottoressa Fenu ha fatto pervenire al Gremio una relazione scritta relativa al suo intervento che il presidente Masia mi ha girato e che mi fa piacere allegare in versione integrale, dentro apposito riquadro, a questa breve relazione sull’evento.
Il bilancio della prima tappa del tour che aspetterà Visioni Sarde è stato più che positivo grazie al superlavoro svolto da Antonio Maria Masia e alla professionalità di Franca Farina, preziosa collaboratrice della fortunata serie “Incontri con il Cinema Sardo”, manifestazione che merita il più convinto riconoscimento della Regione e del cinema made in Sardegna.
CONSIDERAZIONI DELLA DOTTORESSA MARIA ANTONIETTA FENU SULL’INCONTRO CON IL CINEMA SARDO DEDICATO A VISIONI SARDE E SUI FILM DI ROBERTO PRIAMO SECHI”
1. Intanto desidero fare i complimenti a tutta l’organizzazione Gremio, con particolare riconoscenza nei confronti di Franca Farina, che si impegna sempre più’ felicemente in queste preziose giornate di Cinema Sardo. Tali occasioni ci aggiornano sui nuovi talenti e sulla creatività artistica che si rinnova in sinergia con i tempi, ma senza rinnegare la tradizione profonda della terra d’origine.
Vorrei poi condividere alcune riflessioni personali e anche professionali, – in quanto sono Docente in una scuola di Specializzazione post lauream per Psicoterapeuti Psicoanalitici, l’ARPAd, e sono anche Presidente del Network Italiano della European Federation of Psychoanalytic Psychoterapy, di cui fanno parte 27 paesi europei con tredicimila iscritti – che forse sono l’elemento aggiunto nelle considerazioni possibili attorno a questi Corto di Visioni sarde.
Oltre la poesia melanconica e impotente di “ A casa mia” che parla dell’amore come dimensione possibile tra vecchi, ma certo non sostenuta dalle leggi della società, ho molto apprezzato la armoniosa compiutezza del Corto di Silvia Perra – Il bambino – che sembra un lavoro volutamente controcorrente in tempi in cui l’attenzione della gente e’ tutta sui matrimoni gay, sulle unioni civili e soprattutto sulla negazione dei limiti biologici, che possono far parte, anche se molto dolorosamente, della realtà. I limiti.. sono la Realtà. Il progresso scientifico più’ recente permette invece oggi maternità surrogate e fecondazioni assistite – con tutto quello che poi ruota intorno a tale progresso, ivi compreso il furto di ovuli della famosa modella di inusuale bellezza, ai fini di riprodurne le perfezioni fisiche. Pur nel dovuto rispetto della sofferenza di ognuno, in tale clima noi abbiamo, in questo corto, una narrazione perfettamente composta e quasi sussurrata proprio della possibile accettazione dei limiti imposti dalla impietosa realtà. La bellezza sfiorita e la conclusione inevitabile della fertilità di una moglie innamorata, esita nella scelta consapevole del condividere il marito, nella stessa casa, con una altra donna. Questa donna e’ giovane, e’ bella ed e’ ora nel pieno periodo della propria feconda femminilità. Questa altra donna potrà dare un nuovo figlio a suo marito. Pur di renderlo felice e pur di renderlo di nuovo padre la nostra protagonista piega se stessa e accoglie l’ Altra, che così non le porterà via nessuno. La mia sensazione, l’emozione, e’ stata che una concezione così dignitosa e generosa dell’ Amore, – amare nel senso di lasciare l’altro libero di essere felice anche senza di noi – tocchi paradossalmente un registro di intensa trasgressione. Nell’era del narcisismo dilagante e dell’uccisione dell’impossibile – Messner – dove si vive solo nel registro del tutto incluso e senza limiti, abbiamo invece non solo la accettazione e la sottomissione apparente ma anche l’alternativa provocatoria di.. dare all’oggetto del nostro amore amore ciò’ che egli desidera. Dare invece di chiedere e pretendere, avendo in mente solo se stessi.
2. Dei due film di Roberto P. Sechi ho apprezzato, nel primo, la raffinata eleganza di una narrazione fatta di tocchi e di accenni. Torino appare tra allusioni e nebulosità suggestive, e scandita con una recitazione semidissociata e quasi surreale di Vanni Fois, che rimandava vagamente al film l’Anno scorso a Marienbad, di antica memoria. Un Vanni insolitamente quieto e malleabile, rispetto all’usuale temperamento. Nel film Alias ho invece ritrovato la tematica trattata nel testo dello psicoanalista Otto Rank : Il Doppio. Il testo fu pubblicato nel 1907 e illustra proprio il perturbante vissuto del Doppio, nella attività creativa dell’Artista. Questa opera a cavallo tra lo scientifico e il filosofico entusiasmò
Freud che vide nel collega una valente promessa nella disciplina di cui si andava occupando. Sviluppando il tema di Narciso che trova il Doppio nella immagine riflessa dall’acqua, mi pare che nel lavoro sia implicita anche una problematica focalizzata più di recente dalla Psicoanalisi. In personalità controverse e’ possibile rintracciare qualcosa che possiamo chiamare : Invidia di se stessi. In certi casi il soggetto attacca e boicotta proprio se stesso in quanto il desiderato successo e l’attesa autoaffermazione, a livello inconscio, e’ detestata profondamente dall’ interessato . Sono meccanismi molto complessi che pare siano evocativamente rappresentati attraverso dei toni surreali e ironici. L’interpretazione di Vanni inserisce anche con insolita leggerezza, qua e la, i sottesi risvolti drammatici. Al centro del tutto troneggia quell’obsoleto telefono arancione, gigantesco e intimidente, che rappresenta la anelata comunicazione tra un soggetto annichilito dalla propria stessa incomprensibilità e l’Autorità terapeutica del campo, che elargisce a distanza le sue belle verità.
Alla fine, per fortuna, l’artista trova le parole, quelle giuste, perché tutto funzioni e perché tutto vada come deve andare.
Maria Antonietta Fenu è Psicoterapeuta-Psicologo. Specialista in Età evolutiva, Coppia e Famiglia
Com. di Training e Docente Corso ARPAD. Socio Fondatore SIPSIA