di Pier Giorgio Pinna
Con una serie d’immersioni in apnea fatte dopo la fine del Vuitton Trophy, l’autore del reportage de l’Espresso evidenzia la presenza di rifiuti tossici, fanghi, amianto, idrocarburi, metalli pesanti. Tutto davanti alle banchine del complesso avveniristico progettato dall’architetto Stefano Boeri, dato in gestione da gennaio scorso alla Mita Resort. E non solo: in superficie e a pochi metri di profondità si possono notare residui palesemente nocivi perfino nei canali d’uscita verso Caprera. L’inquinamento era stato già accertato (e ufficializzato in marzo) dagli specialisti dell’Ispra e dell’Arpas. Che qui avevano ravvisato l’esigenza di ulteriori risanamenti. A questi enti strumentali del ministero dell’Ambiente e della Regione (oltre alla Provincia, che mai ha certificato la conclusione dei lavori in mare a causa delle gravi inadempienze in un’area di oltre 60mila metri quadrati), si sono rivolti nelle ultime settimane i carabinieri del Noe. I militari avrebbero richiesto atti e certificazioni. Sia sullo stato dei luoghi sia sui dossier legati all’eliminazione dei veleni nella rovente estate del 2008 alla Maddalena. Un interessamento sulla vicenda traspare inoltre dall’attività svolta di recente dalla Guardia di finanza. Anche dopo le voci sulle colonne di camion partiti dall’arcipelago con rifiuti speciali nei cassoni e scaricati nella Nurra. In tutto, si parla di 62mila tonnellate tossiche smaltite a fronte di 30mila ancora da smaltire. Finora alla Maddalena le bonifiche sono costate 31 milioni. Ma per condurle a termine, con ogni probabilità, non ne basteranno altri 10. E naturalmente esistono già divisioni sui tempi e sulle competenze. A intervenire sarà la Regione, subentrata alla Protezione civile, o il ministero dell’Ambiente, garante per la presenza del parco nazionale? Intanto tiene banco l’inchiesta del settimanale Espresso. Gatti racconta e documenta tre giornate d’immersioni. Fotografa lo stato dei fondali. Descrive una situazione apocalittica. Conclude sottolineando come l’intera zona davanti all’ex arsenale sia ancora oggi un’immensa discarica di rifiuti tossici. «Con fanghi neri impregnati di idrocarburi pesanti che sbuffano come nuvole di vulcani sottomarini», scrive. Rilevando come queste presenze allarmanti possano contaminare i pesci, i molluschi, i crostacei. «E forse – sostiene – anche la vita degli uomini, delle donne, dei bambini che li mangeranno: la sabbia è così inquinata che le alghe non crescono in un raggio di centinaia di metri». Un’emergenza che fa tornare d’attualità il mancato controllo da parte delle autorità italiane dell’area antistante sull’isola di Santo Stefano, lasciata libera dai sommergibili atomici pochi mesi prima dell’inizio delle bonifiche a Moneta. «È un’assurdità: gli americani hanno certificato se stessi», denuncia ancora una volta polemicamente l’ex assessore provinciale della Gallura, Pierfranco Zanchetta. «Così com’è paradossale che la documentazione dell’inquinamento nelle acque dell’ex arsenale arrivi da un reportage giornalistico e non anche dai report degli specialisti preposti istituzionalmente a questo genere di accertamenti», è la sua conclusione.
Ho un piccolo monolocale in paese, sono veramente amareggiato dopo aver appreso la notizia da voi data, tramite quotidiani. Dopo aver speso milioni di euro per il famoso G8, e non aver avuto nessun beneficio per la zona, ora si viene a sapere che hanno anche lasciato residui tossici nei fondali locali con conseguenze terrificanti. Cosa può fare un piccolo cittadino per far si che queste cose non succedono? E’ una cosa vergognosa. Saluti