di Claudio Moica
Solo poche cose resistono al tempo: la memoria e i progetti fatti con amore. Questi due ingredienti fanno sì che il ricordo di Italo Diana, originario di Sant’Antioco, sia di fondamentale importanza per la storia contemporanea di Sant’Antioco. Infatti non si può asserire che il compianto maestro del bisso non abbia dato lustro alla cittadina lagunare, considerato che ancora oggi le tecniche di tessitura da lui insegnate sono seguite dalle ultime maestre. Sino all’anno scorso era ancora in vita Efisia Murroni, l’ultima allieva del Diana; sino alla fine non solo ha trasmesso le sue conoscenze a molte donne e ragazze, fra le quali Assuntina e Giuseppina Pes, ma ha anche raccontato aneddoti del suo maestro. Efisia Murroni nasce a Sant’Antioco nel 1913 e all’età di 15 anni frequenta la scuola di tessitura di Italo Diana. Intorno agli anni ’40 il marito le fa costruire un telaio per poter intraprendere l’attività, che porterà avanti fino ai primi anni ’50. A seguito di problemi di salute, decide di interrompere il lavoro e aprire una rivendita di materiali elettrici. Numerose sono state le sue opere sul Bisso, sia fatte in collaborazione con le altre allieve del Diana singolarmente. Di molti lavori si sono perse le tracce come la famosa tunica in Bisso fatta per una statua di San Francesco d’Assisi. A lei si sono interessati molti studiosi svizzeri oltre ad essere stata inserita in una tesi di laurea fatta da Cinzia Bullegas dal titolo “La lavorazione del bisso a Sant’Antìoco: aspetti etnolinguistici. (2005/2006)”. Ma è dalla voce emozionata della figlia, Gemma Baghino, che emergono aspetti singolari della madre e del suo maestro “ Mia madre, insieme ad alcune sue coetanee (tra cui Maria Vacca, Raffaella Schirru, Leonilde Mereu, Jolanda Sitzia, Margherita Sitzia) ha frequentato la scuola di Italo Diana dove ha acquisito tutte le tecniche di tessitura dalla lana, al lino, alla seta e alla lavorazione del bisso marino. Ricordava sempre – dice Gemma – che al suo maestro piaceva sperimentare tanto che, non solo per il bisso ordinava e sceglieva le nacchere dai pescatori, ma arrivò a piantare i semi del lino affinché potesse insegnare alle sue allieve tutta la procedura della tessitura: dalla semina, alla seccatura, alla macerazione, fino all’estrazione delle fibre.” Un maestro non geloso delle sue conoscenze ma generoso e attento che tutte le sue allieve imparassero i trucchi della tessitura da lui riscoperti, tanto da farle innamorare del proprio lavoro, affinché venisse trasmesso ad altri. “Eravamo amici della famiglia del sig. Italo – prosegue la Baghino – tanto da respirare appieno il suo entusiasmo. Nonostante mia madre avesse interrotto la produzione, ha proseguito comunque a fare lavori per la famiglia. Mi ha anche insegnato alcuni rudimenti sulla lavorazione del Bisso tanto da fare un gilet che è stato esposto anche al museo in Svizzera.” Intorno alla fine degli anni ’90, Efisia Murroni, insegna alle sorelle Pes l’arte del Bisso Marino proprio perché non venisse dimenticata e queste ultime continuano a lavorarlo; a testimonianza di questo un quadro lavorato con il Bisso dalle Pes e donato alla Murroni riconoscendole la maestria. “La scuola di Italo Diana era molto conosciuta, tanto da essere oggetto
di visita da parte dei turisti dell’epoca – prosegue Gemma Baghino – questo perché la sua produzione era richiesta da molti.” Efisia Murroni, come le altre allieve, aveva sicuramente un’attitudine artistica: la figlia ricorda il suo amore per le opere liriche, una passione che coltivava assiduamente fino a riconoscerne il nome dalle prime note. Ad Italo Diana, sicuramente, il merito di aver risvegliato le capacità di ciascuna allieva fino a far amare loro, cosi come dovrebbe essere, il proprio lavoro. Restano ai familiari, ma non solo, delle perle e alcuni fili di bisso che Efisia Murroni regalava sempre con gli occhi emozionati e meravigliati dalla bellezza di questa fibra “Guardatelo sempre verso il sole e vedrete quante sfumature di color oro contiene.” Diceva la compianta maestro del Bisso. Questa magnificenza per merito di Italo Diana, e delle sue allieve poi, da semplice bioccolo è diventato uno dei prodotti più preziosi che Sant’Antioco possa vantare. Considerato che le cose preziose devono essere custodite adeguatamente ma anche rese pubbliche, perché non raccogliere tutte le opere e conservarle a futura memoria presso il museo etnografico del paese? All’amministrazione comunale l’arduo compito!