DA OLBIA ALLA FINALI UNIVERSITARIE DI BASKET NEGLI STATI UNITI: LA VITA A CANESTRO DI RICCARDO FOIS

ph: Luigi Datome e Riccardo Fois


di Andrea Sini

Una quindicina di anni fa, se vi fosse capitato di passare di fronte a qualche campetto all’aperto di Olbia, avreste probabilmente trovato due adolescenti più alti della media che si sfidavano in infiniti uno contro uno di fronte a un canestro. Uno si chiama Luigi Datome, ha giocato in Nba ed è il capitano della nazionale; l’altro è Riccardo Fois, ha 30 anni, fa l’allenatore, ed è il primo sardo di sempre ad arrivare alle Final Four Ncaa, il massimo livello dello sport universitario americano.

Gonzaga è una piccola università con sede a Spokane, nello stato di Washingon, che negli ultimi vent’anni è cresciuta in maniera esponenziale e nei giorni scorsi ha staccato per la prima volta nella sua storia l’ambitissimo biglietto per le Final Four. È proprio a Gonzaga che Rick Fois lavora da ormai tre anni, con un ruolo di primo piano nello staff tecnico guidato da coach Mark Few. «A Spokane si lavora tanto perché fuori dall’università non c’è molto da fare – sorride l’ex giocatore della Santa Croce –. Faccio tante cose ma il mio compito principale è quello di studiare i video di tutte le nostre partite e di quelle degli avversari, analizzare ogni singolo elemento a livello tecnico per poi mettere il report a disposizione del coach per il lavoro sul campo. Il mio sogno? Diventare capo allenatore, ma mi sono preso un bel vantaggio perché ho iniziato da giovanissimo, ora ho appena trent’anni e ho già una buona esperienza. Qua in America funziona così: ci si mette costantemente alla prova per crescere e fare sempre meglio. Tra qualche anno ne riparliamo».

Natali e radici olbiesi, parenti a Sassari e a Cagliari, Riccardo Fois è cresciuto a pane e basket. Ha giocato per anni e non era affatto male. Gran fisico (è alto 1,90) e abbastanza bravo da essere tra i protagonisti dello storico scudetto Allievi 2002 della Santa Croce e da finire in nazionale giovanile. «In azzurro ho giocato anche gli Europei under 16 in Spagna – racconta –, poi sono andato a fare un anno di scambio in America e ho studiato in Alabama. Finita l’high school ho fatto la trafila per iscrivermi al college e sono finito a Pepperdine. Ho avuto anche una parentesi in Italia, sono stato per sei mesi a Sassari con la Dinamo ai tempi di Chalmers e coach Bernardi. Poi ho capito che come giocatore non avrei potuto diventare quello che speravo e quando è capitata l’occasione sono entrato nello staff di Pepperdine, dove mi sono trovato molto bene. Tre anni fa sono stato a un passo dai Cleveland Cavaliers, che alla fine hanno scelto un altro, ed è arrivata la chiamata di Gonzaga. Dopo tre anni posso dire che non potevo sperare in qualcosa di meglio, perché è una realtà perfetta per crescere e per mettersi in mostra».

«Datome? Beh, sì, diciamo che ci conosciamo abbastanza… Abbiamo condiviso tutto per tutta la nostra adolescenza, dalle partite al campetto ai tornei con la Santa Croce, allo scudetto, sino alla nazionale. La sua storia è davvero fantastica. Ci vediamo poco ma ci sentiamo. Sono riuscito ad andare a vederlo giocare una volta, a Los Angeles, quando era ai Pistons. È stato emozionante. Pensare a lui in Nba e a me in qualche modo in Ncaa è incredibile. Arriviamo da Olbia, mica da New York. Sì, insomma, io so esattamente cosa ci è voluto per arrivare sino a là, so quanto ha dovuto lottare per diventare il giocatore che è. A volte la gente pensa che sia tutto frutto di talento o di fortuna e non realizza cosa ci sia dietro il successo di uno sportivo».

«Torno a casa di solito per una settimana a giugno e una ad agosto, per il resto non è possibile. Ma seguo tutto, sono costantemente in contatto tanti amici e con la mia famiglia. Leggevo poco fa di quello che è successo a Sassari e mi dispiace da morire, perché più sei lontano e più vedi la Sardegna come una cosa sola, io tifo Santa Croce, Dinamo, Torres, Cagliari, per me è Sardegna e basta. La Dinamo? La seguo, certo, c’è anche il mio amico Marsilio Balzano nello staff. Stanno facendo grandi cose in questi anni. Vedo anche le partite, quando posso, ormai gli streaming permettono tutto».

«Mi trovo nel bel mezzo di un’esperienza fantastica. Quello che sto vivendo è qualcosa che ho sognato sin da quando ero ragazzino. Sono una persona ambiziosa, mi piace alzare sempre l’asticella e ora il mio prossimo obiettivo è arrivare sino in fondo, vincere il titolo. Arriviamo a questo appuntamento dopo una stagione fantastica, con 36 vittorie e una sola sconfitta. Abbiamo visto tornare a casa realtà come Duke, che rispetto a noi è un colosso. Insomma, ci crediamo».

Rick Fois ha consumato scarpe su scarpe nel campetto fuori dal PalaDatome e in quello dell’albergo della famiglia di Gigi, a Golfo Aranci. «L’ultima volta è stata due estati fa. È finita in un bagno di sangue perché siamo entrambi competitivi. E io, a differenza degli altri che vengono a giocare, se Gigi viene in uno contro uno gli tiro una legnata».

Chi ha vinto, l’ultima volta? «Lui, perché è un fenomeno e perché picchia di più». Parola di amico per la pelle.

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