di Patrizia Boi
Chiamarlo documentario sembra di certo riduttivo vista la poesia che permea le parole e le immagini che Peter ha saputo cogliere nel mondo magico della grande artista.
Non è facile dire se siano più poetiche le frasi sussurrate da Piera mentre racconta se stessa o il modo che ha usato Peter per farne emergere la figura umile, intensa, forte, ma assolutamente vera e capace di trasmettere tutto il suo cuore.
Certo è che questa attrice si fa amare proprio per questa sua personalità del tutto anticonvenzionale che emana la verità della sua essenza, per quel sussurrare i segreti della sua esistenza con naturalezza, per quel bisogno di ricevere affetto e consenso come una bimba che parla a sua mamma. Qualcuno potrebbe chiedersi per quale motivo raccontare le Storie di Piera piuttosto che di qualche altra donna con un passato veramente straordinario da tramandarci, magari un’eroina, una profetessa, una donna che ha cambiato l’umanità…, eppure l’interesse che suscita Piera nel narrare la sua vita coinvolge tutti, accompagna per mano il pubblico, lo sballotta, lo schiaffeggia, gli fa fare una piroetta e lo riporta a posto attonito non tanto per la sua straordinarietà ma per quella ingenuità di bimba che accarezza il cuore della gente come in un sogno. Mi rammenta quella frase di Baricco in Novecento che recita: “Non si è un perdente se si ha ancora una storia da raccontare…”.
Non perché Piera possa essere perdente, giacché ha una grande carriera di attrice alle spalle, ma perché Piera non racconta in realtà solo la sua passione di attrice, bensì narra della sua famiglia, della sua vita di persona normale – si fa per dire – inserita in una famiglia un poco sopra le righe. E Peter che lo ha compreso bene è riuscito a esaltare questa spontaneità anche attraverso le testimonianza di personaggi importanti che hanno lavorato con lei, da Bellocchio a Tornatore, da Nanni Moretti a Sorrentino, da Milani ai fratelli Taviani, fino alle amiche Dacia Maraini e Lina Wertmüller e a Marco Ferreri che dalla vita di Piera trasse un film su Piera stessa e su sua madre.
La cosa che mi piace dei film di Peter è la passione che pone sul soggetto da raccontare sia che si tratti del mondo degli zingari, della splendida figura di Alina, della dolcissima Alice che vuole aiutare suo padre o della grandissima Piera. È come se lui dipingesse ogni suo lavoro di magia e di mistero: mi pare di vederlo quando torna nella sua città, lui cittadino del mondo, lo immagino immergersi nel ricordo come se ne inspirasse i profumi, i colori, i segreti. Lo vedo passeggiare nella lunga spiaggia cagliaritana e domandare al vento di trovare una nuova ispirazione, raccogliere un osso di seppia, osservarlo attentamente, guardare l’orizzonte lontano e nutrirsi con i piedi dentro l’acqua dell’energia della terra, della sua terra. Anche nel film su Piera, in quelle scene iniziali di donne al mare, non trascura di svelare la magia di una terra, si ha quasi la sensazione che quel mare sia il suo mare sardo e che Piera sia un pezzo della Sardegna. Peter non sceglie di raccontare Piera per fare un affare, ma perché lui si innamora di quella figura indomabile e ingestibile come la Degli Esposti. Piera è una dea, una donna forte e di carattere che riesce a plasmare il mondo esterno per portarlo dove lei vuole andare, una dea greca, una sacerdotessa che maneggia il potere a suo piacimento. Cos’altro è un’attrice se non colei che padroneggia il personaggio come una dea? Lo ascolta, lo sente, lo respira, lo vive, entra dentro di lui e si immedesima nella sua anima tanto da carpirne ogni segreto, ogni mistero, ogni intima essenza facendone inginocchiare l’anima al suo volere. Così come un poeta raccoglie i suggerimenti del mare, i sibili del vento, i discorsi degli uccelli e della pioggia per riversarli nella cesta della poesia, così l’attrice, l’attore, ascoltano le voci degli spiriti del passato, odono i sussurri delle anime incatenate a un destino, a una storia, a un dramma, a una tragedia e le traspongono attraverso la loro personale interpretazione donandole al mondo vive e vere come le hanno intensamente sentite. In questo processo l’attore si cura e offre agli spettatori trasportati in un’altra dimensione quell’emozione che li immerge nel loro stesso sogno disvelandone il mistero. Piera si preoccupa di aver trasmesso il messaggio allo spettatore, ha anzi assoluto bisogno di sapere cosa lui ha sentito, si vuole sentire circondata dal suo affetto, vive della luce riflessa nei suoi occhi soddisfatti. Eppure, io stessa, dopo la proiezione del film, avevo bisogno di silenzio, non riuscivo a fare domande a Peter e a Piera, non perché il film non mi avesse fatto riflettere, ma proprio perché il film aveva talmente scosso le mie emozioni, che desideravo stare in assoluto silenzio immersa nella sua bellezza.
Gli applausi sono stati continui e coinvolgenti dopo la proiezione e il pubblico si è alzato in piedi per esprimere un sentito omaggio al regista e alla sua protagonista ed è rimasto in sala senza interrompere il flusso di emozioni che lo ha scosso per tutta la durata della film.