di Gianni Cilocco (nella foto, Lucia Baire, Tonino Mulas e Simone Pisano)
"Mannigos de memoria in limbas dae su disterru" è il titolo del progetto di interviste in Limba presentato dalla FASI al termine del 2008, iniziativa volta a promuovere e studiare la conservazione della Lingua sarda nel mondo dell’emigrazione, nonché a raccogliere la documentazione e le testimonianze di storie di vita dei numerosi sardi che hanno lasciato nel corso degli anni l’Isola per tentare la fortuna e col fine di garantire ai propri figli un futuro che difficilmente sarebbe stato possibile nei luoghi di nascita. Proposta culturale che, ancora una volta, conferma la presenza del duplice filo conduttore costante nelle programmazioni e nei dibattiti intellettuali di questi tempi, costituito dal tema delle "Radici" e, più in generale, della "Memoria", da una parte e, dalla questione dell’ "Emigrazione", dall’altra, come anche recentemente testimoniato dall’inaugurazione, nell’Ottobre 2009, del Museo Nazionale dell’Immigrazione Italiana a Roma, presso il complesso del Vittoriano, simbolo per eccellenza dell’Unità Nazionale. Come già evidenziato in occasione del Convegno Internazionale Etno-Antropologico dal titolo "Reti di Memoria – Esperienze, archivi, patrimoni", tenutosi a Rocca Grimalda (AL) il 19 ed il 20 Settembre scorsi, due sono gli atteggiamenti consueti in questo vastissimo e problematico campo, nel quale il tema dell’Identità Linguistica si inserisce a pieno titolo. Spesso la Cultura di origine viene presentata al pubblico in modo cristallizzato, rappresentazione di un tempo ormai passato e non più rispondente al presente, immutato ed immobile come in una vecchia fotografia istantanea; tale atteggiamento palesa, così, una sottesa coscienza nella quale il mondo dell’identità si rivela essere estraneo all’attuale vita quotidiana, in quanto sussiste una frattura profonda tra quello che è stato il passato e quanto è il presente, invece, ed il fatto di porre un fatto od un oggetto in una dimensione da museo significa considerarlo come "non vivente" ma proprio solo del passato, da custodire proprio perché in quanto prossimo alla scomparsa (Cfr. M.Aime, Eccessi di culture, Ed.Einauidi, Torino, 2004, pp. 32 e ss.). Altre volte, invece, il presente non trova una cesura rispetto al passato, ma al contrario ne è una evoluzione in cui la Tradizione ed i suoi caratteri contraddistintivi hanno continuato a vivere ed a trasformarsi: in tali circostanze gli studiosi sono soliti parlare di "Reti di Memoria". A tale proposito si segnala come M. Bloch, nella sua Apologia della storia o Mestiere di storico, (si veda l’Ed.Einaudi – Collana Piccola Biblioteca, Torino, 2009, pp. 36 – 55), abbia enunciato, oltre mezzo secolo addietro, come qualità sovrana dello studioso degli eventi umani sia l’afferrare quanto è "vivente e vissuto", attraverso l’importanza delle testimonianze, della Memoria, da raccogliere e trasmettere. Anche alla luce di tutto ciò, quindi, come più studiosi delle varie discipline ribadiscono, e come a Padova è stato ripetuto a più riprese, attuale e vitale è più che mai è il discorso sulla Memoria. Anche il tema della Lingua dei Padri ha a che fare con la storia e, quindi, con la vita. In essa si rispecchiano tutte le problematiche connesse al flusso del tempo e si evidenzia il bisogno di identità, il quale pare delinearsi tanto più profondo col passare degli anni e delle generazioni, quando oltre alla distanza territoriale dalle Comunità di origine, si aggiunge il flusso del tempo e lo stratificarsi delle esperienze personali dei soggetti coinvolti, fatti che comportano una vera e propria trasformazione degli stessi e delle loro parlate, in quanto colmi di un esigenza esistenziale di narrare e tramandare. Col tempo i vernacoli tendono a non essere più completamente aderenti alla matrice originaria, ma altre in quanto terze sia rispetto alla Comunità di origine sia in relazione a quanto trovato e vissuto nel sito di arrivo e di vita attuale. In tale quadro si riscontrano due possibili modi di essere diversi: da una parte l’evoluzione nell’integrazione, dall’altra la conservazione nell’appartenenza impermeabilizzata verso l’esterno, sostanziale chiusura, quasi ostinata, con effetti di cristallizzazione temporale e di auto – "ghettizzazione" nei confronti delle Comunità e dei territori che hanno dato e garantiscono tuttora ospitalità. L’ostilità o l’atteggiamento di