di Cristoforo Puddu
Francesco Sonis, poeta e appassionato cultore di storia locale, sta chiudendo il cerchio su tutte le tematiche anticipate nella sua prima raccolta lirica giovanile in lingua italiana, pubblicata dall’editore Fossataro nel 1976. Le diverse sillogi successive, ed ora con “MEMORARE Omaggio ai dimenticati” (Edizioni TAS Sassari) a cura di Salvatore Tola che ne scrive la presentazione, hanno costantemente sviluppato i temi di quella originaria “promessa di poesia” verso i luoghi dell’identità, con uno scavo nella rivisitazione partecipe delle tracce del passato, per rafforzare legami e comprensione del presente. Il lavoro di Sonis, conseguente alla sua ricerca storica sulla scomparsa del villaggio marmillese di Sitzamus, nella prima metà del ‘700, ripropone il dramma dell’abbandono e spopolamento dei piccoli centri; sorte comune per tanti villaggi rurali del passato e tema attualissimo di dibattito nella Sardegna d’oggi. Ogni poesia dà voce e racconta di una vita sconfitta da carestie, dalla peste, dai gravosi tributi feudali e dalla povertà endemica: una tragica Spoon River Anthology sarda e microstoria di “donne e uomini dimenticati” a cui rendere memoria e dignità umana. Gli eventi drammatici ed accadimenti di Sitzamus -frutto della rilettura attenta e analisi delle fonti che il Sonis storico ha attinto dai Quinque Libri, da Atti notarili, da cause civili della Reale Udienza e da svariati documenti custoditi nell’Archivio di Stato di Cagliari- rivivono attraverso versi vigorosi e coinvolgenti che toccano e segnano profondamente le corde della sensibilità. La lirica di Sonis rappresenta e rievoca Sitzamus non con freddi modelli topografici del territorio o miseri reperti provenienti dai focolari del villaggio, ma attraverso le storie personali di Angela, figlia spuria di Barbara Garau; dell’orfano Leonardo Juan, ucciso a cinque anni dalla fame; di Nanni Conja, Emerenziana Lechis, Eugenia Lochi, Rosa Atzeni, Milianu Garau e tutta “una misera comunità\ ingannata dalla storia\” come “mandrie di cavalli della Giara\ in fuga dall’altopiano\”.