di Serena Guidoni *
La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa demielinizzante, cioè con lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Dei 600.000 casi che si contano in Europa circa 72.000 sono in Italia e le donne ne risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini. Nonostante i notevoli progressi raggiunti in questi ultimi anni grazie alla ricerca scientifica, le cause dell’insorgenza della patologia non sono ancora completamente chiare. Avere a che fare con una malattia di questo tipo pone diversi interrogativi sul futuro e potrebbe scoraggiare, in molti casi, le donne che hanno il desiderio di diventare madri. La storia di Sabina Loi è la testimonianza diretta di chi, nonostante le difficoltà, ha deciso di non farsi demoralizzare dalla malattia che l’ha colpita; un racconto che parla del perseverare e della volontà di condurre una vita normale. Sono ormai trascorsi quattordici anni da quando Sabina ha scoperto di essere affetta da sclerosi multipla: «Era il giugno del 2000. L’estate stava iniziando e frequentavo, insieme alle amiche, la scuola nuoto. Un giorno mentre uscivo dalla vasca della piscina, dopo l’allenamento, mi resi conto di aver perso la totale sensibilità agli arti inferiori e di non riuscire più a camminare. La sensazione era quella di pesare un quintale; non avevo forze nel sollevarmi e sentivo le gambe pesantissime. Non mi allarmai subito, tant’è vero che decisi di recarmi dal medico di famiglia solo il giorno seguente». I sintomi che presentava Sabina erano, purtroppo, piuttosto chiari: “Il medico capì subito cosa mi stava succedendo; sospettando qualcosa di neurologico mi fissò un consulto”. I sintomi dell’incombenza della sclerosi multipla sono diversi ma nello stesso tempo specifici: «La perdita della sensibilità agli arti così repentina, ovvero l’impossibilità di sentire caldo, freddo o la pressione tattile, è uno dei campanelli dall’arme. Un altro sintomo è la diplopia, cioè lo sdoppiamento della vista». Da quel momento Sabina segue una terapia farmacologica che nel corso degli anni, per diverse esigenze, ha modificato: «Inizialmente c’è stata una terapia d’attacco perché lo sfogo della malattia è particolarmente irruento ed immediato. Le prime fasi sono quelle più complesse da affrontare».La sclerosi multipla è una malattia “subdola”, come la definisce Sabina, che si nasconde sotto una coltre finché non decide di palesarsi. La scienza ha sicuramente fatto degli eccellenti passi avanti nella terapia, portando ad una maggiore comprensione della malattia e migliorando decisamente la qualità della vita delle persone che ne sono affette: «Non si può guarire da questa malattia. La terapia non consente una cura definitiva, ma serve a rallentarne il decorso e i suoi sintomi e ad oggi permette di condurre una vita “abbastanza” normale mentre fino a non molto tempo fa, in due o tre anni dalla diagnosi, la disabilità era inevitabile». Il desiderio di maternità. Sabina ci racconta che l’ipotesi di diventare madre non è mai stata messa in dubbio dalla sua malattia: «Io e mio marito volevamo avere un figlio e quindi decisi di interrompere la terapia per un periodo; ma dopo vari tentativi avevo perso le speranze di rimanere incinta e stabilii di riprendere. Come spesso accade è proprio nel momento in cui non stai pensando all’idea di un figlio che il miracolo accade. L’Interferone (l’immunomodulante che stavo assumendo) non causa problemi al feto, quindi sostanzialmente avrei potuto proseguire con la terapia, ma essendo un momento nel quale stavo bene i medici mi hanno proposto di sospendere la cura per i nove mesi della gravidanza e farmi proseguire in tranquillità. Un aspetto “curioso” e bellissimo della gravidanza è che durante i mesi di gestazione è come se si fosse immuni dalla malattia. Non progredisce. In quei mesi sono stata benissimo – continua Sabina – come non lo ero da tempo. Ho preso il peso giusto e ho persino fatto attività sportiva. Certo, la vita mi ha tolto qualcosa da quando ho scoperto la malattia, ma nello stesso tempo mi ha regalato la cosa più bella che potessi desiderare: mia figlia. Una bambina stupenda e in perfetta salute e, nonostante dopo il parto sia quasi scontata una ricaduta importante della malattia, rifarei questa scelta altre mille volte».
* La Donna Sarda