di Alessandro Carta
Un libro nel quale è racchiusa la tenacia di una ragazza sarda, difficilmente arrendevole di fronte alle contrarietà della vita e capace di rinunciare al momento apparentemente propizio per inseguire i suoi obiettivi e i suoi sogni. In questo libro, Valentina Pusceddu, attraverso un’autobiografia romanzata scritta in prima persona, è diventata la protagonista Valeria e Pusceddu è stato italianizzato in Pulci. Si tratta evidentemente di un’autobiografia bell’e buona, sia pure romanzata, che, per quanto l’autrice ormai realizzata (madre di due figli e sposa di Marco), rende partecipe del suo conquistato equilibrio sociale e psicologico tutti i protagonisti del libro. In fondo in fondo, pare di cogliere anche un velato messaggio (potrebbe anche rivelarsi infondato): far sapere a quanti l’hanno conosciuta in momenti di difficoltà, compreso il suo precedente uomo Riccardo, che lei non solo si è laureata, a pieni voti, ma è anche mamma e sposa felice. Ma questa storia di Valeria Pulci (Valentina Pusceddu), così come raccontata, sia pure senza il palinsesto letterario più conclamato, merita una riflessione, perché è storia comune di tanti giovani emigrati dalla Sardegna “in cerca di fortuna”, molti dei quali hanno vissuto pagine comuni con quelle di Valeria: paura di non farcela, iniziali difficoltà economiche, ricerca di un posto di lavoro e di abitazione, sentimenti legati alla terra d’origine difficilmente soffocabili. “Ho paura delle relazioni importanti. Nel mio immaginario mi fanno sentire chiusa in una specie di gabbia sebbene desideri con tutta me stessa crearmi una famiglia e avere un marito che mi voglia bene e al quale voler bene. Qualche anno fa ho avuto un’altra storia, lui era innamorato di me e io l’ho lasciato. Anche in quell’occasione ho avuto dei problemi di ansia che però ho superato una volta che mi sono allontanata da lui. I sentimenti dentro di me non sono coerenti. Vorrei tanto abbandonarmi a questo nuovo amore, ma dall’altra parte mi sento frenata dall’immagine di quella gabbia. Mi fa paura perché sento che questo ragazzo può essere quello giusto. Marco è qui, possiamo costruire un rapporto normale, non c’è alcun impedimento alla realizzazione di una relazione in piena regola e io scappo. ..Ho paura di non essere in grado di riuscire in un’impresa in cui riescono tante persone: stare insieme e formare una famiglia…” Questo è il filo conduttore di “Valeria Pulci verso la felicità”. Un filo non poi tanto sottile, mosso e teso, al punto che il più delle volte ha rischiato di spezzarsi. Tuttavia, la protagonista, alla fine, trova una forza interiore che, grazie anche alle amicizie giuste, riuscirà a dare un senso alla sua vita di aspirante donna matura: genitori chiamati a Brescia e con i quali convive, la ripresa degli studi universitari (con laurea a pieni voti), pratica sportiva, impiego e stima dei colleghi, conoscenza di una ragazzo dolce come Marco con il quale decide di mettere su famiglia… Nell’insieme il libro è composto di tanti quadretti, quasi da fotoromanzi, in cui la figura di Valeria Pulci resta sempre in primo piano, anche perché l’intera opera nasce e si sviluppa in prima persona da parte dell’autrice. Le uniche rare divagazioni descrittive sono concesse al mare di Sardegna, da cui Valeria proviene, e alle sue usanze, anche se scarsamente descritte. “E’ una storia romanzata scritta con semplicità e passione, un libro che approfondisce delle vicende vere e condivisibili”. Soprattutto è una storia personale che si lascia leggere, senza incontrare tortuosità scenografiche, in cui il modo semplice d’esprimersi coinvolge il lettore in qualche cosa, o solo in parte, già conosciuto o vissuto.