“BUONA SCUOLA”, IL DRAMMA DI CARLA: INSEGNANTE SARDA CON DUE DISABILI A CARICO, ASSUNTA A BERGAMO


di Francesca Mulas

È meglio la disoccupazione oppure un posto di lavoro a tempo indeterminato ma lontano, lontanissimo da casa? È questo il dilemma dei tanti insegnanti precari sardi che nei giorni scorsi hanno ottenuto una cattedra fuori dall’Isola con il nuovo piano di assunzioni del Governo. Se poi in famiglia ci sono i figli e pure due disabili gravi da accudire la scelta non è solo difficile, è drammatica. Carla, 44 anni, cagliaritana, due bimbi all’asilo e due parenti con seri problemi di salute di cui occuparsi, non ha per ora una risposta: secondo il Ministero dell’Istruzione a giorni dovrà volare verso Bergamo, lì la attende un posto da insegnante in una scuola media. Prendere o lasciare, nessuna via di mezzo: se Carla (non sveliamo il vero nome per tutelare la privacy sua e dei suoi familiari) dirà di sì avrà il lavoro per cui ha studiato (e lavorato), una vita a costo di disagi infiniti, se rinuncerà sarà espulsa dalla graduatoria, chiuso per sempre il sogno di una cattedra. Nessun dubbio sul suo futuro, come chiarisce una nota ben in evidenza sul sito del Ministero: “Chi rinuncia alla nomina è automaticamente escluso dalle fasi successive ed è cancellato da tutte le graduatorie in cui è iscritto”. “Dopo quattro anni di università, tre costosi anni di Scuola di Specializzazione per l’insegnamento e dieci di supplenze ho avuto finalmente una cattedra – ci racconta Carla. – Ma non avrei mai immaginato di trovarmi in una situazione tanto assurda: avevo un buon punteggio nelle graduatorie a esaurimento per la classe di concorso di sostegno alle scuole superiori, ho presentato la domanda per le assunzioni convinta che con il mio curriculum avrei trovato lavoro in Sardegna”. E invece le nomine ?rese note il 2 settembre scorso hanno portato una brutta sorpresa: un lavoro in provincia di Bergamo, per di più in una classe di concorso nella scuola media con il punteggio più basso, non alle superiori: “I posti per il sostegno in Sardegna ci sono, perché allora ci hanno assegnato a un’altra regione? Con me ci sono altre colleghe nella stessa situazione, anche loro precarie da anni, anche loro con un punteggio alto. Eravamo sicure che ne avrebbero tenuto conto”. Al paradosso poi si aggiunge l’ingiustizia: Car?la? si prende cura di due familiari in difficoltà e per questo beneficia della legge 104 del 1992, ovvero il sostegno garantito alle persone con disabilità: “Mia madre è disabile grave e mi occupo anche di un fratello che non sta bene. Se prima questo mi assicurava la possibilità di insegnare nella mia provincia, il piano di assunzioni della Buona Scuola non ha tenuto minimamente conto di una situazione personale che dovrebbe essere tutelata dalla legge. Non solo non potrò accudire i miei figli, ma dovrò stare lontana anche dai familiari che hanno bisogno della mia assistenza. Quando abbiamo presentato la domanda di assunzione ad agosto sapevamo che ci sarebbe stata la possibilità di essere assegnati fuori dalla nostra regione ma nessuno ci ha mai detto che anche i diritti basilari di ciascuno sarebbero stati ignorati”. Carla e con lei tanti altri colleghi precari della scuola sperano adesso in un nuovo provvedimento che rimetta a posto le cose: cattedre in mobilità o altre soluzioni che assicurino un rimedio a situazioni paradossali come questa. “Non sappiamo veramente che fare. Devo forse rinunciare al posto perdendo ogni speranza di lavorare in futuro? La cosa che fa più male è che in tanti ci accusano di voler rifiutare, di questi tempi, un lavoro a tempo indeterminato: certo, tutti noi abbiamo sognato di avere dopo tanti sacrifici una cattedra sicura ma non a queste condizioni. Quando molto tempo fa ho intrapreso il percorso per l’insegnamento, scelto non come ripiego ma per passione, le condizioni erano ben diverse: c’era almeno la sicurezza di lavorare nella stessa regione. Se accetto, poi, dovrò togliere dallo stipendio i soldi di viaggio e affitto, quanto mi rimane? La situazione è per me davvero drammatica: per ora accetterò il posto, ma con la speranza che in questi mesi si trovi una soluzione. Il sistema di assegnazione dei posti ha funzionato con un algoritmo che ha ignorato le persone e i loro diritti: per il Ministero siamo solo dei numeri”.

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