INTERVISTA AL REGISTA GIANNI CESARACCIO, NUOVO TALENTO SARDO EMERGENTE: IL CORTO “NOI SIAMO IL MALE” PRESENTATO A ROMA

il regista Gianni Cesaraccio sul set de "Noi siamo il male"


di Bruno Culeddu

Tra i dieci film proposti il 3 giugno al Cinema Trevi dalla Cineteca Nazionale, per rappresentare i nuovi talenti della cinematografia sarda, ha bucato lo schermo e particolarmente colpito il pubblico: “Noi siamo il male” di Gianni Cesaraccio. Il cortometraggio racconta, con tinte noir, il dramma di un giovane prete esiliato in una remota chiesa di campagna a causa della sua perdita di fede. Qui cercherà di ritrovarla, anche grazie all’aiuto di sua sorella, ma le parole dette al momento sbagliato ad un uomo disperato lo condurranno ad una nuova condizione di orrore e disperazione. Le riprese sono state effettuate nella chiesa di Nostra Signora di Bonaria, a Osilo, gli esterni sul colle che ospita il santuario. L’inquietante e disperato  personaggio che fa precipitare la situazione è magistralmente interpretato da Antonello Grimaldi, affermato regista di “Caos calmo” e “Un delitto impossibile”. “Noi siamo il male” è stato selezionato al Rome Independent Film Festival, importante vetrina internazionale del Cinema indipendente, e si appresta ad essere presentato in altre manifestazioni, comprese quelle promosse dalla FASI e dai suoi Circoli.

Gianni Cesaraccio, nato a Sassari, si laurea al DAMS Cinema di Bologna con una tesi su Takeshi Kitano. Successivamente frequenta un master avanzato di scrittura cinematografica a Roma, lavora sul set di diversi film, partecipa all’organizzazione di alcuni grandi festival internazionali, e gira diversi videoclip, format Tv e  cortometraggi in gara a vari festival nazionali. Attualmente è impegnato in diverse sceneggiature per vari lungometraggi, nello sviluppo di documentari e serie per il web. Cesaraccio ha indubbiamente esordito nella regia con un’opera destinata a lasciare il segno.  Per conoscerlo meglio abbiamo voluto rivolgergli alcune domande, ringraziandolo per la calorosa disponibilità:

Classica prima domanda: chi è Gianni Cesaraccio? Ottima domanda! Credo che Gianni Cesaraccio sia principalmente un grande appassionato di cinema, forma d’arte che rispetta e adora in tutte le sue forme. Sono sempre stato una persona normale ma con la necessità di trovare un posto nel mondo e di provare a raccontare delle storie, tentando di interpretare il mondo stesso. Comunque, per ora Gianni Cesaraccio è un autore incompleto, con tante lacune che sta tentando di colmare attraverso il lavoro.

Da dove nasce l’idea di “Noi siamo il male“? L’idea di “Noi siamo il male” nasce a Roma, all’incirca sei mesi prima della realizzazione delle riprese. Erano passati alcuni anni dall’ultimo cortometraggio realizzato e sia io che l’attore protagonista Marco Bullitta (eravamo compagni di banco alle Magistrali di Sassari, ormai venti anni fa) avevamo una grande voglia di affrontare una nuova avventura. Ci siamo così messi a pensare, a sognare una storia che parlasse di qualcosa che sentivamo caro, e così è venuta fuori l’idea di raccontare la storia di questo prete.

Cosa ha comportato passare dalla sceneggiatura alla regia? A dire la verità “Noi siamo il male” non è la mia prima regia, ma è senz’altro vero che il lavoro sul quale mi sono più concentrato negli ultimi anni è stato quello della scrittura. Però la regia è una cosa che mi porto dentro dall’inizio, da quando ho capito che avrei voluto fare cinema perché, principalmente, “vedevo” le storie. Ho sempre avuto la capacità di chiudere gli occhi e vedere le cose, quasi le inquadrature. Forse è una cosa che hanno tutti, non lo so, ma per me era talmente importante da volerla trasformare in un lavoro. Poi, fare la regia vuol dire tutt’altro: saper interagire con una troupe, avere la loro fiducia, far dare il meglio possibile agli attori, mantenere la lucidità e la “visione” dopo 10 ore di set…

Lei ha iniziato il percorso da regista con un’opera noir e drammatica. Quanto sono contate le sue esperienze di sceneggiatore? Devo dire che anche mentre scrivo tendo a non lasciare tutto neutro, ma anzi a dare precise indicazioni di immagini, pur senza scrivere “primo piano, piano americano” ecc. Però senza dubbio la cosa che mi riesce meglio (ma i miei amici co-sceneggiatori mi dovranno confortare su questo) è la scrittura dello spazio, delle immagini, dei movimenti. Mentre sui dialoghi, per esempio, sono conscio di dover imparare ancora qualcosa… dovrei leggere di più!

Come è stata la collaborazione con Emiliano Longobardi, noto autore di fumetti? A cosa vi siete ispirati nello scrivere la sceneggiatura? Il lavoro con Emiliano è stato divertente, ispirato e coinvolgente. Ci piacevano le stesse cose e, nel pur poco tempo a disposizione, credo che siamo riusciti a tirar fuori quello che volevamo. Come detto, lo spunto iniziale era nato con l’attore Marco Bullitta, poi quando sono tornato a Sassari da Roma ho deciso di coinvolgere Emiliano perché ci conoscevamo da tanto, mi piaceva molto il lavoro che stava facendo e avevo voglia di sperimentare un progetto quasi interamente sassarese. Abbiamo scritto tre versioni diverse del corto, anche perché rispetto all’idea iniziale non siamo riusciti a trovare un prete che ci concedesse una chiesa in uso… poi, grazie allo scenografo Federico Maugeri, abbiamo trovato questa meravigliosa chiesa abbandonata, ce ne siamo innamorati e abbiamo deciso di modificare la storia in funzione della location. Credo di aver fatto la scelta corretta, comunque: l’ultima stesura era senz’altro migliore della prima!

