I Tenores di Neoneli sono una formazione a dir poco leggendaria, diretta da Tonino Cau, grandi rappresentanti del canto a tenore sardo, diventato nel 2005 patrimonio intangibile dell’umanità secondo l’Unesco. A settembre i Tenores di Neoneli festeggeranno 40 anni di attività.
Cau, quaranta anni sono passati, ci vuole ricordare com’e nato il gruppo? “Nell’estate del 1976 si provava tutti i giorni, volevamo esordire alla prima occasione. Eravamo entusiasti di poter cominciare un cammino stimolante, pur in un panorama dove altri tenores calcavano i palchi dell’isola confortati dal gradimento del popolo (i tenores di Fonni, Orgosolo, Mamoiada, Lodè…). Scrivemmo le prime canzoni. Ricordo i primi versi sulla morte di Mao, su Seveso, sulle basi militari, sui deserti industriali. Noi, ventenni, già volevamo fare del canto un megafono politico e culturale. Politico nel senso dell’impegno. Ci ribellavamo fin dagli esordi all’idea che la tradizione dovesse solamente ripetere il passato. Nel nostro caso volevamo perseguire un obiettivo preciso: fare del tenore un mezzo di sensibilizzazione e denuncia. Così facevano molto bene i cori Pratobello, Supramonte e Rubanu di Orgosolo. Nel frattempo io cominciavo una trentennale amicizia proprio con il capostipite di questo filone: il poeta popolare e sindacalista di Orgosolo Peppino Marotto, assassinato a fine 2007”.
Se dovesse fare un bilancio, cosa sono state le cose più importanti della vostra storia? “Avvolgendo il nastro dei ricordi, sono innumerevoli le tappe, gli incontri, le circostanze, le realizzazioni che hanno segnato il nostro insospettabile percorso artistico. Direi che il nostro cammino è così pregno di contenuti che ci mettono in una dimensione unica, particolare, nel novero della musica etnica sarda. Noi siamo un gruppo che ha prodotto otto libri tematici, e dai libri sono nati altrettanti progetti musicali, oppure sono stati il suggello di produzioni originali. Abbiamo scritto, per noi e altri, centinaia di testi. Noi non abbiamo mai cantato sui palchi canti ameni privi di significato, o incomprensibili, tanto per cantare. Prima di tutto mettiamo l’esigenza di farci capire, di far capire i versi che proponiamo col canto. Così sono nati testi sull’ambiente, sugli incendi, sulla droga, sulla guerra, sull’Aids, sull’emigrazione, sull’emarginazione, anche sull’amore, la storia. Oggi tanti sono conosciuti e cantati da altri, citati in innumerevoli occasioni. Non ci sono precedenti in materia di tenores. Se gli scouts fanno i raduni e cantano i nostri brani, se nelle scuole i nostri testi diventano saggi di fine anno, se gli alunni prendono le nostre rime e ne fanno tesi e tesine, significa che la cultura si muove, non è ammuffita, stantia. Non è solo “rumore” suggestivo, il canto a tenore: è anche contenuto, impegno. Impegno culturale e sociale. Neoneli nel 1976 era un microcosmo sconosciuto. Oggi è il “paese del Coro”, e noi “il coro dei poeti”. Certo, nel cammino ci sono tante perle: gli incontri con miti musicali come Guccini, Branduardi, Ligabue, la PFM, Baccini, I Chieftains, e il nostro amico-fratello-compare ELIO, con cui abbiamo alle spalle oltre cento concerti in Sardegna, nella penisola e finanche in Portogallo e Australia. E ci sono i viaggi, i viaggi in tante città e nazioni del mondo. Oltre 25° concerti in ventisette nazioni. Naturalmente il titolo di “Cavalieri della Repubblica” conferitoci dal Presidente Napolitano nel 2011 resta la chicca assoluta. Un grande onore. Ci sono due mondovisioni RAI, l’incontro con Papa Woytila, le innumerevoli trasmissioni televisive che ci hanno visti ospiti (presentati da Panariello, Frizzi, Milo, Cutugno, Piombi, Minà, Parietti, Gregoretti, Bevilacqua…, il Premio Tenco), gli artisti conosciuti (Vittorio Gasman, Riccardo Cocciante, Mario Soldati, Maria Carta, Giovanna Marini, Caterina Bueno, Vasco Rossi, Gianna Nannini, Francesco Renga, Ornella Vanoni, Alice, Sting, Mariah Carey, gli stessi Chieftains, Mauro Pagani…), i mille articoli anche di testate prestigiose. Ci sono i luoghi, come la piazza Rossa di Mosca, la Piazza San Marco di Venezia, il più grande teatro della Cina, il Piccolo di Milano, l’Università di San Franscisco, il palazzo Italia di San Paolo, il grande teatro di Buenos Aires, il gelo dell’Islanda, il Cosmopolite di Oslo, il conservatorio di Osaka, la chiesa del Bambino di Praga, i luoghi sacri come Lourdes e Fatima, S. Antonio di Padova e S. Francesco d’Assisi, S. Pietro in Roma….”
