di Mauro Pili
Giovanni Lilliu non parlava, sussurrava. Minuto e gentile, schietto e risoluto. I suoi passi lenti e decisi, come la prima impronta di un’astronauta sulla luna. Armstrong aveva messo il primo piede sul suolo lunare nel lontano 1969, il Sardus Pater, Giovanni Lilliu, aveva iniziato a solcare il suolo nuragico della Sardegna già agli inizi degli anni ’50, quando, con rara perizia e lungimiranza, portò alla luce quel monumento divenuto Patrimonio dell’Umanità nel cuore di Barumini. Nella vita professionale mi era capitato tante volte di intervistarlo. Era raro, d’inverno o d’estate, incontrarlo senza il suo impermeabile d’ordinanza. E così fu anche in quel luminoso mattino d’inizio d’anno quando decise di irrompere con la grazia di un nobiluomo d’altri tempi a Villa Devoto, sede istituzionale della Regione. Affettuoso e confidenziale, amabile e discreto. Come sempre. Gli avevo proposto di raggiungerlo nella sua dimora, ma insistette. Voglio venire nella casa dei Sardi, mi disse. Così fece. Era la prima volta che ci incontravamo dopo il mio insediamento: il 2002 muoveva i primi giorni. Non mi aveva anticipato le ragioni della sua visita ma le esplicita in un attimo: non dimenticarti mai che questa è una Regione Speciale, nel senso che dobbiamo decidere da noi il nostro futuro. Roma è lontana e la Sardegna non è una colonia. Apre il canovaccio, dattiloscritto con i caratteri di un’antica ma possente Lettera 22. E’ il promemoria per me e per lui. Non idee ma ordini: i beni culturali e archeologici li dobbiamo governare da noi, da Roma se ne fregano o ci umiliano. Bisogna conquistare una soprintendenza tutta sarda. Dobbiamo governare il nostro passato, valorizzarlo ed esaltarlo. Le nostre radici sono forti, profonde, uniche, esclusive e non hanno niente da invidiare alle grandi civiltà del mondo. Questo da fastidio, ma noi dobbiamo avere la forza e l’ingordigia di scoprire tutto della nostra storia. Il Popolo Nuragico è figlio di una civiltà fantastica, moderna, innovativa, come poche. I suoi occhietti, nascosti dietro quegli occhiali giganti, non battono ciglio. Sono fari che sprizzano emozioni. Il suo incedere si fa incalzante: dobbiamo conquistare il governo della nostra storia, dei nostri beni archeologici. Solo un figlio, mi esorta, può curare bene la storia del proprio padre e della propria terra. Lilliu scalpella le parole. Il tasto della macchina da scrivere aveva impresso quella sua dottrina come se dovesse resistere anche al passare dell’inchiostro. Mi lascia gli appunti. Tavole della legge secondo Giovanni Lilliu. Asterisco finale: occupati di Mont ‘e Prama, fai aprire il centro di restauro di Sassari e prendi a cuore gli scavi su quella collina di Cabras. Lì, in quel proscenio unico di civiltà nuragica, c’è un giacimento d’oro. Quello che segnerà per sempre la grandezza della nostra civiltà. Lì abbiamo rinvenuto i Giganti ma sono certo che su quella collina ci sia molto di più, penso ad un Tempio. Già nel 1977, mi racconta, abbiamo rinvenuto un muro di arenaria che lascia presagire qualcosa di molto importante. Mi saluta il Padre dell’archeologia. Il figlio della civiltà nuragica. La stretta è forte, per non dimenticare. Un Gigante tra i Giganti. Faccio tesoro. Dopo qualche mese inauguro il centro di restauro archeologico di Li Punti, a Sassari. Inizia l’avventura pubblica di arcieri e pugilatori. I Giganti di Mont’e Prama escono dagli scatoloni e dopo troppi anni rivedono la luce. Giovanni Lilliu fa in tempo a vederli verticali, prima di raggiungerli per sempre. Sin qui la storia dei Giganti! Poi inizia quella dei nani di Stato. Di coloro che scambiano la collina di Mont ‘e Prama per un’opera pubblica da affidare a ruspe ed escavatori. Arrivano con l’arroganza e la tracotanza di chi pensa di dover spazzare via milioni di euro alla faccia della civiltà nuragica. I figli di Lilliu, gli archeologi sardi che del maestro ne avevano appreso amore e perizia, vengono fatti fuori dalla Soprintendenza di Stato. Cacciati di malagrazia, senza appello. Giganti e collina finiscono nelle mani delle Coop rosse sotto la guida distratta e grossolana dello Stato despota. E’ la storia dei Giganti spaccati a colpi di ruspa, di lastre divelte all’incedere dei mezzi meccanici. Più che un cantiere archeologico Mont ‘e Prama diventa un calvario. Lo scontro tra i nani di Stato e la storia è improba. Non trovano niente o quasi. Si inventano conferenze stampa per annunciare che non hanno devastato niente. Per il resto chiacchiere, ruspe, erbacce e abbandono. Sino a qualche giorno fa. I nani di Stato convocano l’ennesimo patetico sopralluogo per la stampa. Annunciano in pompa magna il ritrovamento di un muro che lascia presagire la presenza di un tempio. Mostrano agli incantati malcapitati quel muro, blocchi in arenaria cubici, cilindrici e prismatici. Un ritrovamento che secondo i nani di Stato dovrebbe giustificare la valanga di denari consumati indegnamente in questi ultimi due anni. Peccato. Peccato che la messa in scena sia durata giusto il tempo di scorrere i documenti del Gigante Lilliu che quel muro aveva già scoperto nel lontano 1977. Il tutto persino documentato anche da diverse foto aeree scattate il 10 luglio di quell’anno. Che dire! Nani di Stato per scoprire ciò che era stato scoperto la bellezza di quasi 40 anni fa. Aveva ragione il Sardus Pater. Questi signorotti, spediti nella loro immaginaria colonia, non studiano, non si confrontano, cacciano via i Sardi per tentare vanamente di non apparire nani al cospetto dei Giganti. Non paghi della figuraccia annunciano lo stanziamento di ben 18.000 euro per fare assaggi archeologici nell’area circostante. I nani di stato non hanno ancora capito che gli archeologi Sardi hanno studiato ogni millimetro di quella collina, lo hanno fatto con il georadar applicando le più moderne tecniche di ricerca. Loro, invece, anziché cospargersi il capo di cenere, chiedere scusa e invocare un salutare aiuto preferiscono la strada degli assaggi. Se leggessero gli studi di Lilliu e consultassero le analisi dei suoi allievi, forse, porrebbero fine a questa farsa. Aveva ragione il Sardus Pater. La terra dei Giganti non può essere in mano di nani di Stato.