di Sergio Portas
Parecchi turisti in più quest’anno in Sardegna, sicuri complici i tagliagola dell’autoproclamato “Califfato” e le bombe con la loro targa che giornalmente deflagrano dal Bosforo a Cartagine, rendendo poco sicure le spiagge nord-africane. E persino Sharm e tutto il Mar Rosso risente dei botti di tritolo che fanno del Sinai terreno per turisti temerari e un poco incoscienti. Sia come sia la nostra “isola senza fine” (copyright la regione Sardegna) pare avviata a una nuova riscoperta. A Milano, presso i chiostri di San Barnaba, la regione Sardegna con le città di Cagliari e Iglesias, l’Anci Sardegna e l’immancabile (di questi tempi) marchio dell’Expo, hanno messo su una quattro giorni titolandola: Sud Sardegna, Gusto Autentico. E hanno fatto bingo! C’era da degustare vini e prodotti gastronomici tipici del Cagliaritano e del Sulcis Iglesiente. Anche il gruppo folk Pilar di Villamassargia, le donne in costume con lo scialle celestrino che le riporta tutte a madonnine spagnole. Ma è stato il venerdì che, a mio avviso, i responsabili dell’evento sono riusciti a ricreare un mix quasi perfetto tra “slow cooking” (cucina spettacolo?), “finger food” (si mangia senza posate), vini tipici di Dolianova e le performance musicali di due artisti cagliaritani di caratura internazionale: Anna Tifu al violino e Romeo Scaccia al pianoforte. Il tutto locato tra i chiostri benedettini con l’edera rampicante che ne accentua l’arco acuto e una serata tiepida che aiuta a non disperdere odori e sapori. Insomma come ha ben spiegato Barbara Argiolas, una delle sei donne (su dieci) che il sindaco di Cagliari Massimo Zedda ha voluto per l’assessorato alle politiche per lo sviluppo economico del comune, quanto di meglio possa offrire una terra di infinita magia per affascinare e incuriosire chi ancora di lei non avesse contezza compiuta. Che si propone di usare alla bisogna il linguaggio più correttamente politico possibile, lo stesso che fa incolonnare centinaia di migliaia di persone ogni giorno ai cancelli dell’Expo meneghina: prodotti genuini della terra a filiera corta, possibilmente biologici e senza chimica, paesaggi (qui esibiti in cartelloni che fanno da corona ai chiostri medievali) che dicono di torri nuragiche e tombe di giganti, di case di fate siti vicino a pozzi d’acqua sacra, castelli dai nomi fantasiosi, tipo Gioiosa Guardia a Villamassargia, che vide Brancaleone Doria combattere per la casa d’Arborea. E ancora miniere dismesse a picco su di un mare blu cobalto, chilometri di spiagge finissime a due passi dal centro cittadino (leggi Poetto). A far da ambasciatori della cultura cagliaritana dell’oggi due geni che si sono formati nel suo conservatorio: il Pieluigi da Palestrina e che oramai da decenni coi loro strumenti girano per il mondo, unico palcoscenico abbastanza vasto a contenere un talento musicale che non viene solo dallo studio e dall’applicazione, qui è il DNA che gioca un ruolo decisivo. Si può definirli come cagliaritani “atipici”, Romeo nasce addirittura ad Addis-Abeba, Anna deve il suo cognome (comunque in “u”) a babbo Mircea, già violino di spalla alla Filarmonica di Bucarest e oggi all’orchestra del teatro comunale di Cagliari da oltre trent’anni. Romeo ha un accento “casteddaiu” di origine controllata, Anna se l’è scampata chè per suonare il violino ai livelli di oggi deve aver iniziato a fare su e giù dall’isola fin da piccina (il maestro era Salvatore Accardo). Sull’immancabile “You Tube” la si può ammirare già a otto anni, scarpe da ginnastica nere, che ammalia il pubblico del Concorso Vittorio Veneto nel ’94, suonando un pezzo di Pugnani Kreisler, vien giù il teatro dagli applausi e lei neanche l’accenno di un sorriso, fa solo gli inchini di rito. Quattro anni più tardi, a dodici anni, suonava per la prima volta alla Scala di Milano. A quindici si diplomava con lode e menzione d’onore al Conservatorio cagliaritano. Da qui sarebbe solo uno sterminato elenco di premi ed esibizioni in solitario e con le massime orchestre mondiali. Qui a Milano, in abito da sera