È un’Isola nuova e vitale quella che emerge dal volume “La Sardegna contemporanea: idee, luoghi, processi culturali”: una Sardegna che guarda a passato, presente e futuro conscia della propria complessità, dei propri limiti, delle proprie risorse, che sa giudicarsi con severità ma sa essere anche indulgente con la sua storia. Un’antologia di saggi inediti che racconta lo stato dell’arte su cultura, economia, società e politica attraverso la visione di storici, antropologi, economisti e studiosi vari con il rigore proprio dello studio accademico ma con un linguaggio chiaro e diretto.
Il volume, curato da Luciano Marrocu, Francesco Bachis e Valeria Deplano del Dipartimento di Storia, Beni Culturali e Territorio dell’Università di Cagliari e pubblicato da Donzelli Editore, raccoglie in settecento pagine “continuità e mutamenti nella società sarda tra la fine del Settecento e i nostri giorni” come si legge nella prefazione. L’obiettivo è fare il punto delle conoscenze sull’Isola seguendo quel filone di studi sardi (e dell’omonima rivista la cui pubblicazione si è interrotta sei anni fa) che ha restituito per tanto tempo un ritratto della Sardegna puntuale e attento.
Lo studio dei fatti sardi oggi si arricchisce grazie a nuove discipline e generazioni di studiosi che possono fornire un contributo prezioso nel descrivere i molteplici aspetti dell’Isola. I curatori del volume ne hanno individuato sei: Genti, Luoghi, Politica, Economia, Culture e Sguardi. Visioni diverse e complementari, che ci permettono di guardarci dall’interno superando, finalmente, la paura di raccontarci. Come nello scritto di Pietro Clemente, antropologo e docente universitario, dedicato alla Costa Smeralda: un pezzo di Sardegna con il quale ancora non riusciamo a confrontarci senza essere condizionare da giudizi morali. Eppure queste genti aliene che hanno costruito e popolato la Gallura delle vacanze hanno vissuto accanto a noi e hanno portato, che ci piaccia o no, influenza e stili nelle nostre architetture, nel modo di vedere il turismo e l’ambiente.
Una visione interessante e poco nota è anche il racconto delle migrazioni dalla Sardegna descritte da Silvia Aru, che da tempo si occupa di geografia sociale e politica: nel suo articolo “La fuga dalla terra, l’emigrazione sarda tra continuità storiche e geografiche” racconta di un popolo che ha iniziato a viaggiare dalla fine dell’Ottocento e continua a farlo ancora oggi. “Analizzare l’emigrazione risulta di estremo interesse per comprendere la Sardegna e i processi sociali, economici, politici e territoriali che la coinvolgono oggi e che l’hanno coinvolta in passato, visto che la mobilità appare un elemento strutturale e di lungo corso della sua storia”. L’emigrazione sarda non è solo un fatto di lavoro ma ricerca di emancipazione, realizzazione, desiderio di confronto. Appare curioso oggi, nel momento in cui ci confrontiamo con le migliaia di migranti in arrivo dall’Africa, ricordare che i primi emigrati dalla Sardegna si dirigevano verso l’Algeria e la Tunisia, dove si reclutavano lavoratori della terra e delle miniere. In anni più recenti gli spostamenti dei Sardi sono stati pesantemente influenzati dal fallimento del Piano di Rinascita e dalla crisi economica: il Nord Italia, con Milano in testa, la meta più battuta, mentre in ambito extraeuropeo si viaggia verso la Germania, la Francia e il Belgio e in misura minore verso l’America Latina.
Il volume approfondisce ancora l’economia isolana, raccontata attraverso mutamenti, specificità e innovazione con un occhio di riguardo verso il mondo agropastorale che ancora oggi resta il comparto fondamentale dell’Isola “se non nelle cifre – dicono i curatori – almeno nell’immaginario collettivo”. E ancora luoghi, correnti e protagonisti della politica, letteratura e musica, imprese, lavoro, dinamiche demografiche (tra tutte la grande attenzione della comunità scientifica internazionale verso la cosiddetta ‘zona blu’ della longevità, individuata nella Sardegna sud-orientale). Fondamentali gli studi sugli intellettuali e sul dibattito culturale isolano attraverso scrittori, linguisti, storici e archeologi che a partire dall’Ottocento (come racconta Luciano Marrocu nel saggio “Intellettuali in Sardegna, idee e modelli culturali della sardità) hanno contribuito a ricostruire un’idea forte e un sentire collettivo della Sardegna.
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