impermeabilizzazione può, a sua volta, essere più o meno parziale o completa a seconda dei casi, come constatabile emblematicamente presso le Comunità Catalana di Alghero o quella dei Tabarchini di Calasetta: ivi gli idiomi locali utilizzati conservano un lessico riconducibile a quello delle terre di origine del tempo della partenza e, a loro volta, contemporaneamente, nuove e terze rispetto a quelle attuali riscontrabili rispettivamente in Catalogna ed in Liguria, ove, col passare del tempo, si è assistito ad una trasformazione della lingua evidenziata dal riscontro e dal confronto di diversità nelle parlate odierne. Queste considerazioni, quindi, evidenziano come sa Limba (articolata in cadenze, modi di dire e varianti lessicali differenti, utilizzati in paesi e luoghi anche a breve distanza gli uni dagli altri all’interno dello stesso territorio, sostanziali veri e propri sinonimi riconducenti a medesimi significati e concetti, come ricorda la Prefazione a M.L.Wagner, a cura di G.Paulis, La Lingua Sarda: storia, spirito e forma, Ed.Ilisso, Nuoro, 1997), sebbene minacciata oggi dal rischio sempre prossimo dell’oblio e del disuso, sia una Lingua che, comunque, continua a mantenere in sé i germi della vitalità ed, in quanto tale, le potenzialità dell’evoluzione, fatto che permette a chi la parla di rintracciare un senso delle origini e del proprio essere, della personale identità. L’idioma si rivela essere un connotato da conoscere per garantirne la salvezza, la vita, perché essa non si tramuti in una cosiddetta "parlata morta", intento che anima la stessa ratio di tutela delle cosiddette Minoranze Linguistico-culturali, riconosciute nell’ordinamento giuridico nazionale dall’Articolo 6 della Costituzione e dalla Legge 15 dicembre 1999, n. 482, nonché dalla Legge Regione Sardegna 15 ottobre 1997, n. 26 e, da ultimo, dalla Legge Regione Piemonte 7 aprile 2009, n. 12, relativa alla "Promozione delle tradizioni culturali delle minoranze linguistiche storiche non autoctone presenti sul territorio regionale". Premesso quanto sopra, si rivela opportuna una digressione etimologica sull’espressione "mannigos de memoria": essa indica, in senso figurato, i cosiddetti mannelli di memoria. La dizione "Mannigos", infatti, deriva da "mannigiu, manniju, mannigu", ossia il mannello, termine derivante, a sua volta, da mano, ed in particolare alle mani colme di spighe di grano, che stanno in una mano per formare il covone (in sardo indicato prevalentemente con l’espressione "sa manna"). Già M.L.Wagner, nel suo Dizionario Etimologico Sardo – DES (si veda l’edizione Ilisso, Nuoro, 2008, a cura di G.Paulis), a tale proposito indica
va un lemma ad hoc, sa Mánika [nuor.; mániga camp. (Villacidro, S.Antioco: máinga; Mògoro: mágia: AIS 1454); log. mániga (Spano), non localizzato, "bica, mucchio di covoni", = MANĬCA nel senso di "una manata". La mániga consiste di cinque mannúgos (→ mánna); cfr. LLS 28]. Il titolo del progetto, quindi, già nel suo nome porta i caratteri strutturali della vita e della fecondità, in quanto la Lingua Sarda costituisce un vero e proprio "cibo dello spirito", un elemento di unione e di conforto, anche per chi è lontano, ieri come gli emigrati, ed oggi come i giovani della Brigata Sassari impegnati nella missione internazionale in Afghanistan. Concetti e sensibilità sottolineate nel corso dell’incontro patavino dall’on. Lucia Baire, Assessore Regionale alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport per la Sardegna. Ed i mannelli di memoria saranno capaci di garantire ulteriore frutto e prodotti nel futuro se del risultato consuntivo finale di tutte queste attività di ricerca, conservazione e recupero, sarà fatto buon uso in tutte le loro insite potenzialità, in primis sotto il profilo didattico. Il lettore potrà chiedersi quali e quanti siano i "Granai della Memoria". Effettivamente, nella ricerca di tali "siti produttivi", ci si può imbattere in diverse tipologie di "raccolte" informative. Tra queste emergono in prima battuta quelle tradizionali, costituite prevalentemente dalle biblioteche cartacee. Ricercando e leggendo tra tali fonti è possibile constatare come già in passato fossero presenti nei nostri predecessori la necessità ed il desiderio mantenere un legame con le origini, di studiare e di approfondire "sa Limba". Nel primo ‘900, ad esempio, l’emigrato Antonio Gramsci, nella sua corrispondenza epistolare da Torino, chiedeva informazioni