di Carmen Salis
L’arte del racconto è antica, ma mai come adesso forse necessaria perché l’impazienza e la fretta tolgono tempo alla lettura. Quindi ecco che un racconto ci regala in poco tempo immagini ed emozioni, costringendoci spesso anche alla riflessione.
Mirella De Cortes, pittrice e poetessa, si riaffaccia nel mondo editoriale con un libro di racconti (Da qui, si vede il mare – Edizioni AmicoLibro), mostrandosi ancora una volta un’artista straordinaria: in poche pagine, con il suo sguardo attento sulla vita, sa riportare il senso di bellezza e verità che si nasconde sotto la superficie delle cose e delle relazioni di tutti i giorni.
Mirella, il mare protagonista perché sa ascoltare e conosce tante storie?
Non esiste un’onda identica all’altra così come non esiste una persona identica all’altra. Questo è il messaggio che ho voluto affidare alla raccolta. Storie diverse dove il mare è richiamato come co-protagonista o come spettatore per ricordarci, appunto, che il nostro vivere è un po’ come il mare: se scopriamo come nuotare o se impariamo a stare a galla allora è nostro amico. Se opponiamo resistenza senza capire, senza assecondare l’onda, ne saremo sommersi, travolti e vinti dalla vita. Per questo ho cercato di costruire racconti dove non ci sono certezze cristallizzate, né dogmi, né giudizi ma dove, fra piccoli miracoli o grandi sorprese, tutti scoprono qualcosa. Il divenire, il crescere, il cambiare, appunto, come il mare che è sempre se stesso ma è sempre diverso.
Nei tuoi racconti troviamo “abbastanza verità”…
“Abbastanza” è la parola giusta. Tranne alcuni racconti perfettamente autobiografici – di cui non faccio mistero che lo siano – il punto di partenza è sempre qualcosa di vero che ho sentito o visto nella vita d’altri. Da qui muove le mosse il racconto. Molti personaggi sono reali anche se poi rivestono un ruolo o fanno parte di una storia che non è la loro vita e la loro storia ma sono tutti immersi – per usare un termine che evoca il mare – nella concretezza della quotidianità delle loro esistenze.
Sei una poetessa, si dice che il racconto è evocativo, quindi più vicino alla poesia che al romanzo…
Credo che il racconto sia più vicino alla poesia. Per come io vedo la poesia, questa dovrebbe (uso appositamente la forma condizionale) trasmettere un’emozione in pochi versi proprio come il racconto utilizza poche pagine.
In questa “brevità” dove, per forza di cose, le parti superflue vanno eliminate, sta il punto di contatto fra poesia e racconto.
Vero è che la poesia riunisce ritmo, immagini, suoni, significato e messaggio mentre nel racconto non tutti questi elementi sono presenti, ma è anche vero che il racconto è una storia che va raccontata in tempi rapidi e precisi con immagini altrettanto nette ed evocative di quelle poetiche proprio perché c’è poco tempo per attrarre il lettore.
Personalmente trovo sia un bel gioco (se posso usare questa espressione) costruire figure, esseri compiuti con una loro vita precedente che non compare nella narrazione. Nella narrazione compare il loro modo di essere ora e qui e la mia sfida è rendere indimenticabili questi personaggi, muovendoli, appunto, in uno spazio e in un tempo limitato.
Spesso nei tuoi racconti la storia va oltre la fine stessa: ci fa riflettere, pensare a lungo.
L’idea che questi racconti possano far pensare a lungo è quanto di meglio potessi sperare per questo libro.
Abbiamo sempre meno tempo per fermarci, per “staccare” dal pragmatismo e per ragionare su noi e sui rapporti che ci legano agli altri. La fretta e l’impazienza sono i nostri compagni quotidiani e le mie storie, in buona sostanza, raccontano soprattutto di questo.
E allora, se il lettore dopo la fine stessa del racconto, riflette e pensa… per me è una gioia infinita.