scuro che sfoggia una fibbia di cintura “importante”, suona un violino Stradivari denominato “Maréchal Berthier”, un tale che ha seguito Napoleone nei suoi successi planetari, dal Manzanarre (proprio in Spagna pare che sia stato “trovato” allora il violino) al Reno. Costruito con legno tirolese nel 1716, più compatto per la “piccola glaciazione” che caratterizzò il clima di quel periodo, l’effetto serra ancora non pervenuto, gli alberi crescevano meno in altezza ma con un peso specifico maggiore, mai più verificatosi in natura. Da meravigliarsi non ci sia una guardia giurata che sconsigli i malintenzionati nel tentare uno scippo che vale almeno quattro milioni di euro. E’ la fondazione Dal Col che lo presta all’artista visto che, come una casa che non venga abitata, anche questi strumenti hanno la necessità di essere suonati spesso, se non vogliono perdere la loro musicalità straordinaria. E come lo suona Anna Tifu, al chiarore delle stelle milanesi, miracolosamente presenti e curiose, la sua è una prestazione di natura angelica, che generosamente stasera si concede di dialogare col suono luciferino del pianoforte di Romeo Scaccia. Anche la sua carriera meriterebbe lo spazio che non ho, la laurea con lode a Cagliari, il perfezionamento a Saluzzo, poi a Budapest al “Ferenc Listz”, la specializzazione in pianoforte composizione e arti multimediali presso lo Sweelinck Conservatorium di Amsterdam e presso la Berklee College of Music di Boston. Anche lui ottiene riconoscimenti prestigiosi fin da giovanissimo, con premi in campo nazionale e internazionale. Costantemente alla ricerca di nuove forme espressive, precursore nell’uso dei computers e sintetizzatori, da ricordare almeno il primo concerto on-line al mondo che progetta nel 1999 a Macerata: quattro pianoforti Disklavier dislocati in diverse città d’Europa (Londra, Amsterdam, Cagliari e Macerata) ed esecuzione dal vivo con il pianoforte e le Cpu tramite software proprietario e “streaming web livecast” dell’evento. Si esibisce in concerti in tutto il mondo, suona con i massimi artisti viventi, riscuotendo successo planetario. Lavora a Los Angeles presso la prestigiosa American Film Institute come compositore di colonne sonore per produzioni cinematografiche. Nel 2005 compone ed orchestra la colonna sonora del film “La Grazia”, film muto del ’29 tratto da una novella di Grazia Deledda diretto da Aldo De Benedetti ( i 70 elementi dell’orchestra del teatro lirico di Cagliari ne fanno un’interpretazione strepitosa). Duettano Anna e Romeo, si lanciano messaggi di note di artisti famosi, e suonano anche musica composta da Scaccia, un tango, e poi ancora Bizet e le note immortali della Carmen. Li staresti a sentire finché l’alba, stemperando la magia della notte, li riportasse a comuni mortali, non a esseri di un pianeta diverso, dove la lingua è magia condita di tasti d’avorio e archetti celestiali. Ti fanno fin scordare le pietanze generosamente offerte e magistralmente cucinate coi prodotti delle cooperative sarde di Selargius e Villamassargia. Non il Dolì delle cantine di Dolianova, colore giallo paglierino con tenui riflessi verdolini, profumo intenso fresco e fruttato di fiori bianchi con leggere note di mandorle, sapore vivace morbido e fruttato. Al terzo bicchiere ne ho perso la conta. Forse qualcosa di più si sarebbe potuto fare per sottolineare i pregi dei componenti la cucina dei piatti offerti, c’erano sì depliant che dicevano del cappero selargino, degli olivicultori del Parteolla, persino dei formaggi della cooperativa agricola “L’Armentizia Moderna” di Guspini (mio preferito il Montibecciu, pecorino stagionato dal sapore deciso). Ma bisogna dare il giusto merito a Barbara Argiolas (mi dice che viene da Sanluri) che ha diretto la regia dell’evento: d’accordo aveva nel suo arco frecce che mai mancano il bersaglio, se scagliate con la giusta professionalità: due artisti di vaglia e di un fascino non comune,un chiostro medievale sotto un cielo di ste
lle estive, cibi e vini prelibati della Sardegna: un’isola davvero senza fine.