di Sandra Sulcis
Vanessa Roggeri, cagliaritana doc, è innamorata della sua isola e delle antiche storie che caratterizzano la Sardegna dalla “notte dei tempi”… Laureata in relazioni internazionali, la passione per la scrittura la accompagna fin da piccola, quando la nonna le raccontava favole e leggende sarde che si intrecciavano a episodi della sua memoria. Storie che parlavano di una Sardegna antica, magica e misteriosa e che hanno ispirato le trame avvincenti e uniche dei suoi due romanzi: “Il cuore selvatico del Ginepro” e “Fiore di Fulmine”.
Vanessa, una laurea in relazioni internazionali e scrittrice di due romanzi, come nasce la passione per la scrittura? Nasce nell’adolescenza inizialmente come semplice passione, poi come mio unico progetto di vita. Ho voluto diventare una scrittrice con tutte le mie forze e ho portato avanti questo mio sogno con grande costanza e testardaggine anche quando le circostanze sembravano contro di me. Non mi sono mai arresa e alla fine sono riuscita ad arrivare ad una grande casa editrice senza l’aiuto di nessuno.
“Il cuore selvatico del ginepro” il tuo primo romanzo parla di una bambina Ianetta “marchiata” come “Strega” e per questo emarginata. Come mai hai deciso di parlare attraverso il tuo romanzo di questa realtà legata al mondo delle “streghe” che riguarda la nostra isola? Da bambina ho sempre sentito raccontare storie di streghe chiamate cogas capaci di infilarsi nelle case e uccidere i bambini appena nati. Quando ho iniziato a scrivere la storia di Ianetta il mio intento è stato quello di narrare proprio questo aspetto del folklore sardo particolarmente oscuro e poco noto attraverso le vicende legate a una bambina ritenuta ingiustamente portatrice di sventura e alla sua famiglia che si lascia avvelenare dalla superstizione. Quella che emerge è una Sardegna d’altri tempi, sospesa tra luce e oscurità, eppure non così lontana come si potrebbe pensare.
Cosa hai provato quando il romanzo è stato pubblicato? L’emozione più grande, a dire la verità, l’ho provata quando ho ricevuto la telefonata da parte della casa editrice che mi annunciava di voler pubblicare Il cuore selvatico del ginepro. Il mio sogno si stava concretizzando, ci sono voluti mesi per metabolizzare questa notizia che avrebbe cambiato la mia vita. Quando finalmente, un anno dopo, ho visto il mio libro sugli scaffali delle librerie non ho realizzato subito la portata dell’evento. Ho comprato una copia e ho lasciato che la gioia mi travolgesse.
In “Fiore di Fulmine” invece parli di Nora che, tornata alla vita dopo essere stata colpita da un fulmine, viene definita “bidemortos”colei che vede i morti e, anche in questo caso la protagonista poi salvata da donna Trinez, viene emarginata. Come mai hai voluto raccontare questa storia? Perché ho sentito, almeno per questi due libri, il bisogno di raccontare il tema dell’emarginazione, storie che avessero come protagonisti personaggi che pensano, sentono e agiscono fuori da una massa che cerca di omologare gli individui. Essere se stessi e vivere in una società estremamente conformista si sta rivelando un’impresa sempre più difficile. Le mie protagoniste vogliono essere un simbolo di emancipazione e di riscatto al femminile.
Nel connubio tra storia e fantasia questi due libri sono avvincenti e coinvolgenti. Come sei riuscita ad amalgamare questi due elementi? Penso attenga alla creatività personale. Mi piace legare le storie nate dalla mia fantasia a luoghi, ambientazioni e ricostruzioni storiche fedeli e minuziose, ovvero a qualcosa di reale e concreto. È il mio modo di creare le storie.
Cosa accomuna e cosa divide le due protagoniste? Ianetta è una fragile creatura che ha poca coscienza di sé, Nora invece ha un carattere forte che si oppone a chi cerca di sopraffarla. Entrambe però sono alla disperata ricerca di calore, di luce, di amore.
Pensi che anche in tempi moderni siano ancora presenti nella nostra isola casi di emarginazione come quelli raccontati nei tuoi libri? Per fortuna no. In alcuni paesi le ultime cogas che gli abitanti ricordano sono morte intorno agli anni ’50. Queste donne spesso afflitte da disagi fisici e psichici, vivevano in condizioni pensose di ostracismo e condanna. Sono felice che certi retaggi frutto dell’ignoranza e della superstizione si siano persi, sebbene sopravvivano in altre parti del mondo aggravate da violente recrudescenze.
Quale messaggio vorresti che arrivasse ai lettori? Credo molto nella forza del singolo, nella capacità personale di sapersi emancipare a dispetto della famiglia e dell’ambiente in cui si è cresciuti. Sono le menti che hanno saputo ragionare senza lasciarsi influenzare dai condizionamenti subiti fin dalla nascita ad aver dato lo slancio necessario per le rivoluzioni che hanno cambiato il mondo. Vorrei che le mie storie spronassero il lettore a pensare sempre in modo originale e autonomo.
Sei molto legata alla Sardegna e alla sua storia. Che trasformazioni vedi nelle donne sarde in questi ultimi anni? I tempi sono indubbiamente cambiati, la figura della donna nelle famiglie e nelle comunità non è più centrale come in passato, ma posso dire che il carattere orgoglioso, fiero e determinato delle donne sarde rimane.
Stai già lavorando ad un prossimo libro? Sì. Al momento sono totalmente immersa in una nuova storia.
Un progetto per il futuro? Continuare a ascrivere riuscendo a mantenere l’affetto dei lettori è il progetto futuro che più di ogni altro mi impegnerò a realizzare.
Un consiglio per chi come te ama scrivere… Si possono dare tanti consigli, più o meno utili, ma penso che alla fin fine ciò che conti veramente sia avere la determinazione di credere sempre nel proprio lavoro senza mai perdere l’umiltà di accettare critiche e consigli.
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