LA DONNA FONICO DEI GRANDI DELLA MUSICA: MARTI JANE ROBERTSON A CAGLIARI DAL 2006 E’ “SOUND ENGINEER”

Marti Jane Robertson


di Manuela Deriu

Essere donna in un ambiente prettamente maschile può essere una fortuna; per lo meno, se non hai paura delle sfide e le vedi come un’occasione per superare i tuoi limiti. Così è stato per Marti Jane Robertson: trentott’anni da sound engineer, collaborazioni con i grandi della musica e un nome, in questo mondo, che non ha bisogno di presentazioni. Marti vive a Cagliari dal 2006 e a casa ha una regia audio dove fa missaggi, mastering e qualche registrazione. Nell’isola è arrivata per amore come, vent’anni prima, in Italia. Tra lei e il Bel Paese è stato uno di quei colpi di fulmine per cui ci si lascia tutto alle spalle (gatto incluso, affidato alle amorevoli cure dell’insegnante d’italiano) e che, come nelle migliori fiabe, si è trasformato in amore duraturo. Nel frattempo, Marti ha raccolto le voci di Vasco, Fossati, Patty Pravo, PFM, Ramazzotti (ma la lista è lunga) per produrre quello che ogni giorno ascoltiamo in radio e su cd. Un lavoro di precisione dove l’orecchio è tutto. Ha cominciato giovanissima, suonando e ascoltando musica nei locali di New York, alla ricerca del suono che lo strumento che stava per registrare avrebbe dovuto produrre.  
Com’è stato passare da New York a Cagliari? È stato un po’ come tornare alle radici. Sono cresciuta in campagna, vicino a Seattle e devo ammettere che dopo New York ero diventata un po’ “isterica”. Avevo bisogno di vivere a misura d’uomo e visto che avevo già lavorato con i più grandi, ho potuto permettermi di lasciare Milano e stare dove mi piaceva.  
Come funziona il tuo lavoro?   Mi occupo di raccogliere voce e musica di cantanti e musicisti. Difficilmente si ritrovano in sala insieme; di norma ognuno registra la propria parte e io le unisco, finché non ottengo quello che voglio. Sempre più spesso, però, si lavora con arrangiamenti di strumenti “finti”, attraverso un software per computer. Dal vivo, invece, le cose sono diverse; l’artista ha un’unica chance e io una sfida in più: posizionare la strumentazione per cogliere ogni suono e nota, tenendo conto di tutti i fattori di disturbo.  
Oltre a lavorare tra casa tua, studios, piazze e teatri, insegni Ripresa dell’audio al Conservatorio di Cuneo. Com’è questa esperienza?   È un’emozione grandissima. Da fonico ho sempre tirato su i miei assistenti, ma ora ho un ruolo che mi permette di arrivare a più persone allo stesso tempo e di dare ai giovani l’occasione di imparare in un momento in cui sempre più studios stanno chiudendo e, di conseguenza, non hanno più nessuno da cui apprendere.  
Ti ricordi com’è stata la tua vita da apprendista?  Ovviamente sì. Quando ho cominciato avevo diciannove anni e ho dovuto imparare a farmi rispettare, mostrando di essere brava il doppio dei miei colleghi e cercando di non rinunciare alla mia femminilità: può non essere facile se sei costretta a vestirti da maschiaccio per infilarti tra la strumentazione. Ricordo una volta in cui correvo da un angolo all’altro del teatro e la Vanoni mi ha urlato: “Marti, ma li usi mai i tacchi?” E io: “Raramente”. “Povero il tuo fidanzato!”. E menomale che con le donne c’è più complicità di quando collaboro con uomini!  
Hai un lavoro preferito?   Mi viene in mente Fidate Correnti di Ivan Segreto: l’abbiamo coprodotto, registrato a Vienna e mixato a casa mia, a Milano. E poi, un lavoro con Andrea Parodi, Abbacada, che è tra i miei preferiti. Quando Andrea mi ha chiamato, è stato un grande onore. Lo trovo bellissimo e importante.
* LaDonnaSarda

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