di Francesca Cardia *
In Sardegna la sclerosi multipla fa più paura che nel resto d’Italia. L’incidenza nell’Isola è di più di due volte superiore al Continente. Quanti pazienti seguite nel centro dell’ospedale San Francesco di Nuoro? Fa più paura non direi, ma dobbiamo fare i conti con una popolazione molto estesa di pazienti. L’incidenza nell’Isola ormai è di 12 nuovi casi per 100mila abitanti l’anno contro una media fra i 3 e i 6 del Continente. I dati di prevalenza sono ormai 210-220 casi per 100mila abitanti, contro una variabilità da 6 a 80 nelle diverse aree del resto d’Italia. Qui a Nuoro seguiamo circa 500 pazienti affetti da sclerosi multipla. Anche noi, come tutti, abbiamo osservato un incremento della malattia negli ultimi anni. Questo è dovuto un po’ all’affinamento delle tecniche diagnostiche ed alla possibilità di fare diagnosi in epoca più precoce rispetto all’esordio della malattia; dall’altro al miglioramento dell’assistenza ai pazienti che sicuramente ne prolunga la sopravvivenza, anche se la vita media del paziente con la sclerosi multipla non si discosta molto da quella di una persona non affetta dalla patologia. Però tutti i neurologi sardi hanno la chiara percezione che la malattia sia in aumento a partire dagli anni Settanta. Il problema vero è che a tutt’oggi non esiste un registro sardo della malattia, carenza già evidenziata nel Piano sanitario 2006-2008, che tutt’ora è in gran parte inattuato ed è ancora validissimo. E’ evidente che se devo programmare in un territorio la ripartizione della spesa sanitaria devo conoscere le principali problematiche di salute della popolazione che in quel territorio risiede. Il primo quesito è: quanti pazienti affetti da Sm ci sono in Sardegna in questo momento? Stando ai dati dei più grossi centri dovrebbero essere oltre quattromila, il che non è un dato veritiero perché significherebbe avere una prevalenza di circa 300 per centomila abitanti. Questa sovrastima è dovuta al fatto che i pazienti migrano da un centro all’altro e sono pertanto registrati in più centri. Fondamentale e preliminare a qualunque studio è il dato epidemiologico: quanti pazienti in Sardegna sono affetti da sclerosi multipla in questo momento e quali forme di malattia hanno, perché è chiaro che i pazienti che hanno un esordio di malattia recente e un grado di disabilità nullo o lieve richiedono un livello assistenziale, anche sul piano economico, completamente diverso rispetto a chi è affetto dalla malattia da dieci, venti, trent’anni, che ha sviluppato una disabilità moderata o severa e richiede un’assistenza molto più impegnativa sotto tutti i punti di vista (per intenderci sul piano strettamente economico si può calcolare che tra costi diretti ed indiretti di malattia il divario sia dai 20mila euro l’anno del primo caso, a oltre 60mila euro l’anno nel secondo). L’altro aspetto importante è capire perché la malattia abbia avuto un incremento direi esponenziale a partire dagli anni Settanta, dato che, anche se non ci sono degli studi scientifici in proposito, è ormai universalmente riconosciuto. Capire quali sono i fattori che hanno determinato questo incremento della patologia ci può portare alla conoscenza dei fattori di rischio ambientale e una possibile azione di prevenzione. La sclerosi multipla in Sardegna ha sicuramente un forte connotato genetico, però la genetica non spiega tutto. L’aumento esponenziale della malattia, la cui genesi è multifattoriale, può essere spiegato solo con dei cofattori esterni che hanno determinato lo scatenamento della patologia in individui geneticamente predisposti.
La mozione 291 presentata nel corso della scorsa legislatura parlava chiaro: i dati epidemiologici evidenziano come nei territori di competenza della Asl di Nuoro e Sassari ci sia una presenza di pazienti addirittura superiore alla media regionale. Riuscite a garantire a tutti i cittadini uguale accesso alle diagnosi e alle terapie con i mezzi che avete a disposizione? In realtà l’incidenza e la prevalenza della malattia non variano in modo sostanziale tra le diverse zone della Sardegna. Ci sono dei cluster, delle aree come il Sulcis, o dei paesi del centro Sardegna in cui la malattia ha una incidenza e una prevalenza particolarmente elevata, per lo più legata alla presenza di forme familiari. Ma in generale incidenza e prevalenza possiamo stimare siano uguali in tutta l’Isola, forse nelle zone interne un pochino più elevata ma perché sono rimaste storicamente e geograficamente isolate. Per cui dal momento che nel determinismo della malattia hanno un grosso peso i fattori genetici, l’effetto fondatore di un eventuale portatore dei geni mutati può essere più rilevante rispetto ad alcune regioni, come quelle costiere, dove il mix razziale è stato sempre storicamente maggiore. L’Italia, non solo la Sardegna, ha una situazione privilegiata sul trattamento della Sm rispetto ad altre nazioni europee e agli Usa, perché in Italia quando sono stati messi in commercio gli interferoni, per garantire una appropriatezza prescrittiva, anche nell’ottica di economizzare le risorse, sono stati istituiti i centri Sclerosi multipla. Questa è stata una felice intuizione da parte delle autorità regolatorie che ha fatto sì che si formasse una popolazione di neurologi competenti nell’ambito della Sm, che garantisce una correttezza diagnostica, una appropriatezza prescrittiva e anche un follow up assistenziale conforme alle linee guida internazionalmente riconosciute. L’esistenza di questi centri ci consente di seguire i nostri pazienti con percorsi diagnostico-terapeutici efficaci e anche efficienti in termini di economicità. Sicuramente nel futuro si porrà un problema, perché stanno venendo fuori nell’ambito della sclerosi multipla farmaci innovativi e costosi e bisognerà capire se le risorse che abbiamo a disposizione, che sappiamo essere limitate, potranno garantire la copertura a totale carico del Sistema sanitario nazionale o se ci sarà una co-partecipazione alla spesa da parte del paziente. In alcune regioni che in ambito sanitario sono più avanzati di noi, come l’Emilia Romagna, si sta andando già in questa direzione; la distribuzione di farmaci immunomodulanti o dei nuovi farmaci di seconda linea per la Sm ha delle norme prescrittive e restrittive, perché probabilmente non è possibile con le risorse attuali garantire tutto a tutti. Per il momento, da questo punto di vista, siamo un’isola felice nonostante il crescente deficit in sanità.
