di Federica Ginesu
Chie so, narami chie so, chie so. Dei so s’iscuru, Deo so sa lughe, su lampu de fogu”
“Chi sono, dimmi chi sono. Io sono l’oscurità, io sono la luce, io sono il crepitio del fuoco”.
È il canto cristallino di una donna che parla di sé e della sua terra, un’Isola misteriosa e forse inafferrabile. Parole che uscivano dal cuore di Marisa Sannia, una delle più raffinate interpreti insieme a Maria Carta che la canzone sarda abbia mai visto brillare. La “piuma bionda” di Sardegna nasce il 15 febbraio 1947 a Iglesias. È una ragazza che non passa inosservata: gambe lunghe, caschetto biondo, un viso da attrice unito a un fisico elegante e scattante. Campionessa di basket, si allena nei campetti di cemento di viale Merello a Cagliari insieme alle compagne della Karalis prima, e del Cus Cagliari poi. Notata dall’allenatore federale Giancarlo Pino, la “gazzella di Cagliari” veloce e agilissima, una delle migliori cestiste italiane della sua generazione, viene convocata in nazionale disputando i campionati Europei a Sofia, assaggiando così la ribalta delle cronache al di là del mare. Per ora è solo un gioco: lo sport come grande passione, ma la sua vita non è unicamente far canestro. I palleggi e le ginocchia sbucciate, si alternano a parole e note che dettano il tempo alle ore che dedica a prove e ad esibizioni della sua band “I principi”, perché la musica è un’esigenza naturale della sua anima, scorre insieme al sangue, un moto del cuore che porta all’infinito. Il suo è un dono, grande talento che è pronto a volare. Nel 1965 partecipa al concorso della casa discografica Fonit Cetra che seleziona nuove voci da lanciare nel panorama musicale nazionale. La voce da usignolo della giovane sarda ammalia i giudici sbaragliando 3200 concorrenti. Marisa strappa così il suo primo contratto discografico e nell’autunno 1966 incide il primo singolo che sancisce il suo esordio: “Tutto o niente”, firmato dal poeta cantautore Sergio Endrigo con cui creerà un sodalizio artistico e una forte amicizia destinata a durare un’intera vita. Nello stesso anno debutta in tv nel programma “Scala Reale”. È il momento delle donne. Nella scena musicale italiana, comincia, infatti, a imporsi una presenza femminile sempre più numerosa che cerca di sfatare pregiudizi e discriminazioni nel solco della rivoluzione femminista che è proprio dietro l’angolo. Sono gli anni di Mina, Nada, Patty Pravo e tante altre grandi interpreti.
Le donne cominciano a sentirsi libere e osano anche nel look. Marisa Sannia sceglie la minigonna, ma non è mai sopra le righe. Un po’ timida, è composta e molto elegante, una cifra stilistica che l’accompagnerà sempre. Sorride alla telecamera e davanti al microfono è inarrestabile. Nel 1967 partecipa a “Canzonissima Sette” voci facendo breccia nel cuore dei telespettatori. Il 1968 è l’anno della consacrazione. Per la prima volta le porte dell’Ariston si aprono a una donna sarda, che calca il palcoscenico di Sanremo, interpretando in coppia con Ornella Vanoni la canzone “Casa Bianca”, che si piazzerà al secondo posto. Il brano, inserito nella colonna sonora del film “Alfredo Alfredo” di Pietro Germi, diventa una hit da 500 mila copie. Scritta da Don Backy è un nostalgico e malinconico rimpianto dedicato alla gioventù, la casa bianca, a cui nessuno, una volta lasciata, può far ritorno. Non solo tv e canto, ma anche cinema e recitazione. Coprotagonista in veste di attrice insieme a Gianfranco Giannini del film “Stasera mi butto”, Marisa è una ragazza di appena 19 anni, che ormai ha abbandonato la fanciullezza per diventare una donna che incanta. Nel 1968 pubblica il primo album a 33 giri omonimo, mentre nel 1969 cambia etichetta e incide con la Cgd singoli che riscuotono un grande successo: Una Lacrima, Se qualcuno si innamorerà di me e l’indimenticabile La compagnia scritta da Mogol e Carlo Donida che diventerà poi cover cantata da Lucio Battisti e, nel 2007, da Vasco Rossi. Nel 1969 si sposa a Cagliari, in Municipio con lo studente di ingegneria Mauro di Martino, un fidanzato che aveva ben saputo celare alla stampa che ormai l’assediava. “Mi costa rinunciare alla mia vita privata. Per salvaguardarmi ogni tanto sparisco dalla circolazione e torno in Sardegna dove nessuno mi trova”. La riservatezza mal si conciliava con l’attenzione mediatica, col pubblico avido di notizie che pretendeva i riflettori puntati su ogni movimento della bella cantante, l’antidiva esotica e affascinante, diversa solo esteriormente dalla classica immagine della donna sarda, ma nel cuore fiera e orgogliosa delle sue origini.
