Anna Maria Secchi, scrittrice, è nata a Cagliari il 18 giugno 1972; nel 1989 si è trasferita – come dicono i sardi – “in continente”, a Genzano di Roma dove ha abitato alcuni anni per poi trasferirsi a Salerno. Nonostante i lunghi anni trascorsi lontana dalla Sardegna, è legata visceralmente alla sua terra. Oltre alla lettura e alla scrittura, tra le sue grandi passioni vi è il recupero e la condivisione delle antiche leggende e tradizioni sarde. Il suo romanzo di esordio si intitola “Senza più voltarmi indietro” (Youcanprint, ISBN 9788891143761) ed è stato pubblicato a giugno del 2014. Con questo romanzo l’autrice Anna Maria Secchi tocca temi di forte impatto emotivo e sociale; al lettore vengono donate note nostalgiche, proprie del grande amore dell’autrice per la sua meravigliosa Sardegna. Nell’intervista che segue ci ha raccontato qualcosa di più del suo libro e della sua esperienza di scrittrice esordiente.
Cosa significa “Senza più voltarmi indietro”? Purtroppo gli avvenimenti dolorosi non risparmiano nessuno, ma dobbiamo provare a non farci condizionare da essi. “Senza più voltarmi indietro” significa che non possiamo cambiare le esperienze passate, ma nonostante siano impossibili da dimenticare ad un certo punto della nostra vita dobbiamo decidere di andare oltre, per poter cambiare il presente e il futuro che altrimenti rimarrebbero ostaggi del passato.
Che cosa ti ha fatto avvicinare alla scrittura? Partiamo dal fatto che sono un’accanita lettrice da sempre, in pratica da quando ho imparato a leggere, probabilmente grazie al fatto di aver avuto la fortuna di crescere in una famiglia dominata dal sacro culto dei libri. Il mio amore per le parole nasce quindi da molto lontano, da quando mia madre mi leggeva le favole. La passione per la scrittura, quindi, possiamo dire che è stata consequenziale, in particolare è nata dopo aver visto nel 1979 lo sceneggiato della RAI (allora si chiamavano così) Martin Eden, tratto da un romanzo di Jack London che narra la storia di un uomo ignorante e povero che per amore, con grande impegno e determinazione, inizia a studiare diventando poi un grande scrittore. Quella storia mi affascinò moltissimo e dissi a mia madre che un giorno anche io sarei diventata una scrittrice. Lei quindi mi comprò un diario dove iniziai a scrivere le mie emozioni e le mie osservazioni sulla vita.
Ti sei definita “un’accanita lettrice”, la domanda quindi è d’obbligo: qual è il tuo autore preferito? Premetto che adoro i romanzi dell’Ottocento, periodo caratterizzato dal realismo, naturalismo e verismo, movimenti letterari che avevano in comune l’esigenza di rappresentare la realtà quotidiana cogliendone i risvolti sociali e politici e nonostante siano veramente tanti gli autori che apprezzo, quello che in assoluto amo con immensa passione appartiene proprio a quel periodo. Parlo del grande Dostoevskij. Un vero genio, precursore dell’esistenzialismo per la sua abilità nel delineare i caratteri morali dei suoi personaggi e che è stato anche definito “artista del caos”, in quanto, nei suoi romanzi alberga il conflitto tra purezza e peccato, tra abbrutimento e bellezza, tra caos, appunto, e senso della vita.
Ti sei ispirata a fatti e persone reali per descrivere gli eventi e i personaggi di questo romanzo che riescono ad essere così ben definiti? Alcuni personaggi sono ispirati a persone reali, altri invece sono completamente inventati, così come le vicende narrate, alcune sono frutto della mia fantasia, altre sono nate dall’osservazione di molte storie famigliari che mi hanno sfiorato. Tengo comunque a precisare che questo romanzo non è assolutamente autobiografico, anche se i temi trattati, chiaramente, risentono del mio punto di vista.
Spesso i personaggi di un libro cambiano e crescono diventando una scoperta per lo steso scrittore. E’ capitato anche a te? Anni fa lessi un’intervista a Dacia Maraini, in cui diceva che i personaggi dopo essere stati creati iniziavano ad avere una vita propria raccontandosi da soli. All’epoca non riuscii a capire l’esatto senso di questa affermazione, l’ho capito molto bene durante la stesura di questo romanzo. In pratica si ha la sensazione di scrivere per loro volontà. Ad un certo punto della storia sono arrivati nuovi personaggi, che io non avevo minimamente contemplato, quasi come se fossero stati invitati da quelli già presenti. Che fare dunque quando qualcuno bussa alla tua porta? La apri e lo lasci entrare per fare la sua conoscenza.
La storia si svolge in due città, Cagliari e Roma. Cosa ti ha fatto scegliere questi due luoghi? In realtà questa è una storia che poteva svolgersi in qualsiasi altra città, il motivo di questa scelta è dettato dal fatto che la storia della mia famiglia si snoda tra Cagliari e Roma e quindi oltre a conoscere bene questi luoghi nutro anche un grande amore per essi, in particolare verso la mia città natale, che con grande piacere ho potuto descrivere in questo romanzo.
Con questo romanzo quale messaggio vorresti fare arrivare ai tuoi lettori? Non c’è un vero e proprio messaggio, quanto la speranza che questa storia possa indurre i lettori a porsi alcuni interrogativi su temi molto seri e importanti, quali i maltrattamenti famigliari, l’omosessualità, l’eutanasia e l’importanza della libertà di scelta.
Un’opera è lo specchio dell’artista, in che modo questo libro ti rispecchia? Mi rispecchia come argomenti, come ho detto prima le storie sono raccontate in base alla mia percezione della vita e quindi ho trattato argomenti che mi stanno molto a cuore. Anche in alcuni personaggi c’è qualcosa di me.
E’ sempre interessante immaginare un’artista a lavoro. Alcuni scrivono di notte, altri in luoghi o in momenti particolari, tu quando e dove scrivevi e come hai iniziato? Iniziai a scrivere questo romanzo quasi per caso, un giorno mentre stavo davanti al pc, presa in una delle mie solite ricerche, tutte le storie che si affollavano da molto tempo nella mia mente, si riunirono dando il via a questa avventura. Poco tempo dopo mi arenai non credendo assolutamente di poter andare avanti. Qualche anno più tardi feci leggere quello poco che avevo scritto ad un amico di famiglia, insegnate di lettere, il quale apprezzando la mia bozza, mi incoraggiò a continuare, così ripresi a scrivere con assiduità. Ogni pomeriggio mi ritagliavo qualche ora solo per me e dopo aver chiuso il mondo fuori, nella mia cucina, vivevo insieme ai miei personaggi.
Ci sono state persone che hai sentito vicine durante la stesura del libro? Sicuramente sì, alcuni intimissimi amici che non solo mi hanno supportata, ma mi hanno anche aiutato con i loro consigli a migliorare il testo, e la mia famiglia che mi ha spronato e incoraggiato quando mi demoralizzavo e ha creduto in me quando io non ci credevo. Se sono riuscita a realizzare questo mio sogno lo devo anche a tutti loro, ai quali va tutta la mia gratitudine.