di Paolo Pulina
A Rivoli (TO), nella mattinata di domenica 15 febbraio 2015, presso la sede sociale, in via Fratelli Macario 54, l’ Associazione di Promozione Sociale “4 Mori” ha organizzato la presentazione del libro curato da Jacopo Onnis “Il coraggio della verità. L’Italia civile di Giuseppe Fiori” (Cuec, 2013).
Di fronte a un nutrito pubblico hanno portato le loro testimonianze sul grande scrittore e giornalista sardo Peppino[nome vero] Fiori (nato a Silanus, Nuoro, nel 1923; morto a Roma nel 2003): Renzo Caddeo, presidente del Circolo; Bruno Geraci, già giornalista RAI Piemonte; il senatore Lorenzo Gianotti, presidente ANPI di Rivoli. Ha concluso i lavori il curatore del volume Jacopo Onnis, giornalista, dal 1980 al 2010 prima programmista – regista poi redattore del TGR nella sede regionale RAI della Sardegna, in cui si è occupato di cronache politiche e culturali.
Caddeo (originario di Musei – Carbonia-Iglesias), che ha avuto compiti di grande responsabilità come sindacalista della FIOM-CGIL a tutela dei lavoratori Fiat alle Presse, ha ricordato l’ammirazione che provava verso un corregionale che ha avuto sempre la schiena dritta e che si è sempre impegnato nella denuncia delle malefatte dei potenti e dei prepotenti in Sardegna (si vedano i saggi “Baroni in laguna” e “La società del malessere”, da cui Carlo Lizzani ha tratto il film “Barbagia”) e nell’Italia intera.
Bruno Geraci ha riferito dei suoi lunghi e amichevoli rapporti con il collega giornalista Fiori (che scherzosamente lo qualificava come non sardo perché nato ad Alghero…) e soprattutto si è soffermato sulla profondissima umanità di Peppino dimostrata anche in momenti tragici come il periodo in cui imperversavano a Torino e in Italia i brigatisti rossi. Fiori, allora vicedirettore del TG2 diretto da Andrea Barbato, venne personalmente a Torino per dare sostegno morale (“continuate a fare il vostro dovere di cronisti dei fatti”) a coloro che coraggiosamente come Geraci e Giancarlo Carcano erano impegnati a dare per i TG nazionali un resoconto quotidiano non edulcorato delle “imprese” criminali dei brigatisti e per questo protetti da una scorta delle forze dell’ordine (per quel che naturalmente questo poteva valere, come sappiamo).
Geraci ha inoltre raccontato che, essendo scampato con la moglie, per miracolo, al crollo delle Torri Gemelle e avendo realizzato subito dei servizi per la RAI, al ritorno in Italia, fu chiamato da Fiori che gli disse: «Tu hai avuto la fortuna, che non ho avuto io, di girare una pagina epocale della storia mondiale».
Geraci ha anche voluto esprimere la sua ammirazione professionale per il modo in cui Fiori, anche soltanto usando le parole, sapeva raccontare per immagini.
Il senatore Lorenzo Gianotti ha voluto portare una testimonianza scritta su Peppino Fiori, che ricorda con simpatia e ammirazione: «Ho conosciuto Peppino Fiori a Palazzo Madama nel 1883, quando entrai in Senato. Egli era alla seconda legislatura nel gruppo della Sinistra indipendente. Non facevamo parte delle stesse commissioni, quindi le occasioni per incontrarci si verificavano in aula o nei crocchi che si formavano nel salone accanto all’aula. Lo ricordo come persona allegra, pugnace, capace di battute pungenti, salaci: un carattere forte e curioso.
Nella sua vita Fiori ha fatto molte cose, molti mestieri, le testimonianze raccolte nel libro lo illustrano ad abundantiam. Vorrei soffermarmi su uno dei mestieri di Peppino, quello di biografo (di Antonio Gramsci, dell’anarchico Michele Schirru, di Ernesto Rossi, di Carlo e Nello Rosselli, di
Enrico Berlinguer, del “venditore” Silvio Berlusconi), perché è accaduto anche a me di occuparmi di biografie e i suoi lavori sono stati di sicura utilità.
Un primo problema, che si pone quando s’intende ricostruire la vicenda di vita e le opere di personaggi celebri, è il dover tenere conto dei suoi precedenti cultori. Si tratta di evitare due rischi: quello di farsi fagocitare dai predecessori muovendosi con mente libera; quello di trattarli con altezzosità come autori disattenti se non insinceri. È necessario contestualizzare. Il caso di Gramsci è illuminante: la prima apparizione dei suoi scritti carcerari è in forma incompleta che censura il contrasto con il partito, ma la pubblicazione completa successiva “non getta una luce realmente diversa sull’opera” (così Rossana Rossanda nel libro curato da Onnis ). Fu merito di Togliatti se, nel pieno della guerra fredda e dello stalinismo, apparvero i libri nelle edizioni Einaudi.
Un secondo problema è come studiare a fondo, senza omissioni, ma anche senza sensazionalismo. Nella vicenda umana emergono anche aspetti particolari, privati, familiari, intimi che fanno parte della personalità ma, se esagerati, possono stravolgerne il profilo, immeschinendolo. Il senso della misura e il rispetto dell’essenzialità sono basilari. Non sempre chi ha origine giornalistica dispone di queste virtù. La corsa allo scoop fa premio su una valutazione più attenta. Peppino Fiori possedeva la qualità dell’equilibrio e dell’approfondimento. La sua opera di storico è stata apprezzata dagli storiografi di professione, tradotta in molte lingue e “regge alla prova del tempo” (come ha dichiarato Giuseppe Laterza nel libro di Onnis)».
A conclusione degli interventi Jacopo Onnis ha detto che questo suo libro ha inteso parlare di Giuseppe Fiori (giornalista e scrittore, vicedirettore ed editorialista del Tg2, direttore di “Paese Sera”; senatore della Sinistra Indipendente per tre legislature; anche romanziere con “Uomini ex” e con “Sonetàula, da cui Salvatore Mereu ha tratto il film omonimo) così come l’hanno conosciuto oltre trenta protagonisti dell’informazione, della cultura, della politica. Fiori è stato personalità ricca e complessa, capace di sperimentare linguaggi nuovi nei più diversi campi della comunicazione.
Il libro – ha messo in evidenza Onnis – raccoglie anche lettere inedite di Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone, John e Andrea Rosselli, Alfonso Leonetti, Enrico Berlinguer: sono la conferma del carattere e dei valori di un uomo libero e anticonformista, sempre alla ricerca della verità, spesso straniero in patria. Volendo coniugare etica e politica, Fiori cercava un’altra Italia, un’Italia civile e democratica.