Divisa tra Roma e Cagliari, la Sannia cercava, infatti, di mantenere sempre vivo il legame con la Sardegna, perchè il saldo attaccamento alle proprie radici consentiva di affrontare il successo umilmente, evitando di farsi travolgere dalla popolarità che puntualmente cercava di rifuggire, senza che questo ostacolasse la sua libera espressione artistica. “Per me non esiste una differenza tra fare la cantante e il mio tempo libero. Cantare non è un mestiere, ma è vita, un tutt’uno”. Strofe e note che si fondevano in una carriera musicale ricca di soddisfazioni. Altre due partecipazioni nel 1970 e nel 1971 al festival di Sanremo poi un nuovo disco: “Marisa Sannia canta Sergio Endrigo e le sue canzoni” in cui la cantante interpreta i brani dell’amico riuscendo a farli straordinariamente suoi. Nel 1971 esce il 45 giri “La mia Terra”: un inno all’Isola composto ancora una volta dal duo Bacalov – Endrigo, in cui, attraverso sonorità etniche e versi, si immortala un magico paese dove “si viene e si va dal mare”, abitato da “gente di poche parole che non parla di sé”. La nostalgia è attanagliante, ma basta chiudere gli occhi per vedere il colore della Sardegna e sentire il maestrale che rinnova tutti i sogni portandoli fino al mare in libertà. La cantante cerca di conciliare la sua carriera con nuovi desideri: incide il disco “Marisa nel Paese delle meraviglie” dove canta le canzoni più belle tratte dai film della Walt Disney, esordisce a teatro nel musical Caino ed Abele e recita in alcuni film. Nel 1976 diventa mamma di Eleonora e partorisce anche il suo primo disco da cantautrice “Pasta Scotta”, concepito mentre era in attesa della sua bambina. È un periodo particolare di crisi sentimentale ed esistenziale: “Sono scontenta, insoddisfatta. Lo sono sempre stata” dichiara a Sorrisi e Canzoni durante la promozione del disco, un’insofferenza che era rivolta anche all’industria della canzone che la voleva rinchiusa nel clichè dell’eterna brava ragazza che canta melodie d’amore. Marisa non vuole più essere l’ugola d’oro in gabbia, ma ha voglia di diventare una donna libera che percorre strade che sarà lei a scrivere, senza sentirsi più inadeguata, alla ricerca di quell’ancestrale essenza da ritrovare che caratterizzerà d’ora in avanti, a eccezione dell’ultima apparizione fallimentare a Sanremo nel 1984, il resto della sua carriera fatta di fughe e ritorni, di assenza e presenza. Decide di studiare il sardo immergendosi in quel rapporto che per millenni le donne sarde hanno costruito attraverso un dialogo costante con la storia, la quotidianità del fare e del conoscere la natura. Basta ascoltare. L’incontro con la poesia sarda segna una svolta. “Questa lingua antica, ma familiare, carica di sensualità mi affascinava e mi coinvolgeva nel ricordo di cose lontane, dimenticate che tenevo nascoste dentro il cuore”. Antioco Casula, il poeta chiamato Montanaru, lo scrittore Francesco Masala, Maria Lai di cui diventa amica e Federico García Lorca sono i numi ispiratori di un nuovo viaggio di non ritorno, per comporre musica d’arte unendo suoni antichi e nuovi, influenze folk di respiro internazionale, poesie contadine e ninna nanne che miscela creando melodie che ricordano il fado portoghese. Un canto profondo in logudorese che nasce da studio e amore, elaborazione e conoscenza. “Partiva dalle biografie dei personaggi della cui personalità si innamorava. Scopriva le opere, permettendosi poi di rielaborarle, riadattando i testi e costruendo canzoni che erano frutto della sua magica scrittura” rivela Marco Piras, storico arrangiatore della Sannia. Per le performance sceglieva il plenilunio come le janas, lasciandosi ispirare dalla luna e, dal silenzio pieno di ritmo della Sardegna. Simile al canto primordiale degli abissi del mare, la sua musicalità emanava una storia sempre viva, pulsante dove la sacralità germogliava dalla terra con una forma di melodia pura che era pronta a sconfiggere la morte. La voce diventava così sensuale e struggente, perché era un atto d’amore nei confronti della poesia, della Sardegna. Circondata da una fitta cortina di riserbo ha mosso i suoi ultimi passi leggeri sul suolo sardo, spegnendosi prematuramente il 14 Aprile 2008 insegnando alle donne ad ascoltare se stesse seguendo il suono fiero e intenso di una voce d’alabastro che sempre risuona in una notte vasta e profondamente stellata.
