di Riccardo Schirru
Sa die de sa Sardigna (il giorno della Sardegna) è la festività che ricorda la sommossa dei vespri sardi del 28 aprile del 1794 a Cagliari, che costrinse alla fuga il viceré sabaudo Vincenzo Balbiano, ed è stata istituita dal Consiglio regionale della Sardegna nel 1993 nominandola Giornata del popolo sardo. La comunità di Melbourne l’ha celebrata con una formula già collaudata con grande successo in occasione della conclusione dell’appello per le alluvioni del novembre 2013: un ottimo pranzo presso il Club Italia di Sunshine, diretto da Leo Vargiu (presidente), con la preziosa collaborazione di Margaret Giudice. Questa volta in cucina non c’erano i ‘4 mori’ della gastronomia sarda in Australia, ma i cuochi del club hanno dato prova di essere grandi interpreti, in quella che è diventata una perfetta sinergia tra la Sardinian Cultural Association e il Club Italia di Sunshine cucinando impeccabilmente gli splendidi “malloreddus”, gli gnocchetti sardi, preparati come sempre con maestria dalla gentilissima Tonina Nolis. Durante la parte ufficiale della giornata il presidente del circolo sardo Paolo Lostia ha annunciato che ci si avvicina verso il trasferimento dei fondi raccolti per l’appello alluvioni al Comune di Onanì, per la ricostruzione del muro di contenimento dell’area del vecchio asilo nel complesso del Sacro Cuore. Come spesso accade con la Sardinian Cultural Association, quel culturale nel titolo ha una funzione ben precisa e anche in questa occasione si è offerta una dimostrazione delle traduzioni culturali sarde, grazie a Stefano Rassu, titolare del ristorante Pomodoro Sardo e di suo cugino Marco Frau, entrambi originari di Aritzo, un comune di 1.300 abitanti in provincia di Nuoro, situato nell’antica regione della Barbargia di Belvi. Aritzo oggi è noto soprattutto come centro di villeggiatura montana per la sua posizione strategica ai piedi del monte Gennargentu, a 800 metri sul livello del mare, ma nel passato il comune sardo sin dai primi decenni del Novecento, commerciava anche la neve che, dopo essere stata raccolta nelle “neviere”, delle casse foderate di paglia, veniva venduta dai cosiddetti “Niargios” durante i mesi estivi. Nel vecchio centro sopravvivono ancora i resti delle domos de nie, le “case della neve”. D’estate ad Aritzo è tradizione gustare un caratteristico sorbetto al limone denominato in lingua sarda “Sa Carapigna”, che Stefano e Marco hanno preparato sotto gli sguardi sorpresi ed attoniti dei presenti. Armati di due sorbettiere, dei cilindri di acciaio con chiusura ermetica, dei tini di legno, acqua, zucchero e succo di limone, oltre che ghiaccio e sale, e tanta buona volontà, i due sorbettieri, si sono messi al lavoro. Nei recipienti sono finiti zucchero, acqua e limone prima che le sorbettiere venissero inserite nei tini e circondate da cubetti di ghiaccio e sale. Stefano e Marco hanno poi iniziato a far girare le sorbettiere in senso orario e antiorario, mentre continuavano ad aggiungere ghiaccio e sale. Dopo mezzora di questo esercizio, hanno aperto le sorbettiere e cominciato a lavorare il liquido ghiacciato con le spatole, fino a raggiungere un amalgama compatto che hanno servito ai presenti. Il sorbetto al limone “Sa Carapigna” è stato il perfetto finale per le celebrazioni di Sa die de sa Sardigna.