di Alessandro Carta
Anche un semplice diario, scritto nella cella di un carcere, può diventare oggetto-soggetto per continuare a mantenere la dimensione di uomo e, magari, nutrire speranza verso una legale libertà. Anzi, in certi casi, soprattutto nelle carceri di 50-70 anni fa quando ancora il tanto tempo libero dei reclusi non era coperto dalla Tv, solo la lettura, per chi sapeva leggere e scrivere, e il diario diventava l’avamposto ideale di quanto era stato lasciato fuori da quelle mura. Il diario era il confidente, lo sfogo, il confessore, lo specchio dell’intimo e, molto spesso, diventava l’alternativa ai tanti momenti di profonda crisi in cui il pensiero più ricorrente era di farla finita. Proprio la copia di uno di questi diari, rinvenuto impolverato dietro uno scaffale, è diventato il filo conduttore del libro “La rivincita di Tore”, scritto da Benvenuto Zandara e pubblicato da Susil Edizioni di Carbonia. A scrivere il diario in carcere è stato proprio Tore (personaggio immaginario, ma quasi reale sia pure sotto diverso nome) che dopo la sua riconquistata libertà per motivi che la lettura del libro rivelerà, l’ha abbandonato in una casetta di Serbariu, primo nucleo abitato della città di Carbonia. “E’ una mattinata come tante altre quella in cui Tore e Giuliano si incontrano all’alba, intenzionati a trascorrere una tranquilla giornata di caccia nella località Terrazzu. Appostatisi dietro un costone roccioso in attesa del passaggio dei tordi, chiacchieravano amabilmente del più e del meno stuzzicando pane e pecorino, ignari del fatto che di lì a poco le loro vite cambieranno per sempre. All’improvviso, infatti, avvertono uno sparo, e lungo la strada che si snoda sotto il loro rifugio scorgono il temibile esattore Frau, meglio noto come sciacallo, che si accascia grottescamente sul suo calesse. Un terribile equivoco e il disperato tentativo di uscirne travolgerà da questo momento in poi i due amici, conducendoli infine con un drammatico epilogo all’arresto e poi alla lunga detenzione nella lontana Cuneo. Ma per Tore che lascia nella sua terra la giovane moglie e due figli ancora bambini, il carcere non significherà solo sofferenza:proprio dietro quella sbarre infatti incontra la maestra Pina, che gli insegna finalmente a leggere e scrivere”. Il libro di Benvenuto Zandara racconta una storia d’altri tempi, quasi la trama di un vecchio film di quelli commoventi e carichi di pathos. E’ un libro, insomma, che si legge al massimo in due volte, tanto è appassionante la vicenda raccontata che, come già detto, trova spunto da un diario (immaginario o non) scritto tra le quattro mura dove Tore, cui non è mai venuto meno l’amore e il sostegno morale della moglie Rosa, ha trascorso una lunga detenzione. La sua unica evasione, mentale, era sapere la moglie e i figli irreprensibili in ogni circostanza, e il diario, Questo diario, nel tempo, era diventato tanto importante che anche il suo compagno di prigionia, che non sapeva leggere e scrivere, chiese a Tore di scrivere anche di lui. Sulle prime Tore esitò, trattandosi di qualcosa di intimo, ma poi accettò l’idea di includere in questa trama anche le vicende dell’estraneo, di cui, comunque, racconta solo pochi cenni, Và detto, comunque, che Tore è il protagonista numero uno, ma sua moglie non figura certamente da comparsa nella trama del libro. Rosa, infatti, si dette tanto da fare fino al punto di farsi raccomandare, attraverso i preti, presso una famiglia benestante piemontese presso la quale prestò i suoi scrupolosi servigi, ottenendo in cambio compenso economico, sostegno legale per il marito Tore e la possibilità di fargli visita assai di frequente. Sta di fatto che attraverso il patrocinio di questa nobile famiglia piemontese, Rosa è riuscita a dare una svolta alla vita del marito, il cui epilogo sarà bene farlo svelare dalla lettura del libro di Benvenuto Zandara. “Tutto procede per il meglio, conclude il libro. Di tanto in tanto ricevo la visita dei miei figli, mentre Rosa non manca mai all’appuntamento ogni quindici giorni. Giordano tra un anno sarà ordinato sacerdote, mentre Tommaso studia medicina all’Università di Torino”. “E’ bello! Anzi bellissimo rivedere dopo venticinque anni i luoghi in cui ho vissuto, ed è altrettanto belle rivedere le persone care con cui per molti anni ho condiviso gioie e dolori..”
Ciao Alessandro, um bello raconto. Complimenti
Scriverò in portoghese nel mio Blog.
Abbraccio dal brasil –
Lucinha Dettori
Un sentito grazie ad Alessandro Carta.
Benvenuto Zandara