L’estate appena trascorsa arrivo alla spiaggia de ‘Su Guventeddu’ a Pula che è un sabato mattina di fine luglio. E’ abbastanza presto. Il mare è calmo e, neppure a dirsi, bellissimo. Con la mia amica troviamo spazio in un angolo della piccola spiaggia. Niente ombrellone, solo due asciugamani stesi sulla sabbia ancora umida della rugiada della notte appena trascorsa. Piano piano iniziano ad arrivare altri bagnanti. E la spiaggia inizia a riempirsi. Forse saranno state le undici quando una famigliola cerca di trovare uno spazio proprio vicino a noi.
Puntano l’ombrellone a fianco. Posano sedie varie e borsoni intorno. Ci circondano con bambini festanti. Stendono asciugamani fino a sfiorare i miei piedi (a chi non è capitato?). Ci alziamo garbatamente e ci mettiamo sul bagnasciuga, in piedi. Sento alle mie spalle il marito che dice alla moglie forse ci siamo messi troppo vicini. E sento la moglie che risponde al marito chi se ne frega, del resto queste non sono neppure di Pula. Ci guardiamo in faccia, con la mia amica. Sorridiamo. Poi ci facciamo un lungo bagno.
Come quando quell’uomo vide la mela che cadeva dall’albero e pensò all’attrazione terrestre penso, molto, molto più modestamente, che un banale atto di maleducazione può rovesciare la prospettiva dalla quale guardare ed analizzare alcune questioni. Come la questione dell’immigrazione. Mi rendo conto infatti in quel momento di essere una migrante, a Pula. Una migrante temporanea, una migrante turistica, non una migrante economica e neppure richiedente asilo politico. Però una migrante.
Del resto sono una migrante secondo le definizioni dell’Istat, poiché non sono nata in Sardegna e quindi sono per la statistica una “migrante interna”. Sono una immigrata perché non sono cagliaritana di origine, ho vissuto nella Sardegna centrale. Chi non è di Cagliari sa quanto è difficile l’integrazione tra i cagliaritani (se esistano davvero non so ancora). Se mi guardo intorno vedo tra i miei amici e conoscenti solo migranti ed immigrati della mia fattispecie.
Con questa suggestione cerco di guardare ai dati relativi all’immigrazione in Sardegna che sto analizzando. Penso che a guardare fino in fondo, i limiti e le definizioni giuridiche, i confini territoriali sono messi lì da teorie elaborate per tentare di spiegare la complessità con argomentazioni deterministiche. Immigrati europei (anche quelli in area Schengen sono da considerarsi immigrati, secondo tali suddivisioni), ed immigrati extraeuropei (tutti gli altri).
Categorie del pensiero e non della realtà, quella che l’astronauta ci mostra dallo spazio. Una palla tonda che confina con l’infinito. Un altro e più alto dei punti di vista. Penso che il pensiero della delimitazione territoriale, la ri-costruzione ideologica del confine ci sta accompagnando lentamente verso un nuovo Medioevo. Fino alla rivendicazione di diritti di proprietà di un angolo di spiaggia per appartenenza comunale.
Viviamo con uno smartphone perennemente tra le mani a verificare ogni tre secondi se nuovi amici immaginari si sono connessi con noi da qualche parte del mondo terreno ma viviamo separati dalla sottile linea di un fiumiciattolo che per secoli divide paesi confinanti e che per secoli non si guardavano che da lontano. E si temevano. O si combattevano. La barriera, il ponte levatoio, il confine è tra noi. Sappiamolo.
Il fatto tremendamente serio, molto serio, è che questo modo di pensare è comune tra i giovanissimi. Non è colpa loro. I libri di testo dei nostri ragazzi insegnano che la Francia confina a nord a sud ad est ed ad ovest con altri stati. Che esiste l’economia della Basilicata, della Sardegna o della Liguria quando al massimo esistono le produzioni locali.
L’economia è globale, come la finanza che ridisegna il capitalismo ma chi scrive i libri di testo scolastici ci tiene a sottolineare che i confini amministrativi sono anche confini economici e politici. I bambini possono imparare l’inglese fin dalla scuola materna per poter viaggiare da grandi ma a Londra quelli che pensano di essere ancora nel Commonwealth hanno votato la Brexit pur avendo la City.
I nostri figli vengono adulti con l’idea che possono giocare con la Playstation con altri ragazzi in contemporanea in ogni parte del mondo seduti dentro un’unica stanza virtuale, ma sappiano che se vanno a Pula superano il confine della valle del Cixerri e sono considerati migranti.
Ma si da il fatto che non siamo più nel Medioevo. Oggi i nostri umani confini possiamo dialogarli con una astronauta che gira per mesi intorno alla terra e ci dimostra quanto grande è la tecnologia e quanto piccolo è il nostro pianeta. Soprattutto, a grande distanza, senza confini.
Se provassimo a parlare di immigrazione e di migranti rovesciando il problema e parlando, così, di noi? Provando a rivendicare il diritto ad essere più umani o ‘di nuovo’ umani? Proviamo a rovesciare l’angolo prospettico, il punto di osservazione. Forse in fin dei conti la questione dell’immigrazione, a pensarci bene, visto da quella angolazione non esiste.
Non esiste come questione in sé, come problema a sé stante, politico, giuridico, economico ma solo come tema del vivere umano. Da non dover necessariamente analizzare, sviscerare, comprendere nelle sue parti sezionate, nella cui scomposizione la parte più semplice si può vedere al microscopio fino al livello deterministico, oggettuale, più semplice rispetto alla grande complessità nella quale è immerso il tema. Semplicemente perché siamo tutti immigrati. O migranti. Anche in spiaggia a Pula.
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Gli immigrati cosiddetti regolari in Sardegna sono 47.425, dei quali 25.808 donne e 21.617 uomini. Sono aumentati, rispetto all’anno precedente, di 2.346 unità, meno che negli anni precedenti. Il 52,6% (cioè 24.986 persone) degli immigrati proviene dall’Europa (sia come Unione europea che come Continente Europeo). Di tutta la componente europea 17.225 sono donne. Di queste 13.340 provengono dall’EU 28, delle quali 9.183 dalla Romania.
Incidono per il 2,9% sulla popolazione sarda e sono lo 0,9% di tutti gli stranieri residenti in Italia. Le quattro principali nazionalità presenti sono la Romania (13.550), il Marocco (4.390), il Senegal (4.211) e la Cina (3.208). Gli immigrati sono concentrati nella provincia di Cagliari (15.724), in quella di Olbia Tempio (11.826), in quella di Sassari (8.982), in quel di Nuoro (3.916), Oristano (2.892), Carbonia Iglesias (1.859), Medio Campidano (1.859) e Ogliastra (919).
*Per gli approfondimenti: Dossier Statistico Immigrazione 2016, IDOS.
**Lettura consigliata: Andrew Sullivan, Per tornare umani, Internazionale n. 1183, 8/15 dicembre 2016
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