PUBBLICATO IL SECONDO VOLUME DEL “DIZIONARIO STORICO DEGLI IMPRENDITORI IN SARDEGNA” A CURA DI CECILIA DAU NOVELLI E DI SANDRO RUJU


di Paolo Pulina

Sandro Ruju studia da molti anni la realtà economica, sociale e politica della Sardegna contemporanea (una delle ultime sue fatiche: nel 2014, la cura del volume “La Sardegna e il turismo: sei testimoni raccontano l’industria delle vacanze”: si veda

http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2014/09/18/nel-volume-%E2%80%9Cla-sardegna-e-il-turismo%E2%80%9D-sandro-ruju-ha-riunito-sei-testimonianze-%E2%80%9Cd%E2%80%99autore%E2%80%9D-sulle-origini-e-sui-caratteri-dell%E2%80%99industria-delle-vacanze-nel/?doing_wp_cron). Ha pubblicato diverse monografie sulla storia dell’industria isolana (dalle concerie ai sugherifici, dalle miniere alla petrolchimica) utilizzando anche le fonti orali.

È tra i soci fondatori della Società  Italiana di Storia del Lavoro.  Con Cecilia Dau Novelli, docente di Storia contemporanea nell’Università di Cagliari,  ha curato due volumi (entrambi per Aipsa di Cagliari) dal titolo  “Dizionario storico degli imprenditori in Sardegna”: il primo (pagine  204) è uscito nel 2012; il secondo (pagine 390) a settembre 2015.

Nella prefazione a questo secondo volume Dau Novelli analizza il rapporto “Sardegna e imprenditori”: «Non è un ossimoro, e neanche un raffinato accostamento per storici di elite ristrette. È piuttosto un angolo visuale originale e da sempre poco esplorato […]. Con questo secondo volume, che chiude un progetto di lavoro durato quasi dieci anni, si offre a tutti un materiale organico, selezionato e ordinato, capace di contribuire almeno a scalfire convinzioni secolari. Dopo aver rintracciato e ricostruito la vita e l’impresa di 121 figure indicative dell’imprenditoria sarda [le schede sono state compilate  da quasi 40 studiosi, ndr], e avendone esaminate e accantonate almeno altrettante per la difficoltà di recuperare adeguata documentazione, si dovrebbe, infatti, convenire sull’oggettiva esistenza di un significativo fenomeno imprenditoriale in Sardegna, che si è generato ed espresso dalla fine del secolo XVII e che ha avuto la sua espansione più rilevante a seguito dell’integrazione piena dell’isola con il Piemonte e, ancor di più, dopo l’Unità d’Italia nel corso del Novecento. Un fenomeno che merita un’esplorazione certamente più ampia e completa, ma della quale questa iniziativa – promossa dalla già Facoltà di Scienze politiche oggi Dipartimento di Scienze sociali e delle istituzioni dell’Università di Cagliari, con il concorso di tanti valorosi studiosi e numerose Istituzioni – costituisce senza dubbio più di un rilevante assaggio».

L’Introduzione di Sandro Ruju porta il titolo “Note sull’economia sarda dall’Ottocento al Piano di Rinascita”, dalla  cui parte finale “Il secondo dopoguerra e il piano di Rinascita” traiamo una  citazione: «[…] Manca uno studio sistematico sul ruolo svolto nel primo decennio della sua attività dal CIS-Credito Industriale Sardo (istituito con la legge n. 298 dell’11 aprile 1953 sullo “Sviluppo dell’attività creditizia nel campo industriale nell’Italia meridionale ed insulare”) che comunque apparve ai più insufficiente a far fronte alle aspettative di sviluppo in una fase in cui l’isola era nuovamente segnata dal fenomeno dell’emigrazione. Dal solo Sulcis-Iglesiente emigrarono in pochi anni quasi 30.000 persone (vale a dire circa il 20 per cento dei residenti), proprio mentre cominciava il boom turistico, particolarmente concentrato in Gallura. L’introduzione delle navi-traghetto sancì di fatto la fine della barriera doganale naturale rappresentata dal mare. Ed è proprio a partire dagli anni Sessanta che si verificò una crisi progressiva di numerose attività industriali endogene, proprio mentre il Credito Industriale Sardo, il cui statuto prescriveva di privilegiare la piccola industria concentrava la maggior parte delle sue risorse a favore di un’industrializzazione imperniata sulla grandi imprese nei settori di base. È noto, in particolare, come la SIR (Società Industriale Resine) seppe aggirare i paletti posti dalla legislazione per gli incentivi e i finanziamenti agevolati creando una varietà di società solo artificialmente distinte e autonome. Il CIS, assecondandone i piani di espansione in totale sintonia con l’IMI, si trovò poi coinvolto nella crisi finanziaria del gruppo milanese, resa manifesta e aggravata, alla fine del 1977, dall’avvio dell’inchiesta giudiziaria, che di fatto impedì il completamento dei massicci piani di investimento in corso a Porto Torres e Assemini nei quali erano impegnati alcune migliaia di operai delle imprese d’appalto».

Ruju conclude informando che in questa ricerca  non sono stati inseriti  «né Nino Rovelli, uno dei protagonisti della cosiddetta “guerra chimica” di cui la Sardegna è stata uno dei principali campi di battaglia né Angelo Moratti, fondatore della Saras, la raffineria sorta a Sarroch nel 1964 e ancora in piena attività. Questo perché la strategia che ha guidato questi due industriali lombardi era (e nel caso della Saras rimane) esterna alla Sardegna: non a caso i centri direzionali di queste società sono sempre rimasti a Milano. Tuttavia è indubbio che le grandi fabbriche hanno inciso profondamente sulla struttura economica e sociale dell’isola».

Questo secondo volume riporta delle due parti dell’opera, a cura di Roberto Ibba, non solo l’indice dei nomi ma anche l’indice dei luoghi citati.

Scorrendo quest’ultimo, in particolare i sardi emigrati possono trovare riferimenti ai loro paesi di nascita ma anche a quelli in cui risiedono. Per me, per esempio, che vivo dal 1974 in provincia di Pavia, è stata una scoperta sapere dalla biografia scrittane da Giacomo Oppia che era nato a Pieve del Cairo, in Lomellina (territorio della provincia di Pavia),  nel 1805, il falegname Giovanni Balduzzi, cioè colui che il  3 giugno 1862 firmò con il Comune di Alghero, rappresentato dal sindaco cav. Don Antonio Lavagna, l’atto di sottomissione relativo alla costruzione e alla conduzione, per un periodo di nove anni, di uno stabilimento marino ad Alghero, città cui da tempo si era trasferito e dove aveva preso moglie e allevato due figli, Carmine, anch’esso falegname (Alghero 1843-1924, continuatore dell’opera del padre), e Paolina, maestra elementare.     

Nota finale. Un veniale refuso, proprio nell’ indice dei nomi a pagina 370, attribuisce il  nome  Gavino invece che Gesuino al curatore, insieme a chi scrive, del volumetto  “Francesca Sanna Sulis (1716-1810): imprenditrice, donna, sarda. Atti del Convegno di studi svoltosi presso l’Università degli Studi di Pavia il 6 marzo 2010”, a cura di Gesuino Piga e Paolo Pulina, Edizioni Nuova Tipografia Popolare, Pavia, 2010. Ciò che conta comunque è che compaia (con tutti i dati corretti), nella Bibliografia di questi due importanti volumi di storia sarda, un’opera prodotta in una associazione di emigrati sardi nell’Italia continentale (in questo caso il Circolo  culturale  sardo “Logudoro” di Pavia).

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