e chiarimenti alla sorella Teresina circa il significato e l’esistenza di parole ed espressioni in Sardo in relazione al frequentato corso universitario di glottologia del professor Matteo Batoli, atteggiamento che continuò a perpetuare anche in seguito come evincibile da diversi dei suoi scritti politici (Cfr. A.Gramsci, a cura di G.Melis, Scritti sulla Sardegna, Ed.Ilisso, Nuoro, 2008). E.E.Agnoletti, invece, nella sua Prolusione al Convegno di Studio, tenutosi a Nuoro tra il 25 ed il 27 Aprile 1980, dal titolo Emilio Lussu e la cultura popolare della Sardegna (si veda il relativo catalogo edizione ISRE, Nuoro, 1983), sottolineava come un elemento proprio della Sardità del personaggio storico fosse lo stile dello scrittore e dell’oratore, capace di rivelarne le origini e la formazione, attraverso una sottile e fredda ironia di rottura, una forma limpida, quasi geometrica, ed i periodi brevi, secchi e precisi, senza sbavature. In queste circostanze si sottolineava, inoltre, come rispetto al Sardo l’Italiano fosse una lingua altra, separata ed imparata dagli stessi Isolani del tempo. Ma come ha fatto notare nel suo intervento all’incontro veneto della FASI l’on. Andrea Colasio, Assessore alla Cultura del Comune ospitante di Padova, lo stesso Emilio Lussu, grazie a questo suo modo d’essere, è stato il precursore di un’Italia composita, unita e moderna. Un tempo esistevano i racconti domestici, intorno al focolare della casa, garantiti dai maggiorenti della famiglia o del Paese. Oggi, alle risorse tradizionali si sono aggiunte o sostituite, a seconda dei casi, le risorse reperibili nel web, distinguibili, talora, in quelle che Z.Bauman ha definito le comunità virtuali on line, mediate elettronicamente, non dirette, finzioni della reale comunicazione e creatrici di illusioni di intimità del rapporto diretto (Cfr., Id., a cura di Benedetto Vecchi, Intervista sull’identità, V Ed. Saggi Tascabili Laterza, Roma – Bari, 2006, pp. 25 e ss.). Tuttavia, pur riconoscendo che il contatto di persona rimane insostituibile nella formazione degli individui e nella trasmissione di valori, lo strumento multimediale cela in sé utilità che potrebbero avere effetti positivi inaspettati se canalizzati nel modo più opportuno. Tra i vari strumenti di ultima generazione posto di spicco occupano oggi le biblioteche elettroniche della Memoria, archivi formati da contenuti digitali continuamente aggiornati. Tra di esse si distinguono quelle originate dalla cosiddetta "base" del web, ossia dai soggetti privati singoli o da enti associativi ed istituzionali. Tra le prime si includono esperienze come la cosiddetta Banca della memoria costituita dal sito www.memoro.org, ove sono state raccolte le interviste di persone nate anteriormente al 1940, iniziativa che ha avuto un recente seguito editoriale presso la casa Einaudi col cofanetto (libro + dvd) dal titolo Io mi ricordo, o come analoghe idee progettuali volte alla conservazione della Memoria della Resistenza Italiana, tutte iniziative che hanno trovato ultimamente un certo rilievo presso i mass-media nazionali (Cfr. i vari articoli a riguardo pubblicati su Il Venerdì di Repubblica, n. 1124, 02 Ottobre 2009, pp. 14 – 21). Tra le seconde, invece, eccelle, in primis, il sito www.sardegnadigitallibrary.it, che costituisce il primo caso nel quale un’istituzione, ossia la Regione Autonoma della Sardegna, ha messo a disposizione del pubblico, on line, una catalogazione di documenti multimediali diversi, tra i quali interviste in Limba ad esponenti ed abitanti di vari Comuni dell’Isola, cui è seguita l’apertura di una serie di siti web a tema da parte dello stesso ente locale citato, vere e proprie opere in progress nelle quali il patrimonio culturale della regione è stato digitalizzato. A queste raccolte, oggi, come accennato all’esordio del presente scritto, si sono aggiunte le interviste agli emigrati del progetto FASI "Mannigos de memoria in limbas dae su disterru", a cura del glottologo Simone Pisano e del comitato scientifico nel quale hanno preso parte esponenti di rilievo della Cultura Sarda quali Bachisio Bandinu e Paolo Pillonca, attivi partecipi dell’incontro di Padova. Tutti queste risorse pongono una riflessione critica sulla stessa struttura attuale delle attività in tema di trasmissione e promozione della Cultura Sarda da parte delle istituzioni, nonché del ruolo dei Circoli che, rispetto al passato, devono tendere a tornare