ricerca redazionale
C’è una città impazzita, una città in festa che ha contagiato un’intera isola stretta intorno a un pallone da basket. La Dinamo porta Sassari e la Sardegna in Lega A e si sente un po’ più fiero di essere sardo. E un po’ più alto, come i giganti che indossano le canottiere sassaresi. Sassari ha rappresentato tutta l’isola, unita in una vittoria che in altri campi e su altri campi, non solo sportivi, è roba dimenticata. Adesso nel basket si è innalzata al rango delle metropoli Milano e Bologna, Roma e Napoli, e lo ha fatto dimostrando che non è necessario essere multimiliardari per riuscire a volare: basta usare al meglio testa e portafogli, anche quello che per necessità ha aperto la Regione sarda, salvando 11 mesi fa la Dinamo dal fallimento, contribuendo a ridurre gli svantaggi dell’essere isola, permettendo anche alla sua più forte squadra di basket di giocarsela alla pari – anzi meglio – con e contro tutti, e di poter continuare a rappresentare un positivo esempio per tanti giovani. Sempre di più da ieri sera. Se lo sport è una metafora della vita, il basket lo è doppiamente. Adesso è serie A1. Sassari dopo 50 anni di Dinamo e 20 di Lega Due la sentiva come un diritto ed è pronta a difenderla con unghie e denti oltre che con qualche sponsor, magari. Il marchio sulle maglie è quello di un Banco di Sardegna sempre meno sardo e sempre più distante dal basket che pure lo esalta in vetrina, mentre spiccano i colori della scritta Sardegna stampato su spalle forti. La promozione della Dinamo è il riscatto di un territorio prostrato dalla crisi, che sa che non è il mezzo milione di contributi a cambiare il destino dell’industria nel Sassarese ma trova dentro la retina un motivo di riequilibrio verso un sud sardo dal quale si sente spesso distante, e verso il quale rivendica – attraverso uno sport più elitario del calcio – una sorta di primato culturale (dalla prima università ai due Presidenti ai quali ha dato i natali) che ora può essere recuperato. Un riequilibrio da serie A, il Cagliari da una parte e la Dinamo dall’altra unite dal tifo di tutta l’isola. Al Palasport sventolavano le bandiere di tutti e Quattro i mori.