di Annalisa Atzori
Gianni Mantovani è nato a Bovolone (VR) nel 1949. Fotografo, artigiano, artista, inizia con il “Gruppo 77”, laboratorio di fotografia, pittura e installazioni. Lavora come fiorista e diventa insegnante della scuola nazionale Assofioristi con sede a Cesena. Partecipa a vari concorsi fotografici ottenendo riconoscimenti e premi importanti. Vengono stampati libri e riviste sui suoi lavori, come “I maestri del tabacco”, sulla lavorazione del tabacco nella bassa veronese, o “Quando l’amore non ha misura” sulla vita comportamentale dei disabili. E ancora “Modificazioni del paesaggio rurale nella bassa veronese”, reportage fotografico che mette a confronto i cambiamenti avvenuti nel nostro ambiente tra il recente passato e il presente. Negli ultimi tempi, ha ripreso a creare opere con materiali come plastica, legno, ferro, sassi, terra e stoffa. E’ ora socio di Arti Visive di Bovolone. Per l’associazione Sebastiano Satta di Verona ha presentato sabato 24 gennaio un reportage fotografico del 2006, quando nei primi giorni dell’anno si era recato nel nord della Sardegna per una breve vacanza. Si tratta di alcuni scatti in digitale e altri ricavati da diapositive, tecnica che Mantovani utilizzava ancora all’epoca del viaggio. Le varie immagini sono state presentate dall’autore e da Maurizio Solinas, che conosce molto bene la zona, essendo originario di Bonorva.
Alghero. La prima immagine mostra alcuni ombrelloni chiusi, nei primi giorni la cittadina è quasi deserta. Le balze rosse degli ombrelloni fanno pensare al vestito delle ballerine di Flamenco. Alghero la fondano i Doria nel 1102. Gli abitanti originari furono esiliati, per dar posto ai sudditi del figlio del re di Spagna. Alcune foto di case ad architettura spagnola ne sono testimonianza, in questa zona si parla Catalano come a Barcellona. Scorrono le immagini della passeggiata lungomare, la cattedrale, le palle di cannone, i bastioni spagnoli, la fortezza. Ecco ancora il mare che rispecchia il colore grigio del cielo, in primo piano i fichi d’India (sa figumorisca). Alghero (da “alghe” ossia posidonia, che ricopre i fondali e stabilisce il grado di purezza dell’acqua) è famosa per il corallo sardo, scuro, rosso cupo, che si raccoglie, ormai a più di 70 metri di profondità e che si vende a peso d’oro. Il corallo rappresenta la circolazione sanguigna, la vita. Spesso infatti Gesù bambino nelle rappresentazioni pittoriche tiene al collo un rametto di corallo. I ricchi signori inglesi e austriaci andavano in vacanza ad Alghero per curarsi la tisi, già nel 1700, alcuni edifici in stile sono rimasti a testimonianza. Garibaldi aveva qui una goletta chiamata “Il Lombardo”con la quale portava i turisti. In tempo di colera, la Il Lombardo servì a chi voleva allontanarsi.
Fertilia. Il terreno dove sorge l’aeroporto è nato dalla bonifica delle paludi fatta in epoca fascista. Il lavoro delle bonifiche serviva per assorbire la disoccupazione dell’epoca, chi non andava nelle campagne in Libia era destinato alle bonifiche. A Fertilia c’erano i Veneti. Poi, alcuni di essi sono migrati verso il Sudamerica, soppiantati nel dopoguerra dai profughi Istriani, A Alghero, all’ultimo dell’anno c’è una meravigliosa sfilata di carri.
Capo Caccia. Il faro è stato comprato da un privato che ora vi alloggia con tutta la famiglia. Si trova qui la famosa Grotta di Nettuno, raggiungibile tramite il traghetto oppure a piedi, scendendo 654 gradini, la famosa escala del cabirol. C’è anche la Grotta Verde, più antica da poco anch’essa visitabile. Le rocce granitiche della Gallura hanno colori particolari e forme scolpite dal vento. Il materiale di cui si compongono infatti si è solidificato quasi all’esterno della crosta terrestre ed è quindi meno resistente, più modellabile dai venti impetuosi.
