MUTA-MORFOSI, IL QUARTO ROMANZO DEL COMMISSARIO SOLINAS: INTERVISTA AD EMANUELE CIOGLIA CHE PRESENTA IL SUO ULTIMO LIBRO

Emanuele Cioglia


di Valentina Usala

E’ Emanuele Cioglia: marito di Sonia, padre di Nicola, Lorenzo e Edoardo, nipote di Carlo e zio della sottoscritta. E’ lo zio casteddaio acquisito che durante una chiacchierata telefonica, mi da notizia della sua nuova creazione. E’ una persona originale lui, che ti fa sorridere quando meno te lo aspetti, che ti insegna a viverti la vita nel qui ed ora della situazione, insomma. Mi spiega in quattro parole di cosa tratta la sua prossima pubblicazione, parole riassuntive a mo’ di quarta di copertina.

E come s’intitola? MutaMorfosi, nipotina! Già il titolo si presenta bene, ovvero è molto intrigante. Il richiamo al poema di Ovidio (Le metamorfosi) è immediato, ma si capisce da subito che dietro a quel titolo s’inciampa in un qualcosa di più. Non ho utilizzato il termine inciampare con delineazione negativa: una persona inciampa, cade e si fa del male. Lo leggerei più con una prospettiva inglese. Per fare un esempio: falling in love, letteralmente si traduce cadere in amore. Cadere quindi non ha sempre una connotazione negativa, proprio come nel caso del libro di cui andremo a discutere.

Ora sono curiosa di avere qualche spiegazione in merito al titolo e al contenuto. Innanzitutto l’antagonista di Solinas questa volta sono io, un fotografo di lauree. Ho affrontato, volgendola in commedia-thriller, una delle mie angosce più grandi: la mia (non) professione. Mi sono immaginato di essere un tipo affetto da personalità multiple, ossessionato dal contatto con la gente, invaso, attraverso i flussi digitali fotografici, da un’ inconcepibile e insopportabile invasione d’anime e personalità. In pratica, sfruttando il tema del doppio, del triplo, del multiplo, da Ovidio a Virgina Woolf, passando per Pirandello (Uno nessuno e centomila), questo fotografo si trasforma in coloro che acquisisce, e deve eliminare i doppioni, come fossero figurine di troppo. Sono tematiche universali, mettici anche Il ritratto di Dorian Gray, rivisitate al tempo del mondo 3.0.  E’ un po’ un Solinas VS se stesso. Un Solinas contro il suo autore.

Tu e Solinas siete uniti da anni, ormai e tu con lui ci sei sempre stato, essendo una tua creazione. Oltre che nella tua immaginazione, nel plasmare la carta con le tue parole, ora siete assieme nel tuo nuovo libro. Qual è il vostro rapporto? Provi abbia nei suoi confronti?  No. Non sono arrabbiato con lui. Lui è molto importante. A lui gli voglio così bene che non ci stavo a fargli fare la parte del cattivo, perciò il ruolo del maligno l’ho assegnato a me. Solinas è il solito indolente, anarcoide, che fugge e si rintana, costruendo castelli di carte nella sua scrivania, andandoci pesante con l’Ichnusa e il vino, litigando con la sua compagna, cercando di arrivare alla pensione ed uscire da una società nella quale non si riconosce più. Il Trasformista però lo perseguita, lo farà perfino finire in carcere. E alla fine, libero, non si tirerà indietro da un regolamento di conti epico, quasi in stile cavalleresco, ma grottesco assai.

La differenza tra te e Solinas, tra resistenze e difficoltà. La parte più difficile non è stata Solinas, mai il Fotografo, che è davvero un personaggio alla Psycho. Ovviamente, quando penetri nel fitto del bosco dell’animo umano, e delle sue malattie, puoi uscirne rafforzato ma anche provato. Alcune esperienze descritte, naturalmente romanzandole ed enfatizzandole, le ho vissute sulla mia pelle.

Stai parlando di tematiche che riguardano l’ambito psicologico. Hai avuto modo di confrontarti con qualcuno? Ho consultato Stefano Carta, uno psicologo della facoltà di Cagliari, che vive e lavora a Roma.

E quanto tempo fa lo hai scritto? In realtà l’ho scritto e riscritto tra il 2012 e oggi. Lungo assai. Infatti i detenuti, tra i quali Libero Solinas, venivano rinchiusi ancora a Buoncammino e non a Uta.

Quanto ti senti cresciuto dal primo romanzo? Rispetto al primo romanzo sono cresciuto molto. Ma sarebbe meglio dire: cambiato. Mutato. MutaMorfizzato.

Dico innanzitutto che sono molto curiosa di leggere te e Solinas. Trovo nel mio piccolo, che i due personaggi messi a rapporto nel tuo MutaMorfosi siano geniali. Perché in fondo, pensandola alla maniera junghiana, noi umani siamo così: persone e ombre. E vorrei concludere con un tuo pensiero. Come salutiamo i lettori di Tottus in pari? Le esperienze del vissuto quotidiano: crisi economica, quasi pignoramento della casa, sprofondamento nella povertà da un’esistenza borghese, o ti fanno diventare uno  jihadista, oppure scrivere libri come i miei. Dove l’esasperazione e la misantropia, la non accettazione della società, ti fanno ammazzare le persone, ma soltanto nella finzione. Nel giudizio universale di un narratore. 

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Un commento

  1. tottus in pari mi intervista, Tottus in pari è scritta da e per gli emigrati sardi nel mondo, che sia presagio di una mia prossima emigrazione? Grazie Valentina e Massimiliano. Gentili e brillanti come sempre…

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