di Angelo Deiana
Daniele Conti e il Cagliari, il Cagliari e Daniele Conti, una storia lunga 16 anni e destinata a non finire mai. Una storia fatta di “sogni e passione, di lacrime e sudore, di tante gioie ma anche tanti dolori”. Più semplicemente una storia d’amore. L’ex capitano rossoblù ha dato l’addio alla squadra con cui ha giocato 464 partite e segnato 51 gol, battendo quasi tutti i record e diventando, come ripete con orgoglio l’idolo “di un intero popolo”. “La maglia del Cagliari è la mia seconda pelle”. Dal 31 maggio scorso, giorno in cui ha salutato il calcio, ha pubblicato una commovente lettera di ringraziamenti e saluti, dopodiché il silenzio. Il silenzio è stata una costante nella carriera di Conti: “Ho sempre preferito dimostrare con i fatti e non con le parole”. Ma ora, in esclusiva per Gazzetta.it si è concesso una lunga chiacchierata: “Adesso ho tempo… Ormai faccio il papà a tempo pieno. E’ una cosa che mi rende felice dopo tanti anni di sacrifici.”
Daniele Conti, ma quindi ha detto proprio addio o pensa di continuare a giocare a calcio? “Ancora non lo so. Se dovesse arrivare un’offerta dall’estero ci penserò. Ma solo dall’estero, in Italia non giocherò più, perché la mia squadra è il Cagliari e non so vedermi con altre maglie addosso.”
Come si è sentito quando la squadra si è ritrovata per la preparazione? “E’ difficile dirlo. Dopo 16 anni si sente la mancanza del campo. Ma la mia famiglia mi è stata vicino. E quando si sente che è arrivato il momento è giusto lasciare.”
Che impressioni dopo la prima partita del Cagliari? “Hanno costruito una grande squadra che ha tutte le carte in regola per vincere subito il campionato. Auguro alla squadra di tornare dove il Cagliari si merita: in Serie A. Il mix tra i giocatori rimasti e l’inserimento dei nuovi è perfetto. Faccio i complimenti alla squadra.”
Molti si chiedono ancora perché non ha giocato l’ultima partita… “Non me la sentivo. Per me è stato un anno massacrante, amo troppo il Cagliari e dopo una stagione così si sta male. Soprattutto perché sapevo già che avrei smesso e il pensiero di chiudere con una retrocessione mi ha distrutto. Ho sempre messo l’interesse della squadra davanti a tutto, e anche in quella giornata è stato così. Eravamo retrocessi e non volevo si facesse una festa per me. Non mi piace mettermi in mostra. Ho preferito fare solo il giro di campo finale per abbracciare tutti i tifosi e ringraziarli.”
Quando ha capito che era arrivato il momento? “A metà anno. Sono stato subito sincero con il presidente e gli ho detto che avrei smesso. Ho dato la mia disponibilità per un ruolo in società ma non mi hanno più detto niente…”
Avete più parlato di futuro? “Parlato sì, ma non c’è mai stato nulla di concreto. Dall’ultima partita della stagione scorsa non si è più fatto sentire nessuno…”
Zeman ha influito sulla sua decisione? “A me piace sempre vedere le mie responsabilità. E io so che avrei potuto fare di più, così come lui avrebbe potuto agire diversamente in molte circostanze. Le cose sono andate male con Zeman ed è un fatto oggettivo. Il Cagliari ha sempre lottato per la salvezza e spesso ce la siamo conquistata anche mettendoci in 11 nell’area di rigore e soffrendo.”
Questa retrocessione come momento più brutto della carriera. Il più bello invece? “Il gol contro il Napoli nel 2010 è il più bello in assoluto che rilanciò la squadra dopo un momento difficile. Non lo dimenticherò mai, anche perché erano anni che i tifosi del Cagliari non facevano un coro per un giocatore. E sentirli cantare per me mi fa ancora emozionare.”
A Cagliari ormai è considerato un idolo al pari di Riva, come ci si sente? “Mi fa piacere, ma so che il paragone è esagerato. Lui è unico e inarrivabile.”
