“COSI’ CI UCCIDONO”, IL LIBRO DI EMILIANO FITTIPALDI: LA LENTA MORTE DI CHI VIVE IN AREE INQUINATE


di Vania Statzu

Il Sulcis Iglesiente è noto a livello nazionale per le sue miniere e per le infinite proteste contro l’una o l’altra delle grandi aziende che hanno cessato o pensano di cessare le proprie attività. Troppo poco si parla dell’eredità che molte di queste aziende hanno lasciato in questa terra. È di fine aprile, l’ennesimo allarme sull’inquinamento nell’area, inquinamento che determina serie conseguenze sulla salute. In quella data, infatti, è stata emanata un’ordinanza di distruzione delle confezioni di latte caprino prodotto in una delle località della zona per via dei superamenti dei limiti delle norme di legge per quanto riguarda la presenza di diossine, furani e PCB e Diossina-simile. E questo pochi giorni dopo l’emissione di analoghe ordinanze per il superamento dei limiti per la presenza di piombo nel latte ovino. Gli ultimi sviluppi della vicenda  mettono in evidenza come la pericolosità per la salute dei prodotti agricoli e agroalimentari provenienti dalla zona sia ampio e comprenda oltre ai latticini, le carni, i prodotti ortofrutticoli, mitili e granchi provenienti dal bacino di Boi Cerbus. Si tratta di una situazione non nuova ma che dovrebbe essere ben diversa visto che esiste, ed è stato finanziato, già nel 1993 un piano per il risanamento dell’area. Il Sulcis, quindi, come tante altre zone d’Italia: la “Terra dei Fuochi” con le sue innumerevoli discariche abusive di rifiuti pericolosi, la Taranto dell’ILVA, la Brescia della Caffaro e tanti altri. In realtà, queste situazioni sono molto comuni in Italia e riassumerle non è facile: ma c’è chi lo ha fatto per noi, Emiliano Fittipaldi, scrivendo nel 2010, un libro dal titolo quanto mai eloquente: “Così ci uccidono”. Per capire di cosa tratta il libro è sufficiente la lettura del retro della copertina: in Italia, sono 35.000 i morti e mezzo milione i malati che ogni anno sono causati dalle sostanze tossiche ingerite o inalate; 6740 i chilometri quadrati contaminati da veleni (un’area superiore alla Liguria), 15 milioni le persone che vivono in zone considerate a rischio sanitario.  Una situazione di cui si parla poco, troppo poco, per non allarmare la popolazione ma soprattutto per non intaccare interessi – non solo economici e spesso, ma non sempre, non legali – che lucrano su questa situazione. La lettura del libro è per stomaci forti, anche perché si apre col racconto di cosa si trova nel cibo che mangiamo e nell’acqua che ingeriamo. Chi ha già letto il libro non si è certo stupito di quanto accaduto nel Lazio, dove dopo anni di ammissibilità in deroga, l’acqua contenente un tasso di arsenico troppo elevato è stata dichiarata non potabile rendendo gli abitanti emuli – loro malgrado – di Mitridate. Vecchia storia: ricorda quella recente accaduta in Abruzzo, ricorda la storia lontana dell’atrazina. Il libro prosegue con un mix di racconti sulle storie di distruzione ambientale e sanitaria di aree specifiche del paese che attraversano l’Italia da un capo all’altro. Si parla anche di uomini e di donne in questo libro, sia quelli che hanno contribuito a distruggere la qualità ambientale di questo paese e a compromettere, in alcuni casi, per generazioni e generazioni la salute dei suoi abitanti – anzi, come dice l’ultimo capitolo “per sempre” – e di quelli che con i mezzi a loro disposizione cercano di lottare contro questa situazione. Non certo una lettura “estiva”, ma una lettura fondamentale per capire molto del Paese nel quale viviamo.

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