di Caterina Pes
Impossibilitata a partecipare all’iniziativa organizzata dal circolo “Quattro Mori” di Rivoli per la presentazione della biografia che Maria Elvira Ciusa ha minuziosamente composto su Grazia Deledda e che ci ha voluto regalare in occasione del novantesimo anniversario della consegna al Nobel alla scrittrice sarda.
Dico regalare perché questo libro è un dono per chi ama Grazia Deledda e per chi sentiva la mancanza di una biografia così meticolosamente curata, dalla quale traspare il lavoro, direi certosino, portato avanti dalla studiosa Ciusa.
È lodevole che il vostro circolo abbia lavorato per realizzare questa presentazione, a dimostrare che forte è la voglia che Grazia Deledda continui, e forse lo diventi ancora di più, ad essere una punta di diamante della nostra cultura e in quanto tale le si presti l’attenzione che merita.
Non voglio rubarvi troppo tempo, interventi più qualificati del mio sapranno argomentare meglio sulla figura di questa grande scrittrice, ma permettetemi comunque di sottolineare quanto questa donna barbaricina, decisa e anticonformista si sentisse diversa dalle sue coetanee.
Morto il padre , e nonostante l’opposizione della madre e delle zie , si guadagna , lei autodidatta , il diritto di seguire lezioni private, il diritto di leggere e studiare.
Ambiziosa e poetica, piena di talento e ribelle, libera e indipendente nella Sardegna dei servi pastori e dei muretti a secco, in una famiglia dove le donne sono le figure forti, immutabili , glaciali, mentre gli uomini si lasciano trasportare dagli eventi , inizia così a scrivere la sua storia, contro ogni stereotipo , ma seguendo il suo istinto.
E furono soprattutto le sue letture a renderla la grande scrittrice che fu, quelle che le permisero di conoscere il realismo francese e i grandi romanzieri russi.
Giovanissima, pubblicò le sue prime novelle (le prime sui giornali sardi) e poi, nonostante la condanna della sua comunità, nonostante regole e codici non scritti imponessero alle ragazze dell’epoca di non studiare e di sposarsi, di andare sulla via già battuta invece che cercarsene una propria ,di strada, scrisse i primi romanzi.
Soltanto a Roma, dove si trasferì dopo il matrimonio, Grazia trovò la dimensione che la Sardegna le negava: ebbe modo di prendere parte a dibattiti letterari, di confrontarsi con altri autori di fama italiana o già internazionale.
E quella fu la strada che la scrittrice si costruì da sola, pezzo per pezzo, promuovendosi come la miglior agente letteraria di se stessa.
Era una donna capace di credere nella sua arte e in qualche modo fu un’innovatrice nel comunicarla.
Grazia cercò il suo obiettivo tra altri più facili, e lo perseguì, con una tenacia pari solo alla dedizione per la sua terra: Voleva raccontarla la sua terra.
Come Omero fece per l’Atene degli eroi così lei fece per la Sardegna e per la Barbagia, alzando un velo su un mondo comunque sconosciuto.
Un racconto, quello di Grazia, che si svolge attorno al focolare dove si ascoltano le storie della vita , in un paesaggio poetico che racconta la preparazione del pane carasau che i pastori portavano con sé nelle lunghe settimane in cui non tornavano a casa, che racconta di una Sardegna immensa e innocente, separata da un mare malinconico , con parole che ci fanno quasi vedere il colore dell’aria, in un afflato visionario e coerente con la dimensione morale di quel mondo.
Se c’è una terra dove la natura diviene essenza mistica, regola per l’uomo, questa è tuttora la nostra isola.
Vi era in Grazia Deledda la volontà di riaffermare un mondo senza mai perdere il senso delle proprie radici, la stessa volontà che mi sembra sia anche alla base del vostro impegno per tenere un filo sottile ma robusto verso la nostra terra.
Bell’articolo e buon anno Caterina. Ti consiglio anche di leggere il libro di mia zia Mercede Mundula miglio amica di Grazia quegli anni a Roma ” Bello, bello, anche il mondo di quaggiu'”
edito dalla Delogu
are emergere dal buio il valore culturale e umano di una piccola grande donna come la Deledda e’ un dovere civico per tutti gli operatori culturali. LA NOSTRA PICCOLA GRANDE DONNA E’ GIUSTO ANNOVERARLA FRA I GRANDI DELLA LETTERATURA MONDIALE ACCANTO AI NOSTRI MANZONI, LEOPARDI E ALTRI GRANDI NOSTRI SCRITTORI E LETTERATI CHE CITARLI TUTTI E’ IMPOSSIBILE..
LA PICCOLA GRANDE DONNA DEVE STARE ACCANTO A E. ZOLA, DOSTOYESKY (non so come si scrive) wilde, dickens e tanti altri grandi nomi dell’800 e del ‘900 come merita.
Spero che tanti circoli dei sardi imitino il circolo 4 Mori di Rivoli e che la stessa operazione si espanda in tutti i comuni della Sardegna non solo limitandosi a dedicare soltanto una strada o una piazza alla nostra GRANDE PICCOLA E MINUTA DONNA FORTE E VOLITIVA QUASI COME I GIGANTI DI MONTE PRAMA, ma, soprattutto l’attualita’ e l’alto valore culturale e umano della stessa a iniziare dalle scuole di ogni ordine e grado