La vanità sarda tra sacro e profano si declina nel costume, l’abito che sprizza orgoglio, “specchio delle tensioni sociali, dell’isolamento e dei contatti culturali dell’isola”, possiamo dire usando le parole della grande artista fotografa Chiara Samugheo. Tra le costanti che caratterizzano l’abbigliamento femminile della Sardegna spicca lo scialle che adorna il capo, avvolge la figura per impreziosirla o allontana, scaldando come una coccola, i rigori dell’inverno. Lana e seta che il telaio intreccia e tesse al ritmo di un sapere antico come le profondità del mare, si trasformano in un linguaggio che è indicibile arte “un conflitto tra il mondo e la terra” come lo descriveva Heidegger. Nasce così il tessuto di Sardegna, molto più di trama e ordito, alfabeto di un codice non scritto, vergato con l’identità, riconoscibile in ogni dove che si modella sul corpo per esprimere l’anima di una terra che sa di poter essere affascinante attraverso un abito e un vezzo. Di forma quadrangolare, usato ripiegato a triangolo, lo scialle si impone come elemento imprescindibile, simbolo di eleganza a partire dai primi dell’800. Nero, blu notte o tabacco per sfondi in cui spiccano ricami colorati in infinite variazioni che non sono mai casuali, ma costituiscono l’esito di un processo di stratificazione della storia attraverso cui ogni comunità si riconosce e si esprime. Incanta lo scialle coi suoi fili dipinti di un paradiso terrestre abitato da farfalle e usignoli, fiori e corolle di cuori. Trama preziosa, cromatismi raffinati che rendono lussuoso l’abito di gala, è usato in tutta l’Isola da Aggius a Bitti fino a Dorgali, Irgoli, Lula e Oliena. Il macramè e le frange ornano un accessorio che è quasi sempre un pezzo unico e irripetibile, frutto dell’abilità di chi lo tesse. Oggi come ieri. La stilista Rita Cossu di Pabilllonis, attraverso i suoi scialli in lana di Tibet e seta, fa rivivere la magia dei favolosi ricami sardi che raccontano storie: ogni disegno e relativa disposizione consentono infatti una precisa attribuzione geografica e temporale. Nell’antico centro storico di Cagliari invece, a pochi respiri dalla casa di donna Francesca Sanna Sulis, imprenditrice creativa che insegnò a tante donne sarde l’arte del tessere la meraviglia, lesorelle Piredda si lasciano ispirare dalla tradizione per reinventare un accessorio che diventa protagonista grazie a disegni e motivi dei gioielli di Tharros che si tramutano in intarsi che hanno sedotto anche l’Oriente. Da Guspini la passione tinge il lavoro del ricamatore Marcello Maccioni che realizza su commissione ornamenti che raccontano un’abilità che non si dissolve nel tempo, ma che, grazie all’artigianato si preserva. I disegni immortalano lo spirito della vita agreste in pezzi pregiati che sono simboli dell’espressività femminile, perché lo scialle, così come lo immaginava Maria Lai è della luna, divina prima donna del firmamento cosmico. Piccole tessere di terracotta smaltate e laminate, come micro istanti di tessuto che ricreano loshallu o ishallu che nei versi di Chiara Cascella “giaceva sulla sedia e il giorno aveva fatto chiaro amore”.
* La Donna Sarda