di Mario Salis
Un viaggio può durare una vita, senza concludersi anche quando tutto sembra finito. Può rimanere un sogno che si interrompe ma che non si dimentica. Il viaggio di Papa Francesco appena concluso è già storia, come il mito di un sogno americano. Potrebbe sembrare irriverente, ma la copertura mediatica dell’evento si è dimostrata tale da non smentire quella tendenza inguaribile degli States che ideò Jesus Christ Superstar. Cinquant’anni fa! Correva l’anno 1965, il 4 ottobre a New York nel Palazzo di vetro delle Nazioni Unite, Paolo VI lanciava il suo grido accorato “jamais plus la guerre, jamais plus la guerre!” Del resto, fu lui stesso a scrivere le parole del radio messaggio di pace lanciato il 24 agosto 1939 da Pio XII, nel vano tentativo di scongiurare il secondo conflitto mondiale: “nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”. Il primo Pontefice a varcare i confini del Vaticano, a prendere un aereo. In Terra Santa poi l’India, l’America Latina e perfino alcuni paesi islamici. Il Papa pellegrino, parroco di un mondo diviso in blocchi e pervaso dall’euforia dei golden sixties. Il Papa del dubbio, tanto da essere denominato Paolo il mesto, ma anche delle novità del Concilio Vaticano II avviato a conclusione. I silenzi e gli schieramenti di una guerra fredda, il rischio incombente di un conflitto nucleare sfiorato nel 1962 con la crisi dei missili russi a Cuba. Il 21 aprile 1978, già dolente e sofferente verso fine del suo pontificato, scriverà agli uomini delle Brigate Rosse, ma rimarrà inascoltato nel tragico epilogo del sequestro di Aldo Moro. L’anteprima della tappa di Bergoglio a Cuba, dove l’ateismo di stato è cessato solo nel 1992, si è dimostrato un capolavoro della diplomazia vaticana. L’immagine di Fidel Castro che indossa una inconfondibile tuta Adidas, sembra fugare ogni dubbio sulla fine dell’embargo americano. Una prova convincente sulla costruzione dei ponti contro la ricomparsa di muri inutili. Salutato come uomo di stato al Congresso, Francesco pronuncia uno dei suoi pochi discorsi in lingua inglese. Parla soprattutto da Papa, citando Martin Luther King e la marcia di cinquant’anni fa da Selma a Montgomery, il sogno dei diritti civili e politici delle minoranze di colore. L’America continua ad essere per molti una terra dei sogni. Negli ultimi secoli sottolinea, milioni di persone sono giunte per rincorrere il proprio sogno di costruire un futuro in libertà. Strappa gli applausi quando rivendica le sue radici di migrante. Un vortice mediatico, come qualcuno ha definito la sua missione in America. I rapporti con i giornalisti: sembrano lontano i tempi di Joaquín Navarro-Valls, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, filtro inespugnabile e selettivo dell’informazione. Purtroppo la conferenza stampa sull’aereo che l’ho riporta in Vaticano risente già dell’atmosfera italiana, per quanto come suo costume, non si nega al tiro incrociato delle domande più scomode. È così, che ridimensiona la sua accoglienza da star, il subdolo fascino delle stelle cadenti, col più consono ruolo del servo dei servi di Dio. Il giallo sulla vicenda Marino, un Sindaco solo al Campidoglio, fa iniziare di colpo la discesa sui cieli di Roma, città aperta delle polemiche che mostra i ritardi e le ferite di inconfessabili responsabilità, anche di pregresse gestioni amministrative. Certo, col Giubileo Straordinario alle porte, interferire sul tipo di domanda da rivolgere al Papa e sulle modalità di risposta non si configura un esercizio di stile e di autonomia, in una Roma papalina dove i confini resistono da secoli sui malfermi sampietrini. Giovanni Battista Montini, il Papa dimenticato. Contrariamente al suo aspetto riservato, umile, di intellettuale che aveva attraversato le traversie del breve secolo delle due guerre, passando per leggi sul divorzio e l’aborto, si rivelò un Pontefice inedito, promotore di talune novità che poi diventeranno consuetudine nelle visite dei suoi successori. La messa di Natale del 1968 tra diecimila operai dell’Italsider di Taranto, inaugurata nel 1965 dal Presidente Giuseppe Saragat. In quell’occasione si rivolge agli operai con le stesse parole del Concilio, scusandosi delle difficoltà del linguaggio che separano la Chiesa dal mondo del lavoro. Oggi nella città dei due mari alle prese con i problemi del polo industriale, risuonano di attualità le sue parole: “e quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità individuale e collettiva”. Il Sinodo dei