Il canto a tenore è ancora vivo in Sardegna? Qual è il rapporto con le nuove generazioni? “Direi che otto-dieci anni fa nell’isola c’era un grande e promettente fermento, forse dovuto al riconoscimento dell’Unesco, che ha scelto tale espressione musicale come “Patrimonio dell’Umanità”. Era il mese di novembre 2005. Oggi certo ci sono nell’isola decine di cori, ma rilevo un calo notevole dei tenores nelle occasioni di feste popolari. Eppure ci sono una cinquantina di comuni dove la tradizione è ancora viva e vitale. Tanti sono davvero bravi tecnicamente, e alcuni effettuano numerosi spettacoli non solo in Sardegna. Ma devo anche dire che allo stato sembra quasi di vivere un momento di riflusso. Forse anche perché le tradizioni popolari sono meno sostenute, rispetto ad altre forme musicali come, per esempio, il jazz. Il quale jazz, al netto di alcuni festivals eccellenti che attirano molta gente, va anche detto che non ha niente di originale. Intendo dire che i festival jazz sono tutti simili, ad ogni latitudine. Mentre invece la nostra musica etnica non ha eguali nel mondo. Lo dicono gli studiosi: la Sardegna ha la maggior quantità di forme espressive nella musica e nel canto, negli strumenti e nei costumi tradizionali. Le nuove generazioni? Ci sono tantissimi gruppi di giovani tenores. Bellissime voci e melodie, ma si fa fatica a vedere progetti, gruppi che vogliono emergere con grande determinazione e professionalità. La mia non è minimamente una voce polemica, ma uno stimolo. Adoro il canto a tenore e vorrei vedere i giovani che lo rivitalizzano con originalità e impegno”.
E i prossimi quarant’anni? “Da due anni portiamo in giro per il mondo un progetto sul nostro medioevo, ZUIGHES (Giudici). Cantiamo, dopo aver scritto un omonimo libro, una grande storia in cui agiscono tanti personaggi mito del nostro passato. Sentire professori e rettori, semplici curiosi e appassionati, complimentarsi con coi ringraziandoci per aver fatto conoscere con le nostre melodie una storia bellissima, anche se finita tristemente, ci ha fatto capire che, anche dopo quarant’anni abbiamo frecce da lanciare.
Ora stiamo portando in Sardegna, per l’ottavo anno, il progetto CURRIDE ZENTE (Accorrete gente), imperniato sul confronto fra musiche popolari di mondi e regioni lontane. Sui palchi incontriamo musicisti e cantanti del Fado portoghese, il Flamenco spagnolo, il canto Alentejiano (Alentejo: regione del Portogallo): tutti “Patrimoni dell’umanità” per l’Unesco. Sui palchi sardi e non si sentono queste bellissime melodie, e nel finale tutti suoniamo a cantiamo all’unisono, melodie sarde. I confini e gli steccati buttati giù: l’esaltazione della musica e della cultura popolare. Intanto festeggeremo (io, Peppeloiusu Piras, Nicola Loi, Ivo Marras e il giovane solista Angelo Piras) il nostro Quarantennale Artistico a Neoneli, il 2 ottobre. Grande festa in piazza, con Elio, Finardi e tanti altri. A settembre porteremo le nostre storie a Chicago, in autunno in Russia. Nel frattempo io sto scrivendo la storia e la vita di Antonio Gramsci (in sardo, in rima sarda: Gramsci è stato scritto in ogni modo, ma mai in rima sarda). Il prossimo anno, a Dio piacendo, diventerà uno spettacolo, che girerà il mondo. Come dire? Non abbiamo mai cantato per dare aria alla bocca, per riprodurre pur suggestive melopee. Continuiamo in questa strada: con la nostra passione, il nostro impegno, valorizziamo questa atavica e meravigliosa tradizione (il canto a tenore) riempendola di contenuti. Cultura popolare viva. Lo dicevano e dicono, solo per citarne alcuni, De Martino, Coggiola, Leydi, Carpitella, Cirese, e anche un certo Gramsci”.
non confondiamo il canto a tenore con altri tipi di musica per cortesia . rispettando gli amici di Neoneli ma mettiamo nero su bianco artidticamente parlando quali siano i canoni tipici del canto e quelli inventati !
sono veramente bravi