di Alice Andreoli
“Sarà che sono sardo e dunque diffidente di natura, ma quando mi hanno detto che Madonna voleva che le facessi i capelli per un’apparizione a Top of the Pops, ho pensato che fosse una presa in giro”. Valeva però la pena di correre il rischio e Luigi Murenu è salito su un aereo per Londra.
“Nemmeno il tempo di fare la valigia – racconta il parrucchiere cagliaritano venerato dalle star di Hollywood – sono partito così com’ero, e all’arrivo, nell’attesa, ho chiuso gli occhi e mi sono addormentato. Del resto ero sfinito, avevo appena concluso una sfilata a Parigi. E’ lei che mi ha svegliato: Luigi! Le ho fatto i capelli in 15 minuti. Era scioccata, non poteva crederci!”.
Quell’incontro è stato l’inizio di una collaborazione che dura da quasi due decenni. E una sorta di spartiacque, perché se Luigi Murenu era già un affermato parrucchiere, dopo quell’incontro è diventato una stella internazionale del mondo della moda, da Parigi a New York, dove vive, nel suo appartamento nel cuore del West Village.
“Con Madonna seguii poi il tour per Evita, sono venuto anche in Italia. Tutt’ora è un rapporto speciale, anche se mi rimprovera e mi dice che ora che sono una star non ho più tempo per lei”, racconta scanzonato.
L’uomo che ha creato i look iconici in perenne evoluzione di Louise Veronica Ciccone, in arte Madonna, è ora uno degli stylist più richiesti al mondo e la sua agenda sembra un parterre de notte degli Oscar: nomi quali Scarlett Johansson , Nicole Kidman, Cate Blanchett, Gwyneth Paltrow, Anne Hathaway, Drew Barrymore, Charlize Theron, Britney Spears, Jennifer Lopez, tanto per citarne alcuni. Insomma, non c’è chioma del cinema e della musica a cui Murenu non abbia messo mano.
E di lui parlano con toni entusiastici Kate Moss come Naomi Campbell. Collabora con i big della moda, da Gucci ad Armani, da Givenchy a Prada, da Versace a Valentino. “Ma in Italia mi conoscono solo gli addetti ai lavori, gli altri conoscono Aldo Coppola…”, sottolinea ridendo. Luigi è alla mano, nessuna spocchia, nessuna supponenza, molta ironia piuttosto, e un entusiasmo contagioso per il suo lavoro. Ama parlare della sua Sardegna, degli inizi.
“Sono cresciuto a Cagliari, nei pressi di piazza Repubblica. Ricordo bene quando creavo i look dei punk cagliaritani, con mia madre che lavava i capelli nella vasca da bagno di casa! All’epoca avevo rasato i capelli anche a lei: arrivò in spiaggia e mio padre non la riconobbe! Mi divertivo, sì, ma ero insofferente. Gli amici più stretti mi dicevano Luigi tu devi andare via dalla Sardegna, qui non sarai mai capito. L’ho fatto: nel 1983, a 19 anni, sono andato a Parigi, con i miei che non sganciavano una lira perché mi volevano geometra. Geometra?! Ma te lo immagini? Io e la matematica abbiamo sempre fatto a cazzotti. Forse, pensavo, avrei potuto fare il maestro, ma il geometra mai nella vita! Ma sai, i miei sono del ’39, hanno passato una guerra, hanno avuto 5 figli, si può capire. Sono quindi partito per Parigi, volevo fare il parrucchiere, lavorare nel mondo della moda, era quello il mio sogno. E’ stata durissima: mi sono ritrovato in un hotel scalcinato, con un cane a tre zampe, a tagliare i capelli a 70 e 80enni”.
Ma Luigi non ha mollato. Da Parigi si trasferisce poi a Londra e infine a New York, arrivando alle vette massime, fino all’ultimo suo successo: la fotografia. Già, perché Luigi Murenu oggi non è solo un hair stylist ma anche un fotografo affermato, tanto che Vogue Giappone, una delle edizioni più vendute gli ha affidato diversi servizi di punta. Da anni lavora al fianco di grandi fotografi, come Richard Avendon, conosce i segreti della luce e delle ombre, e così sta cambiando pelle. Nei set ora, oltre a creare i look, scatta anche. Un talento poliedrico, perché per Luigi chi si ferma è perduto.
“Ho sempre lavorato tanto: anche quando avevo la febbre a 40 non sono mai mancato a un appuntamento, ho fatto tanti sacrifici per arrivare dove sono. Ci vuole dedizione, amore, cura, sacrificio. E non dimenticarsi mai chi sei, da dove vieni. Quando vivi nell’ambiente della moda il rischio di perderti è alto, di non sapere più chi sei: allora hai bisogno di puntelli che ti permettano di ritrovare sempre la tua identità. Possono essere anche oggetti: io a casa a New York ho un vasetto di mia nonna che per me ha un valore affettivo enorme. E’ un vasetto di nessun valore, incollato con lo scotch, eppure mi ricorda chi sono, ha una storia ed è la mia storia. Ci sono cose e persone da cui non bisogna staccarsi mai: pensa, io ho lo stesso manager da 20 anni, un unicum in questo mondo. L’autenticità è fondamentale: io penso che questa crisi che invade la mia terra, come l’Italia in generale, sia dovuta anche a perdita di autenticità. Ma ogni crisi è anche una catarsi: forse certe cose devono succedere perché bisogna cambiare e io sono sempre per il cambiamento quando le cose non funzionano. Senza dimenticare da dove vieni. Oggi ho una cosa come 250 assistenti nel mondo, ma la mia migliore amica è rimasta la stessa di sempre. Fa l’infermiera e vive in Sardegna. La adoro. Stare con lei è la felicità”. Autenticità, come si diceva.