RITROVARE (E MANTENERE) IL SORRISO IN DIECI MOSSE: UN MINI PROGETTO DI INGEGNERIA DEL BUONUMORE PER VIVERE MEGLIO IN SARDEGNA


di Natascia Talloru

Dopo un’estate come quella appena trascorsa dove il caldo e il sole l’hanno fatta da padroni, può capitare di sentirsi un po’ sottotono, complici anche le prime nuvole che da qualche giorno hanno ridotto il cielo a uno schermo grigio, preannunciando l’arrivo della stagione autunnale. E’ bene ricordare che per ritrovare il benessere psico-fisico non è sempre necessario emigrare ai tropici o evadere completamente dalla routine per un attimo fugace, duraturo quanto l’illusione del “vivere in vacanza da una vita”, ma è altrettanto importante recuperare del tempo durante la giornata o alla sera, di rientro dal lavoro, per occuparci di noi stessi. A volte bastano piccoli gesti per migliorare il nostro umore e la nostra salute, e quale buona occasione, se non l’autunno, stagione nel mezzo, né gelida ma nemmeno troppo calda, può insegnarci come ripartire col piede giusto, evitando di disperdere energie per canalizzarle positivamente in azioni concrete. Ecco, dunque, un mini progetto di ingegneria del buonumore.

Godersi gli ultimi scampoli d’estate per andare al mare. Avete letto bene. Chi dice che il mare debba essere frequentato solamente nei mesi estivi, con temperature di quaranta gradi, spiagge affollate, e con l’unico principale obiettivo di colorarsi la pelle? Il mare è bello tutto l’anno, a settembre, ottobre, novembre. Si tratterà solamente di viverlo in maniera diversa. Non potremo sostare in acqua quanto vorremmo poiché diversamente si incorrerebbe nel rischio di una prematura ibernazione. Non sarà necessario munirsi di ombrellone e di tutta la linea di solari di nuova generazione. Ma continuare a vedere il mare, calpestare la sabbia nella spiaggia semi-deserta, respirare il vento in silenzio, senza radio-baccano del vicino ombrellone, renderà meno traumatico il distacco da esso e ridurrà la “saudade” tipicamente settembrina. Dove andare? Beh, che colpe abbiamo se viviamo in Sardegna.

Munirsi di scarpe da trekking alla ricerca del mirto. Perché proprio il mirto, con tutta la flora di cui disponiamo? Innanzitutto è una delle piante tipiche del Mediterraneo, solamente pronunciare il suo nome fa pensare alla Sardegna e al liquore, ma la particolarità sta nelle sue bacche, di colore violaceo scuro, raggiungono piena maturazione in autunno. Tra novembre e gennaio avviene la loro raccolta, e gli appassionati, o chi ne ha fatto di questa pianta una ragione economica, non usa macchinari per questa operazione, ma adopera un pettine che delicatamente stacca le bacche, per non ledere le altre parti del piccolo arbusto. Se consideriamo che il più delle volte il mirto si ritrova in luoghi impervi e dunque è richiesto un leggero sforzo fisico, vedrete che al ritorno a casa vi sentirete rinnovati. Ovviamente non finisce qui. Ricordate il vostro obiettivo. Preparare il liquore per l’anno successivo.

Andare a far visita a Tiu Bobore. Tiu Bobore è quel vecchietto che vive solitario in una casetta alla periferia del paese, che inganna il tempo sfogliando vecchi libri di poesie in sardo e si reca quotidianamente nella piazzetta principale per osservare i passanti, aprendo, con gli altri vecchietti, la danza delle berrittas. Fortunatamente la sua andropausa non lo ha reso isterico, ma, nonostante il tempo e la solitudine,  ha preservato un senso dell’humor e una memoria invidiabile. Ti ci perdi nei suoi racconti di gioventù. Avete mai provato ad osservare Tiu Bobore da vicino? Rughe ben definite, solchi di una vita che tentano di tappargli la vista, ma con degli occhi vispi e luminosi, e un sorriso contagioso a cinque denti. Quante volte abbiamo pensato potesse essere pesante e noioso trascorrere del tempo con lui, oramai a un passo verso la fine. In realtà, senza accorgersi, è in grado di spianarti un passaggio per la vita. Divertimento assicurato!

Perdersi tra le Cortes Apertas. In Barbagia, durante l’autunno, vi sono 28 paesi che aprono le porte delle loro cortes. Non ci si annoia di certo in quell’entroterra che dicono sia perennemente isolato. Ogni week-end hai una vasta scelta di cose da vedere, di cibi da assaporare, di storie da vivere. Non facciamo gli snob. Non è vero che sappiamo tutto e vi sono proposte ripetitive. In realtà ogni volta trovi un angolino nascosto che non avevi esplorato l’anno precedente, incontri nuove persone, memorizzi altri aneddoti paesani e torni a casa ricolmo di sacchetti di ricordi. Quanto è bello, peraltro, vedere come si adopera il paese per organizzare gli eventi. Nelle cortes trovi di tutto, dall’artigiano alla massaia che produce in casa la marmellata di more e di fichi, i cui frutti sono stati raccolti rigorosamente nelle nostre campagne. E il sapore? Non è certamente uguale alla marmellata del supermercato.