Vescovi che si svolge in questi giorni, voluto da Paolo VI a settembre del 1965, per assecondare e moderare le istanze conciliari, si coniuga con la ripresa del confronto e di un dibattito franco in tutta la Chiesa, come conferma il recente viaggio negli Stati Uniti. Papa Francesco con la rivalutazione del Sinodo non fa mistero del suo “montinismo”, del nuovo ruolo dei vescovi e delle conferenze episcopali. Ritorna imprevisto l’appellativo di “principe riformatore”, che fu già del suo predecessore come le diffidenze e le aspettative che si manifestano negli ambienti conservatori ed innovatori del Vaticano. Paolo VI, il Papa delle prime volte, è ricordato in Sardegna per la sua visita a Cagliari il 24 aprile 1970. Da dodici giorni la squadra di calcio è campione d’Italia. Il resto del paese ricorderà la versione della “sassaiola” al corteo papale durante la visita nel quartiere di Sant’Elia. Le cose andarono diversamente. Gli scontri ci furono, tra le forze dell’ordine ed un gruppo di manifestanti, alcuni in trasferta dalla Penisola, a cui era stato sequestrato un megafono. L’augusto corteo si era già allontanato dal luogo dove il Papa era stato accolto calorosamente nella casa di un ciabattino. Il bilancio dell’energica azione di polizia fu di trecento fermi e di ventidue persone arrestate. A qualcuno costarono sei mesi di carcere prima di essere assolti al processo. La piazza alle pendici del Colle di Bonaria divenne quella dei Centomila ma erano molti di più, giunti da ogni parte dell’Isola a vedere il Papa anche da lontano. Per i più fortunati, tra le maglie abbastanza larghe della sicurezza, fu possibile incrociare quegli occhi azzurri che avevano visto la città nel 1929 e nel 1932 tra i giovani universitari cattolici. Ad accoglierlo il Sindaco castellano Don Paolo De Magistris che farà gli onori di casa anche a Giovanni Paolo II nel 1985. Presidente della Regione è Lucio Abis padre della quarta provincia che non c’è più. L’arcidiocesi di Cagliari si fregia della porpora cardinalizia di Sebastiano Baggio, prescelto da Montini per istruire il suo viaggio. Un prelato autorevole in ascesa per il soglio pontificio, che entrerà in Conclave da Papa per uscire ancora da cardinale. Le misteriose predizioni delle quartine di Nostradamus sembrano aver alluso ad un Papa nero e non necessariamente dal colore della pelle. Proveniente invece dall’altra parte del mondo, come lui stesso ha esordito dal balcone di San Pietro. Come Paolo VI è il Papa delle prime volte: sud americano, gesuita, praticante del Concilio Vaticano II senza averne preso parte, porta le scarpe ed una borsa dello stesso colore, si preoccupa senza darlo ad intendere che il suo possa essere un pontificato breve mentre inciampa sulle scale dell’aereo perché ha voglia di continuare. Il suo modo diretto di comunicare sta riscuotendo ammirazione e consenso negli ambienti politici, forse anche qualche preoccupazione. Non si va però oltre la fuga dalle responsabilità ed inutili ipocrisie, che nelle città lasciano gli ultimi sempre di più: soli, diversi e senza speranza. Paolo VI nella piazza dei centomila si rivolse ai pastori, ai minatori, alla gente di mare ed agli emigranti “specialmente gli Emigranti nella Sardegna, che sta diventando terra aperta all’attività d’ogni specie di lavoratori e di operatori provenienti dal Continente”. Una Rinascita fallita dell’isola mostrerà presto gli inganni del miraggio di un massiccio sviluppo industriale, come oggi una globalizzazione incontrollata ne preannuncia le facili illusioni, s
enza coglierne le sue indubbie potenzialità. Di quei giorni è rimasto in città, lasciato in dono ed a ricordo della visita papale, un pastorale in argento massiccio, dal peso impensabile per quell’esile figura. Chi avrebbe mai pensato dopo mezzo secolo ai migranti, ai profughi, ai clandestini che si confondono con la gente di mare, Francesco che in un’altra isola imbraccia un pastorale molto più leggero, ricavato dal legno dei barconi che sono andati ad infrangersi sugli scogli di Lampedusa. A Washington nell’emiciclo del Congresso che si commuove fino a non trattenere le lacrime dello speaker repubblicano John Boehner, ascoltano il monito del Papa migrante: “cercando di essere liberati dal nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno” L’odio e la violenza trovano sempre il modo per riprendere il loro posto. Non voltare le spalle di fronte ai mali di oggi. I sogni possono riaprire gli occhi. In ogni parte del mondo, non solo in America.