Arru, assessore alla Sanità, ha annunciato che ad ottobre presenterà una prima bozza di piano sanitario. Che cosa sarebbe auspicabile che venisse definito per la sclerosi multipla? Io penso che il dottor Arru per quel che riguarda la sclerosi multipla dovrebbe semplicemente riproporre e rendere effettivi e reali gli obiettivi che si era prefissato il piano sanitario 2006-2008 che, ripeto, sono ancora attuali ma purtroppo inattuati. Obiettivi che concordano benissimo con le linee guida che la Sin, Società italiana di neurologia, ha proposto per il trattamento della Sm e che sono stati ribaditi nella recente mozione Cozzolino. Piano sanitario, linee guida Sin e mozione 291 sono tutte perfettamente in sintonia con quello che noi neurologi sardi vorremmo venisse fatto per la sclerosi multipla. Io credo che l’assessore Arru lo farà: è un collega, ha lavorato in ospedale, ha manifestato più volte l’intenzione di voler coniugare le evidenze scientifiche con un utilizzo corretto delle risorse. E’ attento ai problemi dei centri e crede nell’efficacia della rete per garantire l’universalità dell’accesso alle cure a tutti i pazienti dell’intera Isola. E penso che questo sarà uno dei suoi obiettivi.
Il potenziamento dei centri Sm e un finanziamento dedicato e blindato alla patologia garantirebbe la costituzione di una rete assistenziale e la riorganizzazione territoriale con un notevole risparmio in termini di costi sanitari e vantaggi per i pazienti. Avete ricevuto garanzie dall’assessorato sulla possibilità di impegnarsi su questo fronte, ricalcando il vecchio piano? Non abbiamo ancora avuto un contatto con l’assessore, se non informale. Sarebbe auspicabile che convocasse, così come previsto nel Piano sanitario stilato dalla Dirindin, le parti in causa, i rappresentanti dei centri Sclerosi multipla presenti in Sardegna con le associazioni dei pazienti, per mettere insieme un tavolo di lavoro e migliorare quello che si può e si deve perfezionare per un’assistenza adeguata a questi pazienti. Potenziare i centri e creare una rete nel territorio è quello che dovrebbe essere fatto per la sclerosi multipla. Se un paziente viene da me per una risonanza questa deve essere eseguita secondo protocolli comuni in maniera tale che se poi il paziente decide di farsi seguire in un altro centro non sia necessario ripeterla; e questo vale anche per la terapia e per il follow up. Se i protocolli sono comuni e condivisi non si disorienta il paziente e non si sprecano risorse pubbliche. Oltretutto si riduce la migrazione dei pazienti, perché è facile spostarsi quando non si ha disabilità, ma quando questa aumenta, diventa estremamente gravoso per i malati dover raggiungere un centro lontano dal loro luogo di residenza.
Quindi lei riterrebbe importante la costituzione di una Commissione tecnico-scientifica che possa dialogare con la Regione per definire un percorso diagnostico terapeutico assistenziale rivolto alla Sclerosi multipla, così come previsto dal Piano sanitario regionale 2006-2008 e richiesto anche con la mozione 291? Direi fondamentale. Lo scorso fine settimana durante il convegno dedicato alla Sla, era presente anche Luigi Arru che nel corso del suo intervento si è impegnato a ricostruire la commissione regionale Sla e penso che farà lo stesso non solo per la sclerosi multipla ma anche per altre malattie degenerative neurologiche, come la demenza e l’epilessia per le quali il lavoro delle rispettive commissioni, delle quali ho fatto parte, ha elaborato una proposta di riorganizzazione, sempre secondo il modello delle reti assistenziali, che in altre regioni si è dimostrato un modello vincente. Le proposte devono partire dal territorio, il politico se ne deve far carico e decidere coniugandole con le risorse a disposizione. Ma l’unica maniera utile di lavorare è avere dei centri di riferimento inseriti in una rete capillare che copra l’intero territorio: Olbia è totalmente scoperta, così come Oristano. Si potrebbe lavorare bene con pochi centri e neurologi di riferimento nel territorio, ma ci dobbiamo mettere insieme capire intanto quanti sono i pazienti, quale sia il grado della loro disabilità, quali debbano essere gli indirizzi diagnostico-terapeutici e le esigenze assistenziali di questi pazienti e costruire insieme un percorso, l’unica sistema per fare una buona sanità. Un tavolo tecnico sulle patologie più diffuse nell’Isola, quali quelle autoimmuni che assorbono molte risorse, bisogna crearlo per forza. Penso che Arru lo sappia e sia perfettamente d’accordo. Se poi lo dovesse dimenticare glielo ricorderemo noi.
* sardegnamedicina.it