”Le launeddas hanno una storia ininterrotta di 2.500 anni sulla terra sarda e sono sopravvissute alla cultura tribale dell’età del bronzo, adattandosi ai continui cambiamenti di una società in evoluzione e arrivando ad essere, come oggi le troviamo, parte integrante della comunità agricola del XX secolo […] Torno a casa con il tesoro che ho preso dalla Sardegna. Queste cose che ora sembrano normali faranno meravigliare le future generazioni”. Andreas F. W. Bentzon
Accade spesso che piccoli avvenimenti di poco conto, che sembrano non avere peso nel momento stesso in cui vengono vissuti, si rivelino cruciali e determinanti per il corso della propria esistenza secondo un’attenta e ragionata lettura successiva. Nel 1977 Dante Olianas non poteva ancora prevedere come la sua inaspettata e casuale conoscenza dell’universo delle launeddas, avvenuta quasi furtivamente durante una nottata di occupazione della facoltà di Lettere a Cagliari, potesse influire in modo tanto incisivo da porre le premesse per una grande scoperta: l’incontro con la straordinaria figura di Andreas Fridolin Weis Bentzon. Due storie che dapprima si sfiorano per caso e col tempo divengono intime, si compenetrano. Un giovane danese appassionato e curioso giunge in Sardegna per una vacanza nel 1953, scopre la bellezza delle launeddas e se ne innamora, facendo della ricerca sul campo il fulcro della sua esistenza. A distanza di anni è un giovane sardo a compiere lo stesso percorso ma in maniera inversa, partendo dall’interesse e dall’amore per i ”sonus de canna” per approdare inevitabilmente alla vita di Bentzon e riportare alla luce dai suoi archivi una miniera ricchissima di informazioni, testimonianze e studi. Un viaggio circolare che comincia dalla Danimarca e giunge in Sardegna, e dalla Sardegna riparte per la Danimarca chiudendo il conto di questo scambio culturale. “La prima volta che ascoltai un concerto di launeddas ne rimasi affascinato- racconta con affetto Dante Olianas-. Da subito mi resi conto di quanto questo tipo di musica avesse delle affinità con quella indiana, alla quale il mio orecchio era educato da diverso tempo. E la forte curiosità nei confronti di tali suoni mi spinse ad approfondire l’argomento, conducendomi fino all’attività etno-musicologica di Bentzon, una eredità infinitamente preziosa per la nostra cultura. Dopo anni di viaggi all’estero e di confronto con le realtà affascinanti che esistevano al di fuori della nostra Isola, fu proprio un non sardo, uno straniero, a svelarmi la Sardegna e a farmi riappropriare di essa”. Nel 1981 Dante Olianas parte per la prima volta verso Copenaghen, motivato a prendere visione dei dati e delle annotazioni raccolte dal giovane danese nei suoi anni di esperienza sarda.”L’esigenza immediata dinnanzi all’immensa mole di materiali sonori, fotografici e cinematografici prodotta da Bentzon è stata quella di riuscire a collocare tali informazioni in un’opera esaustiva in lingua italiana. Lo studio è stato pubblicato finalmente lo scorso anno grazie alla determinazione ed alla paziente passione della cooperativa Iscàndula, da me promossa nel 1985. La traduzione di questo straordinario lavoro testimonia la grandezza della figura di Bentzon che, in un’epoca in cui i sardi svilivano la propria cultura musicale a favore di quella moderna e dei suoi mezzi tecnici di riproduzione, investì tempo ed energie in una ricerca accurata e precisa sull’universo delle launeddas, attribuendo per primo quel valore artistico a loro scarsamente riconosciuto”. E dietro la scia di questo straordinario personaggio nascono diverse iniziative. “Insieme alla cooperativa Iscàndula organizziamo ormai da alcuni anni corsi di launeddas, rassegne, concerti e mostre a tema nonché manifestazioni di un certo rilievo. Tra gli avvenimenti più significativi vi sono gli incontri tra la musica internazionale e quella dei nostri grandiosi maestri di launeddas. Nel 1984 infatti Dionigi Burranca suona accanto a Rhavi Shankar, massimo esponente della musica indiana, nel 1986 con il sassofonista David Liebman e nel 1989 si realizza un nuovo incontro con il jazz del sassofonista e compositore Ornet Coleman e del trombettista Don Cherry. Momenti importanti di dialogo puramente musicale con cui i suonatori di launeddas hanno elevato la musica tradizionale sarda a pari valore e dignità di quella internazionale, dando prova della loro incredibile maestria nel produrre variazioni, frutto di un’arte appresa con sacrificio e con qualche alone di mistero”. Dante Olianas apre con piacere il cassetto dei suoi più cari ricordi e racconta con coinvolgente entusiasmo il proprio amore per questi eccezionali strumenti della nostra tradizione e la sua ammirazione per Bentzon, punti di partenza verso un recupero totale della sua identità. “Quando un sardo si trova lontano dalla propria terra riesce a rendersi conto con maggiore lucidità di chi sia. Ed il ritorno immediato a tutto ciò che la Sardegna rappresenta è una necessaria ed inevitabile conseguenza di questa presa di coscienza”. E allora anche le future generazioni saranno in grado di apprezzare con stupore e meraviglia ciò che è ”normale”: la propria eredità culturale.
Le Launeddas o sono de canna sono molto più antichi di 2500 anni, basta pensare al bronzetti Itifallico che può essere datato 12esimo secolo AC quindi 3200 anni.