Vendemmiare e bere un goccetto. La vendemmia è un rito, una festa, un forte momento di socializzazione della comunità. E’ vero, in Sardegna non tutti hanno la fortuna di vivere in collina o a un’altitudine comoda per le piantine di vite. Ma basta spostarsi di qualche chilometro per parteciparvi e capire come un tempo, i nostri antenati, facevano la vendemmia. Ci sono dei paesi che hanno mantenuto questa usanza e producono dei vini di tutto rispetto, competitive oggi, sul mercato, con le storiche cantine italiane e francesi. Il vino sardo ha delle caratteristiche differenti, coriaceo come la terra da cui deriva. Quindi, non pensereste per caso di poter esagerare con le dosi? E’ sufficiente un goccetto (ho detto uno), del vino già prodotto, per ritrovare il buonumore.

Mettere le mani in pasta. Con questo non intendo dire che dovreste trovarvi incastrati in situazioni dalle quali difficilmente riuscireste a districarvi, ma semplicemente impastare, cioè fare il pane, i dolci, insomma far lavorare bicipiti, tricipiti e avambracci. E qui potrebbe volare la fantasia, poiché, come saprete, la Sardegna ha una gamma infinita di pane e dolci tipici. Cambiano le forme, gli ingredienti, ma la sostanza è la stessa: l’arte dell’impasto. Bisognerebbe provarci, la soddisfazione nell’aver realizzato vostre creazioni sarà enorme. Non prendeteci troppo gusto però, perché a dei bicipiti scolpiti potrebbe corrispondere un incremento ponderale dovuto alla massa grassa, e infine bye-bye buonumore.

Scoprire nuovi siti nuragici. Esatto. Scoprire. Di questi tempi, pare di vivere un periodo di Rinascimento sardo, i Giganti di Mont’e Prama sembra abbiano smosso la chiave di volta e, dalle nostre parti, con una cadenza mensile, non si fa altro che riportare alla luce diversi siti nuragici. E non bisogna essere archeologi o professionisti. Certamente gli studiosi sono le persone adatte per trovare collegamenti storici e svelare i misteri che ancora ci avvolgono, ma può anche capitare che accidentalmente, guarda un po’, in quel week-end nel quale sei riuscito a liberarti e goderti il posto in cui vivi, inciampi in un sasso, apparentemente tale, e poi scopri che lì ci vivevano i nuragici. I nostri antenati non erano sprovveduti, hanno scelto, per vivere, dei punti precisi, alberi secolari, vista mare, e un’energia nel luogo che ti fa accapponare la pelle. Sei ubriaco di vita, il cattivo umore è ormai un ricordo.

Raccogliere funghi. Ecco i frutti della terra che rendono felici numerosi appassionati raccoglitori. I funghi! Ma toglietevi dalla testa funghetti come chiodini o prataioli, qui stiamo parlando di sua maestà porcino. E’ vero, in quanto facente parte della casa reale, è parecchio esigente. Richiede il tempo giusto, ama il sole, ma poi lo tradisce con la pioggia e ha bisogno del vicino albero che lo alimenta. Tuttavia, se becchi l’annata giusta, delizia la tua tavola e fa il baffo a suo cugino, il tartufo del Piemonte. Dovete avere un po’ di pazienza però, è molto delicato e se decidete di essiccarlo per riporlo tra le provviste invernali, non bisogna mai dimenticarlo all’aria aperta, rischiereste il proliferare di muffe. Consiglio. Ricordatevi di disperdere le sue spore per permettergli di crescere ancora, e soprattutto, cosa molto importante, non svelate, per nessuna ragione, il luogo dove li avete trovati, quello è un segreto, rischiereste un’invasione di Campidanesi che farebbero piazza pulita. 

Provare l’arte della tessitura. Ecco un modo per ricollegarsi alle nostre origini remote. L’arte tessile in Sardegna è molto antica e il lavoro al telaio ha costituito per secoli una importante integrazione all’economia della famiglia, in particolare nella società agro-pastorale. Con essa si producevano le coperte per l’inverno, i tappeti, gli arazzi, i collari per i buoi e le bisacce. E’ un lavoro principalmente femminile e ancora oggi esistono numerose realtà che resistono, nonostante gli inciampi della crisi, creando dei prodotti al passo coi tempi. Inizialmente vi troverete in imbarazzo, ma provate a chiedere a queste signore di insegnarvi l’arte tessile o mostrarvi come si svolge il loro lavoro,  saranno ben felici di trasmettervi i loro saperi. Non pretenderete mica di produrre la linea completa di tappeti per l’emiro appena sbarcato a Porto Cervo! Ma è comunque un’attività che incanta e sarà divertente trovarvi ingarbugliati all’interno di fili colorati. Poco male, vi fareste per davvero delle grasse risate.

Preparare i carri per Carnevale. Cosa c’entra il Carnevale in questo periodo? Ebbene si, non tutti sanno che molti luoghi della Sardegna vivono questa festa come in Brasile, e dunque si progetta con largo anticipo quali travestimenti andranno a costituire la sfilata. Mi è giunta voce che in alcuni paesi, già ora, si svolgono degli incontri settimanali per la costruzione dei carri. Non per tutti è così chiaramente, in alcune zone si è persa questa tradizione, ma il fatto stesso che esista ancora un tale fermento, riempie l’aria di effervescenza. Non resta che farci trasportare da queste sensazioni e appena abbiamo occasione, partecipare, progettare, costruire il nostro travestimento. Una volta all’anno quella maschera, diversa dalla nostra, la possiamo pure indossare!

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