di Massimiliano Perlato
A Valeria Pirodda voglio un gran bene. Un affetto seppur ancora dai contorni virtuali nonostante l’abbraccio mancato all’ultima B.I.T. milanese, dove ci siamo “solo sfiorati” che è sbocciato nel apparentemente lontano 2012 quando la intervistai per la prima volta e mi enunciò cosa voleva dire essere una sarda a Tokyo. Una empatia che mi porta costantemente ad osservare lei e gli altri ragazzi dell’associazione “Isola Giappone” da lontano. Chiusa la parentesi del tutto personale dei sentimentalismi, oggi mi preme rimarcare come questi ragazzi che nella distante terra nipponica cercano di innalzarsi nel mondo del lavoro globale, pur non obliando le origini sarde, vadano necessariamente assecondati. Eppur qualcosa (non) si muove, perché nonostante le sollecitazioni istituzionali partite a ripetizione verso la Regione Sardegna, complice una obsoleta legge regionale del 1991 che è lì per dare una mano alle associazioni degli emigrati sardi in giro per il mondo, di Tokyo e di questi ragazzi d’oro, non si occupa.
Valeria, cagliaritana di nascita, è l’anima pulsante di questa associazione, e dalle sue parole trapela ormai lo sconforto. “Iniziamo a stancarci – mi dice attraverso messenger – non è semplice incastrare l’organizzazione degli eventi con gli impegni lavorativi (che in Giappone richiedono puntualità e precisione) ci mettiamo la faccia con chi ci supporta (locali che ci ospitano, partecipanti fedeli e non, ecc) e, ovviamente, con chi ci contatta per organizzargli gli eventi (e spesso non capisce perché ci debba sponsorizzare il bicchiere di vino o le stampe dei volantini!) questa pressione ci causa un po’ di stress, che si sta facendo sentire in alcuni di noi, minando l’armonia e la vitalità che ci ha trascinati in questi tre anni e mezzo! ”.
E la faccia che sino ad oggi hanno messo Valeria, Eva Cambedda, Giovanni Piliarvu e Guido Cossu ha sempre ricompensato la Sardegna perché gli eventi promossi in questi anni, hanno avuto esiti strabilianti con i giapponesi a fare “ooooh” e a contrassegnare sui loro taccuini tecnologici cosa sia questa terra lontana e misteriosa dal mare cristallino che è la Sardegna.
Forse è giusto che le istituzioni sarde segnino sui loro taccuini, che a questo punto di tecnologico hanno ben poco, visto come sono rimasti indietro con i tempi funzionari e assessori, per verificare la realtà sarda che c’è a Tokyo e a bramare di dare una mano a questa realtà che all’isola del Mediterraneo potrebbe portare solo benefici. Sempre rimuginando su quella legge che acconsente ai circoli dei sardi di sostenersi in qualche modo, è un dato di fatto che certe realtà sarde in giro per l’Italia e per il mondo, sopravvivono con le risorse regionali, pur non meritandole per il lassismo delle loro proposte attuali. Ma non è questo il momento di fare le pulci al parassitario sistema che regge da lustri. Pensiamo a Tokyo, al mondo che rappresenta, alle potenzialità che può offrire l’associazione “Isola Giappone” e all’ultimo evento “sold out” con il concerto del musicista cagliaritano Stefano Guzzetti che ha voluto condividere con i giapponesi la sua passione per Johann Sebastian Bach nel suo viaggio fra le sette note tra la musica classica sino a sperimentazioni più moderne.
Valeria con orgoglio mi proferisce della serata e dell’entusiasmo dei nipponici. “Ci contattano in tanti dalla Sardegna per organizzare un evento di musica, una mostra fotografica, caldeggiare dei tours turistici, sostenere dei prodotti artigianali. Nella serata di Guzzetti è stata proposta un’altra traduzione in giapponese di un articolo della rivista Antas su Barumini (quindi anche istruttivo per i nipponici) e un angolo di pubblicità (per pagare l’artista) dedicato ad una scuola linguistica di Cagliari (L’Accademia di Maura Mattana) per la quale sono stati promossi i corsi di lingua italiana a Cagliari, e gli itinerari didattico turistici del loro collaboratore Alessandro (responsabile di Culture Sardinia). Tutto insaporito dalla splendida cucina dello chef Vittorio Cocchi di Riva degli Etruschi, che ci ha deliziato con la cucina sarda, quando tutti lo conoscono per la gustosa gastronomia toscana.”
Cosa chiedere di più a questi ragazzi che comunque, va sottolineato, sono in Giappone per lavorare con tutte le difficoltà che vivere in un paese straniero comporta? Chapeau lo diciamo noi che ci occupiamo d’informazione e lo dovrebbero dire anche in Regione Sardegna. Eppure come già evidenziato in precedenza, all’adrenalina dell’evento e alla soddisfazione nel vedere tanti occhi a mandorla sgranati dallo stupore, c’è la tristezza di sentirsi tanto soli in un mondo così lontano. Tristi e delusi per il silenzio di chi dovrebbe sedersi a tavolino con loro e proporre un programma di sviluppo della loro attività che possa portare poi beneficio all’isola intera.
Solo il considerare che la professione di Valeria a Tokyo è quella di occuparsi di turismo, di giapponesi che si sono spinti e si pigeranno in vacanza verso il Belpaese, dovrebbe fare riflettere perché l’opportunità è enorme.
Quattro anni fa parlando dell’Associazione che stava nascendo, Valeria mi rispondeva così: “L’idea del Circolo che sto realizzando insieme ad alcuni conterranei è perfetta, soprattutto in questa città enorme e dispersiva, dove sicuramente non manca nulla a livello materiale, ma manca quel calore a cui siamo abituati. Ci vuole un posto dove potersi incontrare, scambiare due chiacchiere, che non sia necessariamente un ristorante o un locale notturno. Un luogo che diventi un punto di riferimento per chi risiede a Tokyo ma anche per coloro che vogliono conoscere la Sardegna a 360 gradi: la storia, le tradizioni, le usanze, la cultura millenaria, la lingua. Ci sono tante cose da mettere sul tavolo…..sarebbe bello riuscire a facilitare i rapporti reciproci. Gli interessi da parte di entrambi ci sono: già si intravedono prodotti alimentari con bottarga in testa, negli scaffali dei supermercati. Ci sono studi importanti riguardo la longevità che legano i due Paesi e studiosi universitari che approfondiscono il discorso della lingua sarda, e così via.”
Oggi si esprime menzionando l’incubo chiusura perché Guido Cossu lascerà il Giappone per trasferirsi ad Edimburgo ed Eva Cambedda troppo vincolata dal suo lavoro è impossibilitata a seguire le crescenti richieste di attività di “Isola Giappone”. Qualche giovane nuovo si sta affacciando come Marco Scarzanella, da un anno in Giappone. E altre candidature stanno per essere valutate. Insomma, per Valeria la linearità è fondamentale e non mancherà l’impegno di chi a Tokyo parla sardo. Ma la mancanza di fondi ostacola la possibilità di programmare eventi in serie ed invitare personaggi reali quali gruppi folk, musicisti, artisti, artigiani ecc. Avere una sede propria sembra rimanere un’utopia. Eppure potrebbe essere un passo indispensabile per organizzare anche mostre di vario genere per attirare turisti. Tokyo bussa, Cagliari saprà rispondere?
Siamo alle solite…
Non chiudete dai!!! Forza ragazzi!! Noi del progetto Sora-degna in Hokkaido vi sosteniamo!!!