di Donatella Garitta e Fulvio Ferrero
Sono un suo lettore; di Bruna Murgia ho apprezzato la forza delle immagini, la musicalità delle sue poesie e la capacità di caratterizzare i personaggi e i luoghi dei suoi romanzi. Aspetti che consentono di “entrare” e di “vivere” la/nella storia: una capacità rara che mi ha consentito di conoscere e apprezzare gli aspetti culturali, paesaggistici e sociali della Sardegna. Ho avuto il privilegio di presentare qui “Mille lire”: l’affresco di una famiglia sarda, o meglio, di donne del Basso Sulcis Iglesiente. Storia di una terra sfruttata, derubata dalle servitù militari. Libro forte in cui i personaggi sono descritti con efficacia, i profumi e la forza della Terra emergono e coinvolgono il lettore sul piano emotivo e razionale. Un romanzo in cui si evidenzia l’impegno civile, di ricerca di certezze che l’autrice mette in rilievo in tutte le sue opere….poi ricevo una mail ed eccomi qui a presentare il suo ultimo romanzo: “Nascondigli”. Stile di scrittura diretto, ritmo incalzante, scritto in prima persona con un linguaggio corrente in cui la protagonista insegue con caparbietà la conoscenza della verità. Il suo viaggio mi immerge in un mondo di suoni, colori e profumi assolutamente unici in una cornice di tempo sospeso che è possibile afferrare e trattenere. L’autrice ha saputo costruire con destrezza l’intreccio e i dialoghi del romanzo e li gestisce con disinvoltura. I protagonisti svelano poco per volta la trama dei nascondigli in cui ognuno ha fatto propria una verità soggettiva e parziale, in un labirinto che si dipana come in un giallo e i fatti si intersecano con i ricordi, alcuni dei quali sopiti inconsapevolmente, e si aprono su strade senza uscita in cui è possibile ritrovare ulteriori segnali contrastanti. Bruna usa il labirinto e gioca con il lettore. Scopre le carte via via che Laura, la protagonista, cerca di dipanare l’intrigo. E intanto si muove tra i nascondigli del suo passato alla ricerca della sola verità che vuole conoscere. Un libro ben scritto per raccontare una storia che affascina, che conduce al mistero della figura leggendaria de sa bruxa, la civetta. Figura fantastica che nella mitologia greca è un uccello caro ad Atena, dea della sapienza, capace di penetrare il buio e purificare la luce delle tenebre; in “Nascondigli” è “Sa confessora”, detentrice di verità scomode custodite con la consapevolezza della forza della superstizione che, a tratti, sembra avere la meglio sulla razionalità della protagonista. Il libro è scritto tra la Sardegna e Torino, in un viaggio di andata e ritorno, in cui l’autrice conserva intatti gli aspetti della sua cultura ed evidenzia con maestria la capacità di valorizzarla e farla conoscere ad un pubblico attento. Unitamente a Donatella Garitta, vice presidente dell’Associazione Carta e Penna, di cui l’autrice ed io siamo soci, con l’interazione del pubblico abbiamo intervistato l’autrice, che ha vinto, in qualche momento, la sua naturale timidezza e le abbiamo chiesto:
Il sogno per la protagonista del romanzo è quasi un’ossessione, cos’è, invece, per te? E’ il desiderio continuativo di un progetto da realizzare, un obiettivo da raggiungere, sempre diverso. Una costante che anima il mio modo di essere e consente di arricchirmi interiormente. Ogni pezzettino della mia esistenza porta con sé un sogno realizzato che si ammanta di quotidianità e si esplica nelle cose che faccio.
Come nascono le storie che racconti? Un’immagine che ritorna, un suono, un profumo che entrano nella mia mente e vi rimangono fino all’istante in cui mi metto davanti al PC e comincio a scrivere.
Mai avuta crisi della pagina bianca? No, fino ad ora no.
Quando hai capito che questo libro poteva essere scelto per la pubblicazione? Quando una giovane aspirante editor mi ha detto che la storia funzionava e poiché era una persona estranea, che non aveva alcun interesse a dirlo, neppure la preoccupazione di contraddirmi, poiché non ci eravamo mai neppure sentite – il racconto le era pervenuto tramite un amico comune –. Ho apprezzato la sua schiettezza, la sua capacità di analisi del testo e ho fatto tesoro delle sue parole. Non si incontrano molto spesso persone così competenti e oneste sul piano intellettuale.
È un piccolo editore, perché? Sono consapevole delle difficoltà presenti nel mondo dell’editoria per cui non l’ho neppure inviato ad un editore importante. Per me scrivere resta una formula per regalare, a me e a chi mi legge, un momento per staccare, fermare il tempo per riporlo in una dimensione più umana e ritrovarlo tra le pagine di un libro.
Tranne “I fiori della libertà” (portato alla maturità da una classe di maturandi del liceo Albert di Lanzo Torinese, qualche tempo fa) la Sardegna è una costante nelle tue opere, ma questa volta hai voluto che ci fosse anche Torino, perché? Un emigrante nasce due volte, la sua vita si inserisce in una realtà altra, si arricchisce di questa e vi inserisce gli elementi fondanti della suo essere persona: cittadini del mondo come direbbe il protagonista di “Mille lire”.
Per far questo è necessario essere disposti ad accogliere e a lasciarsi accogliere, è stato difficile? No, per natura sono una persona rispettosa, silenziosa che non invade l’altro, che si concede del tempo per comprendere e lasciare che gli altri facciano altrettanto. L’obiettivo, il sogno, che ha permeato la mia esistenza sin dal primo periodo vissuto a Torino è stato di realizzare un progetto di vita inclusiva e sento di averlo realizzato.
Tu scrivi anche in lingua sarda: quanto è importante conservare l’idioma della propria Terra sia sul piano verbale che scritta? Riguardo alla prima parte della domanda, diciamo che provo a scrivere in lingua sarda, soprattutto in poesia. Lo ritengo importantissimo poiché la lingua rappresenta la nostra radice culturale, lo strumento che ci consente di restare autenticamente ancorati alle nostre origini e nel contempo aprirci a nuove esperienze. Sono convinta che ogni piccolo territorio debba poter conservare la propria variante linguistica, espressione di autenticità e aderenza al luogo di origine sul piano antropologico e sociale.
Quali sono i luoghi che ti hanno colpita maggiormente quando sei arrivata a Torino? Il parco del Valentino e il centro storico della città. Il primo per gli spazi, i profumi della terra e della natura immersa nella città. Il secondo perché testimonianza di storia antica e contemporanea.
Il prossimo romanzo? É nella mia testa, prima o dopo comincerà a prendere forma scritta.