ad essere dei salotti di casa allargati consapevoli delle esigenze dell’integrazione, pur garantendo la sopravvivenza di quelli che possono definirsi dei veri e propri "noccioli duri" nell’identità, ossia la continuità della Cultura Sarda presso le nuove generazioni. Una questione problematica che, come in passato segnalato, non si palesa di certa facile soluzione, considerato anche il fatto che lo stesso concetto di identità ha caratteristiche dinamiche ed evolventi, che evidenziano come la citata ricerca non possa essere affrontata con atteggiamenti superficiali od ottusità ideologiche. In tale quadro si segnalano le iniziative e le proposte dalla Comunità Sarda di Biella che fa capo al Circolo Culturale "Su Nuraghe". In esse si propone Cultura ed, al contempo, si tenta di attualizzare la Tradizione Isolana sposandola con quella Piemontese, attraverso la ricerca nelle reciproche reti di memoria, di volta in volta scoperte e analizzate, di punti di incontro e di contatto. Per conseguire ciò sono stati adottati, e si cercano di volta in volta, quasi in una sorta di navigazione a vista, nuovi approcci per tentativi per ovviare alla questione d
ella continuità culturale presso le nuove generazioni. Per coinvolgerle nella comunità si propongono iniziative cui partecipare personalmente contribuendo in prima persona, nelle quali gli aspetti della Tradizione, possono essere vissuti con l’entusiasmo per la "novità" dell’evento nella riscoperta di una parte di sé, con il risultato di aver suscitato, altresì, un ulteriore potenziale stato di attesa personale nella consapevolezza dell’eventualità di una ripetizione di tutto ciò nella vita quotidiana di ogni giorno. Tale filo conduttore ha animato ed anima anche le iniziative relative alla Lingua Sarda ed ai "lasciti" ai posteri. Sabato 30 maggio 2009 (vedasi il link del relativo filmato) i "Ragazzi delle spade" di Su Nuraghe, in tradizionale copricapo, sas berrittas, o con su muccaloru in conca, il capo avvolto nel velo candido della festa, hanno recitato in Sardo il saggio di fine Corso del Laboratorio linguistico, organizzato dal Circolo, "Eya, emmo, sì, là dove il sì suona, s’emmo e s’eya cantant", dopo essersi esercitati ed impegnati per mesi nell’ascolto diretto e nella lettura di alcune varianti della Lingua Sarda (Logudorese, Campidanese e Nuorese), anche attraverso l’ausilio di cosiddetti "insegnanti madre-lingua", di strumenti didattici tradizionali come le Fiabe di Fedro, la Grammatica della Lingua Sarda di Blasco Ferrer e dei citati modernissimi strumenti multimediali delle testimonianze e delle interviste in Limba reperibili sul citato sito: www.sardegnadigitallibrary.it, e le lezioni di Sardo disponibili nel sito: www.sardegnacultura.it/cds/cd2/, sempre a cura della Regione Autonoma della Sardegna, tratti dell’opera cartacea di M.T.Pinna Catte, Su Sardu Jocande, Ed. Condaghes, Cagliari, 2006. In tale occasione i brani recitati in Sardo sono stati interpretati anche in linguaggio LIS (Lingua Italiana dei Segni) da esponenti dell’Associazione Vedo Voci che, dall’anno 2000, lavora nel Progetto di Bilinguismo in atto nelle Scuole Pubbliche di Cossato (Biella), per promuovere l’integrazione tra bambini sordi e udenti. Questo corso ha affiancato le già presenti iniziative in Limba attinenti al tema de "Il Sardo ed il Sacro", nelle quali membri della Comunità Sarda di Biella, simpatizzanti e devoti, in continuità con il percorso di fede e di cultura iniziato dall’antesignano Sant’Eusebio da Cagliari (Vescovo di Vercelli, introduttore del culto mariano ad Oropa (BI) ed a Serravalle di Crea (AL) durante la missione di cristianizzazione del territorio affidatogli, oggi patrono del Piemonte), con l’approvazione dell’Autorità Ecclesiastica locale concessa nel Gennaio 2000, pregano, cantano e recitano Su Rosariu Cantadu, nonché hanno modo di ascoltare omelie e catechesi in Lingua sarda attraverso il cappellano don Ferdinando Gallu, dietro apposita autorizzazione del Vescovo di Biella. Un modo ulteriore per imparare in un tempo circoscritto, attraverso la ripetizione delle preghiere, le parole, i suoni e le espressioni del Sardo, nonché di nutrirsi, in modo poliedrico, del "cibo dello spirito", ossia di "fare Memoria" per "far Vivere" e, usando rispettosamente il motto dell’ultimo Giubileo, "heri, hodie, semper". In quanto nella Memoria sussiste la Speranza del futuro, di una "vita nel domani", in tutti i sensi.