Come è stato guidare e dirigere un regista del calibro di Antonello Grimaldi? A dire la verità è stato facile, perché lui è stato bravissimo fin dalla prima prova e non ha mai tentato di interferire con le mie scelte. Se il corto è venuto bene è senz’altro molto merito suo, che ha portato credibilità e forza al personaggio. E che si è adattato ad un set piccolo e intimo come il nostro con grande naturalezza, portando buon umore e simpatia.

C’è qualche aneddoto inerente le riprese? Ce ne sono sicuramente tanti: è stato un set molto divertente su cui tutti hanno dato il massimo con grande profitto. Poi ci sono cose che non puoi controllare: nella sceneggiatura, alla battuta del protagonista che si guardava intorno dicendo “In fondo qui non mi dispiace” doveva seguire un’inquadratura sullo splendido tramonto che si può scorgere dal colle. Peccato che nel giorno in cui abbiamo girato il cielo ha deciso di farsi cupo, di nascondere il tramonto, così in montaggio abbiamo dovuto utilizzare un altro attacco e riciclare l’inquadratura del tramonto altrove…

La decisione  più facile e quella  più difficile durante le  riprese e nelle altre fasi di realizzazione del film? La decisione più facile è stata quella della scelta del protagonista: la storia era nata da lui, non poteva che concludersi con lui. La più difficile è stata quella di tagliare una scena sul finale: Marco e Giada (Romagnoli, coprotagonista del corto) erano stati veramente bravissimi, ma si è deciso di non inserirla per dare più compattezza al cortometraggio.

Ha ringraziamenti da fare? Ho mille ringraziamenti da fare! Dai miei genitori a Rosanna Castangia che hanno creduto nel progetto, da Manuela Pala che mi ha dedicato mesi di lavoro a tutta la troupe che ha lavorato gratuitamente. Sono stati in tanti ad aiutarmi e spero a breve di poter rendere loro il favore, coinvolgendoli in nuovi progetti più ampi e meglio finanziati.

Quali sono i suoi registi preferiti? Qualcuno l’ha influenzata in modo particolare durante la sua formazione? Domanda difficile. Sicuramente posso citare Takeshi Kitano, il regista a cui ho dedicato la mia tesi di laurea al DAMS e che ho avuto la fortuna di conoscere, seppur brevemente, a Venezia. Ma sono un grande fan dei registi contemporanei del cinema indipendente americano, del cinema orientale, del cinema italiano degli anni ’50 e ’60… è difficile scegliere!

Quali sono, per un autore indipendente, le possibilità di far conoscere il proprio lavoro in Italia? Sono poche, senz’altro, ma forse è normale che sia così. Stiamo vivendo un’epoca nella quale è molto semplice creare immagini ed è anche giusto che ci sia una selezione piuttosto severa. Però a mio avviso c’è, in Italia, un problema legato al rapporto tra cortometraggi e lungometraggi: i corti che ottengono più successo sono spesso poco cinematografici, se si trasformassero in lungometraggi non diventerebbero delle buone opere. Non è sempre così, ovviamente, ma mi piacerebbe che un produttore in cerca di “talenti” si soffermasse più a cercare di analizzare il linguaggio di un giovane autore piuttosto che la trafila di successi ai festival: spesso un ottimo corto non porta ad un buon lungo.

Progetti per il futuro? Sogni nel cassetto? Progetti e sogni direi che coincidono, per me! Sto scrivendo tante cose: lungometraggi, cortometraggi, documentari, serie per il web. Alcuni progetti stanno ottenendo l’attenzione di ottime case di produzione, ma è ancora presto per capire dove si andrà. L’unico grande progetto/sogno è quello di fare del cinema la mia vita, una volta per tutte.

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4 commenti

  1. Emiliano, Marco, Rosanna, Manuela, Federico, Giada si parla anche di voi, ma implicitamente anche di Beppe, Gianfranco, Edoardo, Elisa e tutti gli altri Emoticon wink

  2. Bravo Gianni Cesaraccio!e bravi tutti noi

  3. Complimenti! Per completezza dell’informazione vorrei aggiungere che il giovane talento sardo di cui si legge più sopra ha ricoperto il ruolo di Consigliere di Amministratore di un organismo pubblico che tanto ha fatto e sta facendo per lo sviluppo del cinema in Sardegna, parlo della Film Commission Sardegna, che ha avuto come vicepresidente proprio Rosanna Castangia che viene citata nell’articolo ed è ancora presieduta dal protagonista del cortometraggio, Antonello Grimaldi. E inoltre non dimenticherei il suo incarico per ben due anni fra gli organizzatori del Festival Internazionale del Film di Roma. In bocca al lupo per la selezione al Festival Internazionale del Film Indipendente di Roma. . Ancora complimenti per un giovane talento sardo emergente che con tenacia e l’aiuto delle sue sole forze riesce ad unire ciò che contraddistingue i sardi: la tradizione attraverso l’innovazione.
    Efisio Piras (Bergamo)

  4. Caro Efisio Piras, spero che il tuo intervento fosse venato di sarcasmo perché , basterebbe andare a vedersi le vicende degli ultimi anni e gli sviluppi giudiziari di questi ultimi giorni per capire che l’opinione sulla Film Commission da parte degli operatori del Cinema in Sardegna in Sardegna è tutto fuorché improntato su giudizi positivi ! Forse questo spiega perchè il giovane regista esordiente sorvoli sopra questa importante carica pubblica ricoperta in passato!

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