di Federica Ginesu
“Sa femina ogri latina”, la ragazza dagli occhi di cielo, incede fiera rompendo col fruscio dei suoi passi il silenzio di una liturgia che al suo cospetto si arresta.
È l’incipit struggente di Faida, romanzo della pedagogista clinica, originaria di San Gavino Monreale, Giorgia Spano in cui amore, onore, odio e vendetta tracciano fili che solo il destino può intrecciare. Un colpo di fulmine strega per sempre il cuore di Nina, la principessa della montagna, la bambina più bella del paese. Mentre è seduta sulla riva del ruscello Iralotta davanti a lei compare Franciscu, il servo pastore del padre “Su Meri”, padrone di quasi tutta Bolotana. È amore al primo sguardo, così forte che scorrerà impetuoso nelle loro vite , perché “l’amore non ha titoli, né soldi, né paura”. Una passione osteggiata che violerà codici sociali inappellabili e scatenerà terribili eventi.
L’amore è il vero protagonista del romanzo che, come un vortice catalizza la trama, simile al Fato ineluttabile a cui è impossibile sfuggire. «Non sopporto i limiti nell’amore. Penso che sia il sentimento supremo, universale che lega non solo uomo e donna, ma anche fratelli, genitori e figli. Deve essere libero di essere vissuto senza discriminazioni, né ostacoli. Amare è sentire gli altri come una parte di sé. E l’amore di Nina e Franciscu è fortissimo, così assoluto che rompe le regole e supera la classi sociali».
Amore è anche amicizia che all’inizio lega Nina e la serva Letizia, antagonista della protagonista. «Le due ragazze crescono insieme come sorelle, ma appartengono a classi sociali differenti: un codice di leggi non scritte che era obbligatorio rispettare. L’affetto si trasforma così in odio e perfidia, quando la padroncina si innamora di Franciscu, il pastore che Letizia aveva deciso di sposare. E la faida d’amore scoppia proprio per questo: lo sconfinamento, l’usurpazione, proprio come accadeva nelle vere faide, quando i greggi oltrepassavano le recinzioni e invadevano le proprietà del nemico».
Nel romanzo il tempo dell’amore è un battito di emozioni carpito durante riti tradizionali o feste di paese. «Ho ambientato il libro negli anni ’50 in una modernità dal sapore antico. Ora siamo nell’era tecnologica dell’impoverimento delle emozioni, ci scriviamo tante cose e ma ne viviamo meno. Prima invece c’era l’attesa, l’aspettativa e la sofferenza di dover attendere quel giorno che si consumava a volte solo in uno sguardo sfuggente tra la folla».
Si è ispirata a una storia vera? «Ho avuto la fortuna di conoscere delle persone di Bolotana che mi hanno raccontato tante storie da cui ho attinto. Scrivere Faida è stato un viaggio che mi ha permesso di riscoprire la Sardegna. Un libro di contrasti dove tradizione agricola e modernità industriale si affrontano. Preziosa fonte di ispirazione è stata anche la storia di mio nonno a cui ero molto legata, uomo straordinario che mi ha insegnato indimenticabili lezioni di vita».
Nina è il prototipo della donna sarda in cui è facile rispecchiarsi? «Il sangue non è acqua, e in Nina scorre tutta la forza delle donne sarde. Non ha paura di sfidare la società, di rimanere sola. È simbolo di tenacia, coraggio e del non arrendersi mai».
* La Donna Sarda