Castelsardo. Prima Castelgenovese, poi Castelaragonese, infine Castelsardo. Famosa per il “Museo dell’intreccio”, patria dell’arte prettamente femminile di intrecciare, non solo i ben noti cesti ma anche le nasse per le aragoste. Si può ancora ammirare il Castello dei Doria. Alcuni grandi vasi con le loro forme generose rendono omaggio a quelle femminili.
Isola Rossa. Le rocce di questa zona devono il loro particolare alla forte concentrazione di otoclasio. I momenti più suggestivi sono l’alba e il tramonto.
Porto Torres. Le immagini sono volutamente in bianco e nero, a rendere più drammatico lo strazio delle raffinerie, grigie cattedrali nel deserto. Dei tanti poli petrolchimici costruiti senza criterio, per far lavorare i sardi che poi sono diventati assistiti e poi ancora disoccupati, l’unico in funzione a pieno regime è quello nei pressi di Cagliari.
Roccia dell’Elefante. Anche questa di origine vulcanica, è composta di trachite. Dai sardi Neolitici era utilizzata come luogo di sepoltura. La proboscide era più lunga, ma sfortunatamente è stata danneggiata dal passaggio di un autotreno.
San Michele di Salvenero. Costruita nel 1000-1100, in piena epoca di evangelizzazione, comprende chiesa e monastero. E’ una chiesa campestre, baricentro rispetto a più paesi dell’area. In Sardegna, le chiese più belle sono quelle in stile romanico/pisano. Questa è costruita con pietra pomice e coccio bianco e nero.
Duomo di Sassari. L’interno è in stile gotico/catalano, ma la facciata è barocca. Sassari è povera di monumenti, ad eccezione delle fontane, di cui si hanno tracce negli scritti intorno al 1300. Erano costruite seguendo la logica delle fonti sacre, legate al mito della Luna e stilizzazione del sesso femminile. Sassari è nota anche per la Cavalcata Sarda, che si tiene la penultima domenica di maggio e per la Discesa dei Candelieri (Faradda di li candareri), la sera prima dell’Assunzione (Ferragosto).
Spiaggia di Platamona. 15 km di spiaggia, sabbia bianca mista a conchiglie. La spiaggia è circondata da un’immensa foresta di pino marittimo, piantata in epoca fascista.
San Michele di Plaiano. Chiesa campestre del XI secolo, il più antico edificio medievale del territorio.
Basilica di Saccargia. Una delle più belle chiese romanico/pisane di tutta la Sardegna. Gli scavi nei pressi della basilica sono stati interrotti per mancanza di fondi e il sito è stato ricoperto di perlite naturale della zona. All’interno, gli affreschi richiamano quelli delle “Domus de Janas Sanr’Andria Priu” nei pressi di Bonorva.
Stintino, Isola dell’ Asinara e Capo Testa. Alcuni scatti in bianco e nero. Il carcere di massima sicurezza dell’Asinara fu costruito sull’isola, circondata da un mare agitato da correnti fortissime, che di giorno vanno in una direzione e di notte vanno in quella opposta. Effettivamente solo un galeotto è riuscito ad evadere con successo (tale Matteo Boe, bandito di Lula). L’Asinara fu anche campo di concentramento degli austriaci nella guerra ’15-’18 e cimitero degli stessi. Il Parco Nazionale dell’Asinara ospita tra le altre specie i ben noti asinelli albini, dal pelo bianco, la pelle rosa e gli occhi azzurri. Ancora qualche scatto in bianco e nero del fico d’India, pianta non endemica ma importata dalle Americhe, che è poi diventata un simbolo del territorio.
Questo è solo un assaggio di quanto la Sardegna del Nord può offrire al visitatore, ma senz’altro le immagini che scorrevano in sala saranno fonte di ispirazione a chi in questo periodo comincerà a programmare i suoi prossimi viaggi.