Nel suo volume La musica è leggera (Milano, Il Saggiatore, 2012) Luigi Manconi, alle pagine 75-76 scrive: «Le nostre rappresentazioni [teatrali e musicali giovanili, anno 1966] erano affidate alla Compagnia di ventura e al Gruppo della canzone nuova, che poi erano sempre gli stessi: cioè noi. Ed eravamo così “noi” che mia sorella minore, Anna, alternava serenamente la sua assidua presenza nel coro polifonico San Pio X diretto da don Leonardo Carboni, alla partecipazione alle rappresentazioni teatrali da me organizzate. E, in effetti, io facevo un po’ di tutto (compresa la lettura di brani di Ionesco, Beckett e Brecht): in particolare, l’autore e regista, affidando ad altri le parti quasi sempre sovrapposte di attori e cantanti. […] E così Fiorentino Pironti divenne uno dei chitarristi (l’altro era Antonio Arcadu) della nostra compagnia. Utilizzando per le prove i locali del dopolavoro ferroviario, la sala parrocchiale e i garage messi a disposizione da genitori condiscendenti, allestimmo e mettemmo in scena alcune rappresentazioni musical-teatrali (Questa brutta guerra non è finita, Noi la chiamiamo pace, Questa è una storia, La guerra, Lo sciopero, La fatica, Il Vietnam, La pace…), che ottennero un notevole successo di pubblico e di critica (quest’ultima, per la verità, assai amichevole e compiacente). Arrivammo addirittura a partecipare a Cagliari a una sorta di rassegna della nuova scena teatrale isolana, promossa da “Rinascita Sarda” (rivista comunista assai vivace e intelligente, animata da Alberto Rodriguez e Giuseppe Podda), ottenendo l’onore di una grande foto in copertina».
Se leggiamo i nomi e i cognomi dei giovani impegnati in queste performance (Manconi li riporta a pagina 462 del libro, tranne due: Cadoni e Pelle), riusciamo a dare un nome completo, al di là dell’iniziale, a coloro che vengono citati da Sergio Atzeni in quello che, pubblicato su “Rinascita Sarda”, col titolo Se il bottone sarà premuto… (beat come protesta), nel numero datato 31 ottobre-15 novembre 1966, risulta essere il secondo articolo del precoce cronista (nato a Capoterra, Cagliari, il 14 ottobre 1952); il primo pezzo in assoluto (Le vie del Signore sono infinite, sulla Messa beat a Olbia) era uscito, sempre su “Rinascita Sarda”, nel numero datato 31 luglio 1966.
Citiamo dalla raccolta degli Scritti giornalistici di Atzeni curata da Gigliola Sulis e pubblicata in due densi volumi da Il Maestrale di Nuoro nel 2005 (cfr. pagina 396): «La miseria, la fame, il razzismo, la guerra, la violenza, il Congo, l’Angola, il Viet Nam, Cuba, Dallas nel Texas, San Domingo, il Mezzogiorno d’Italia, la Sardegna interna. […] Questi temi d’attualità cantano i giovani del folk-studio di Sassari, ed altre cose interessanti. Ballate piene di furore moralistico seguite da un pubblico di ragazzi sotto i vent’anni. Dentro, la verità…: cronaca poetico-musicale curata da Mario [in realtà, per quanto dichiarato sopra da lui stesso, si tratta di Luigi] Manconi. Ed i cantanti-attori G[iuseppe] Loddo, P[aolo] Cadoni, T[etta] Duce, G[iusi] Figari, G[ianni] Francioni, G[iovannino] Frau, V[anni] Pelle, P[aolo] Giganti, G. [dovrebbe essere, però, Anna] e L[uigi] Manconi, la bravissima Donatella Magnani. Ancora il chitarrista Fiorentino Pironti. Sono i giovani della “compagnia di ventura”. Dei sassaresi arrabbiati, ma santoddio, vivi e veri. Formano il Gruppo della Canzone Nuova e cantano, illustrano, mimano testi di Emilio Jona, Margot, Ivan Della Mea, Giorgio Gaber, Umberto Simonetta, Silvano Spadaccini [in realtà, Spadaccino], Mario Socrate, Bob Dylan, Joan Baez, sconosciuti autori popolari».
Come compagno di classe – al Liceo-classico “Azuni” di Sassari – di Manconi ma anche di Loddo, di Pelle e del compianto Giganti, comprai anch’io a suo tempo il numero di “Rinascita Sarda” ricordato da Manconi e in cui comparve il secondo pezzo giornalistico di Sergio Atzeni. Ma chissà dove è finito il fascicolo nel trasloco da Ploaghe a Milano e poi in Oltrepò pavese!
Per fortuna, la Biblioteca di Area Giuridico Politologica “Circolo Giuridico” dell’Università degli Studi di Siena possiede una significativa collezione del quindicinale sardo e così, grazie alla cortesia del dott. Alessandro Giunti (che vivamente ringrazio), è possibile far vedere la pagina (che è l’ultima) del numero del periodico in cui uscirono il pezzo di Atzeni e quattro foto (musicisti e pubblico) relative alla manifestazione.