I compagni di viaggio di un’intera carriera, chi ricorda con più affetto? “Tutti, veramente. Ma con Agostini, Cossu, Pisano e Lopez c’è un legame fortissimo. Sono amici veri e persone che hanno amato il Cagliari quanto lo amo io. Abbiamo lottato e sofferto insieme.”
Totti e Zola? “Sono due campioni. Ma soprattutto due persone umili da cui prendere esempio. Da ragazzino vedere Totti mi ha fatto crescere. Giocare poi con Gianfranco è stato bellissimo. Anche quando è diventato mio allenatore abbiamo mantenuto un rapporto serenissimo e di rispetto.”
Sei stato capitano e bandiera di una squadra. Merce rara di questi tempi.. “E’ stato un onore per me essere il capitano non di una squadra, ma di un popolo. Ho sempre difeso il compagno in difficoltà. Ho parlato poco e fatto poche interviste, quando le ho fatte è stato per metterci la faccia nei momenti difficili. Non mi sono mai sentito una bandiera perché per me era naturale quello che facevo: amare il Cagliari. Per questo ho rifiutato ingaggi migliori, squadre più forti e tante altre cose. E il bello è che non mi è mai pesato e quando mi guardo indietro ora rifarei tutto, tranne qualche errore.”
Quali errori? “Quelli che so di aver commesso, e ce ne sono stati! Ma so che ogni volta che ho sbagliato l’ho fatto per amore del Cagliari.”
Resterà ancora a Cagliari? “Certo! L’ho sempre detto, per me è una scelta di vita. Sto bene qui, la mia famiglia sta bene qui e resteremo a Cagliari.”
Se dovessimo tirare un bilancio della carriera? “Mi ritorna in mente l’inizio. Essere il figlio di Bruno non è una cosa semplice. Appena sbagli tutti ti giudicano. Da lì ho preso la forza per dimostrare poi quanto valevo. Ero consapevole delle mie possibilità, e sono orgoglioso di non aver mai mollato. Ho parlato sempre in faccia, ma questo spesso nella vita non ti aiuta, anzi. Sono caduto e mi sono rialzato, ammettendo anche i miei errori. Ed ora sono contento di essere entrato nella storia del Cagliari.”
Progetti per il futuro? “Prenderò il patentino da allenatore, poi si vedrà. A parte il calcio so fare poco… (ride, ndr)”.
Come vedi il calcio di oggi e la Serie A? “Finalmente nel nostro campionato si è tornato ad investire, c’è stato un bel calciomercato e si è puntato sui giovani. La cosa più urgente è cambiare tutti gli stadi, rinnovarli, avvicinarsi al modello inglese e portare i bambini a vedere le partite. Così non va.”
Pronostici per il campionato? “La Juve resta avanti. Hanno perso Pirlo, Vidal e Tevez, ma la mentalità è sempre quella vincente. Poi, la Roma di Dzeko.”
Che effetto fa vedere Totti un po’ ai margini? “Totti è un grande campione. Lui sa benissimo che ha una certa età e che non può più giocare 40 partite. Anche Garcia dovrà dosarlo. Ma Francesco quando avrà occasione dimostrerà ancora il suo valore.”
Intanto i suoi figli crescono nel settore giovanile del Cagliari… “Sì, sono tifosi rossoblù anche loro. Non gli dico mai cosa devono fare in campo. Devono solo divertirsi per ora.”
Non è che il nonno li porta alla Roma? “(Ride) No, stanno bene qui.”
Un ringraziamento in particolare? “Ringrazio tutti i tifosi che mi sono stati vicini in questi 16 lunghi anni. E quelli che lo fanno ancora, perché la meraviglia di Cagliari è questa: sentire l’affetto della gente per strada. E poi ringrazio di cuore tutti quelli che mandano avanti la società e a cui spesso nessuno pensa: i fisioterapisti, i dottori e soprattutto i magazzinieri. Loro lavorano con il cuore e con la passione.”
Un consiglio per i giovani? “Restare sempre coi piedi per terra e usare la testa. Non bastano due partite per essere campioni. Se vuoi costruirti una grande carriera servono testa e sacrificio. Il campione vero lo vedi negli anni…”.
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