Bitti è stato teatro di un esperimento che, per la prima volta ha visto l’antico gioco della morra al centro di un’importante ricerca promossa da due prestigiose università: il dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia dell’ateneo di Cagliari e nientemeno che la Lawrence Technological University del Michigan (Stati Uniti d’America), interessata con il dipartimento di Scienze Sociali, Umanistiche e della Comunicazione. Lo studioso di Bitti Franco Delogu, da anni docente nell’università nordamericana, è stato il promotore di questa iniziativa che ha unito i ricercatori di Lawrence e di Cagliari per collaborare nel primo studio interdisciplinare che analizza gli aspetti cognitivi, antropologici e storici del gioco della morra. I dati audio-video raccolti durante il torneo/esperimento, organizzato con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del comune di Bitti, in collaborazione con polisportiva Bittese e Spena Computer di Nuoro, verranno utilizzati per analizzare i processi logico-matematici dai cui originano le strategie di gioco. Per una sera quindi, niente a che vedere con il gioco d’azzardo in quanto tale, con tutti i partecipanti consapevoli di essere protagonisti di qualcosa che travalicherà l’oceano Atlantico per approdare nelle aule delle università americane. Non è mancata all’appuntamento la coppia per due volte campione regionale, i lulesi Alex Garau e Matteo Moreddu, che informati per primi hanno aderito all’iniziativa con entusiasmo. Tanti altri “murradores” sono arrivati dai quattro angoli dell’isola e si sono confrontate “a mani aperte” nel classico schema di un torneo a eliminazione. La morra è un gioco antichissimo. Basti pensare che le prime notizie risalgono all’antico Egitto: in una tomba di un alto dignitario di corte, vissuto circa nel 750 a.C, si vede chiaramente il defunto stendere il braccio con un numero, contrapposto ad un altro giocatore, e in una pittura greca, sono raffigurati Elena e Paride con le mani protese nell’atto del gioco. Ma è dall’epoca latina, quando il gioco era diffusissimo, che ci provengono chiare manifestazioni scritte. Cicerone scrive “dignus est quicum in tenebris mices”, ossia “è persona degna quella con cui puoi giocare alla morra al buio”. Dai latini era indicata come “micatio”, dal verbo “micare”, che per esteso era “micare digites”, ossia protendere le dita nel gioco. In epoche successive numerosi sono i pittori che hanno raffigurato giocatori di morra e negli anni della Grande Guerra era uno dei pochi svaghi che i nostri soldati avevano durante le notti fredde nelle trincee.
RICERCA SCIENTIFICA NELL’ESPERIMENTO A BITTI: LE UNIVERSITA’ DEL MICHIGAN E DI CAGLIARI STUDIANO L’ANTICO GIOCO DELLA MORRA
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