* LaDonnaSarda
Grazie per il bellissimo articolo dedicato a Marisa …
Un articolo davvero ben scritto. Mantengo un bel ricordo di questa donna straordinaria e grande artista
Gran bell’articolo per l’indimenticabile Marisa! Complimenti e grazie infinite!
Artista indimenticabile: bella, raffinata, intensa, elegante. Un grande talento mai ostentato, ma espresso con misura e delicatezza.
Grazie per lo splendido articolo.
Marisa, sirena della musica, canto profondo dell’anima. Ha saputo interpretare in modo sincero e autentico tutti i brani, come interprete e cantautrice: Artista di grande valore e sottovalutata….come al solito, in Italia…Questo articolo, bello, esauriente ed emozionante, le rende giustizia. Grazie!!!
Marisa Sannia con la sua delicatezza ed eleganza ha lasciato un segno nel panorama musicale italiano. Si e’ distinta per il suo antidivismo e per le meravigliose canzoni che ha composto. Grazie!
Marisa Sannia, cosi’ egregiamente descritta dall’articolo, non ha avuto il giusto riconoscimento che avrebbe assolutamente meritato. Lo so, forse ripeto cose gia’ dette e stradette, all’estero, un’artista del suo calibro avrebbe goduto di ampio sostegno e grande riconoscimento.
Grazie per l’articolo dedicato a Marisa…Grazie davvero!!! Anche se leggendolo un certo rammarico mi assale…eh, si, perche’ certi plausi e riconoscimenti, arrivano sempre tardi. Marisa Sannia era fuori dalle righe, non era schierata con nessuno, solo con la sua musica ed il suo bisogno di esprimere se stessa, e non solo, con il medium musicale. Forse questa sua onesta’ di fondo l’ha penalizzata. Pazienza, i suoi album rimangono splendidi
e per chi li ha ascoltati o li ascoltera’ rappresentano “un dono” che lei ci ha generosamente regalato. Grazie!
Grazie dal profondo del cuore a Federica Ginesu per il bellissimo articolo dedicato a Marisa Sannia e a Massimiliano Perlato per pubblicarlo . Marisa ha cantato con tanta dolcezza e sentimento , come mai nessuno riuscirà a farlo , i grandi poeti sardi Montanaru e Masala e con suoi preziosi album Sa Oghe de su entu e de su mare ,e Melagranada .ha conquistato gli ascoltatori di " Sardegna nel cuore" non solo nella lontana Buenos Aires, dove Marisa sognava presentare il suo utimo meraviglioso lavoro Rosa de papel , ma anche in tanti altri paese e la ha fatta riscoprire a tanti nella propria Sardegna dove purtroppo era stata trascurata e quasi dimenticata.
Nel 1976 ero militare a Cagliari. Non sapevo che a qualche chilometro (Iglesias) vi era la città di natale di Marisa. Oggi Marisa è libera di essere ovunque e dovunque. In un modo che solo i figli della Luce conoscono. I suoi canti diventano giorno per giorno più belli, come se maturassero al sole della gratitudine di lei verso la Verità e di chi l’ascolta versa la sua inesauribile vivente creatività. Marisa ha nel suo arco gli inesauribili dardi della sincerità, della spontaneità e dell’onestà assoluta dell’artista e, ancor prima e sempre, del cuore un un vero Uomo (non U maiuscola, giustamente) che già quando li aveva , i confini, non li aveva, immaginate ora. Le sue opere ogni giorno che passa rifulgono di universalità e ci conducono alla Sardegna immortale e alla bellezza che da questa terra il mondo intero ci vuole mostrare. Marisa è (certamente insieme ad Andrea Parodi) un fiore magnifico di tutta la nostra civiltà.
Ma tutto questo scompare al cospetto della purezza del suo amore. E chi l’ha amata e l’ama, e/o è amato da lei ben sa’.
Un bacio infinito, Marisa.
Non chi siamo mai incontrati. Your beautiful voice will be forever enjoyed. It also lives here in Australia in one of your distant relatives. Rest in peace.
Adorabile sorella
Figlie della terra Sarda
Grande e indimenticata artista. Grazie Marisa, grazie di cuore!