di Federica Ginesu
Ricami di filigrana dolce, perle di zucchero, sontuosa glassa reale che orna cupole poetiche tra campane di vetro e pizzo per incantate ceramiche di pasta di mandorla, meraviglie che saziano l’occhio di bellezza e colpiscono deliziosamente il palato. È arte sarda che diventa dolce cibo cesellato dalle mani abili e sapienti di Anna Gardu, maestra pasticcera di Oliena, paese scrigno dell’artigianato sardo, tra intagli di caramello e fili d’oro che tessono autentici gioielli da gustare. Passione infinita per una donna sarda che accoglie dentro di sé la tradizione per farla eternamente sua, innovandola ed esaltandola. «La mia famiglia produce pasticceria tradizionale da quattro generazioni. È stato il mio bisnonno maestro pasticcere a creare nel 1890 la ricetta che poi è stata tramandata alle donne della mia famiglia». Dosi segrete imparate dallo scandire magico del tempo nella cucina della nonna per dare vita a qualcosa di nuovo e strabiliante. Semplici ingredienti per una materia regina: la pasta di mandorle in cui la Gardu trasferisce tutto il suo estro plasmando nuove forme di dolci da lei brevettate. Pavoncelle, simboli di sardità, galletti che si librano dal legno delle cassapanche per ispirare la nuova arte del dolce tipico sardo; scialli di seta e variopinte gonne diventano sculture croccanti;sos buttones, rapiti dal costume sardo, si trasformano in piccoli assaggi gourmant. «Lavoro esclusivamente con le mandorle di Oliena, zucchero caramellato e aromi naturali, ingredienti autoctoni e nessun conservante, perché profanerei la ricetta preziosa che ho imparato. Realizzo la pasta e il gateaux che modello senza disegni preparatori, ascoltando unicamente il mio cuore che in dialetto nuorese si pronuncia Hòro, come il nome della mia linea di dolci». E l’animo lievita di orgoglio sardo, in mostra da Parigi a Nuoro, pronto a essere conosciuto in tutto il mondo grazie allo spazio espositivo che i dolci della Gardu avranno nel padiglione Eataly di Expo 2015, tributo al talento di una donna sarda, simbolo di una terra di artiste senza tempo. «Non sono una vera e propria pasticcera – si schermisce con umiltà – sono una semplice creatrice». I dolci della pasticceria Hòro sono interamente realizzati a mano: «Uso il paiolo di rame e il cucchiaio di legno, antichi strumenti che rispettano la tradizione di cui sono depositaria». La via crucis in gateaux, da lei realizzata, è esposta permanentemente nella chiesetta del monte Ortobene intorno alle spoglie mortali di Grazia Deledda: un percorso che è esaltazione del patrimonio comune della Sardegna per prelibatezze che non sono solo nutrimento del corpo, ma alimentano lo spirito e rinfocolano fierezza e sacro senso di appartenenza. La produzione dei dolci della Gardu è una piccola realtà che potrebbe, se sostenuta, crescere: «Dal 2010 sto lavorando a un progetto che vuole focalizzare l’attenzione sulla filiera della mandorla di Oliena». Una risposta al disagio sociale che parla il linguaggio dell’artigianato dolciario sardo eternamente legato al divino, dipinto coi colori dell’identità, disegnato con un alfabeto simbolico che allude a un patrimonio unico.
* La Donna Sarda