BOCCIATI I SEGGI EUROPEI PER L’ISOLA CON LA COMPLICITA’ DI MOLTI PARLAMENTARI SARDI: MA PERCHE’ LI MANDIAMO A ROMA?


“Un governo spregiudicato che calpesta anche il più elementare diritto alla rappresentanza democratica del Popolo Sardo. La decisione del Governo Renzi di esprimere parere contrario all’ordine del giorno che dava mandato all’esecutivo per proporre, prima delle prossime elezioni, la modifica delle leggi elettorali che non tenessero conto della minoranza linguistica sarda a partire da quella europea. Si trattava in modo esplicito di un impegno parlamentare netto e chiaro al riconoscimento alla Sardegna di autonomi seggi nel Parlamento Europeo proprio per la costituzionale prerogativa di minoranza linguistica. Un Ministro (Boschi) incompetente e privo di qualsiasi inquadramento della materia ha messo a segno un vero e proprio schiaffo, l’ennesimo, alla rappresentanza democratica della Sardegna e dei Sardi in Europa. Aver dichiarato il proprio parere contrario all’Ordine del Giorno, definito nei minimi dettagli con gli uffici della Camera per superare il vaglio di ammissibilità, è stata la conferma palese di un atteggiamento nefasto del governo verso l’Isola. I partiti e alcuni dei parlamentari sardi che si sono resi artefici della bocciatura dell’atto di indirizzo hanno tradito la Sardegna e i Sardi dopo anni di promesse comprese l’ ultima campagna elettorale. Siamo dinanzi a gente senza scrupoli che se ne frega dei Sardi e pensa solo a gestire il potere e mantenere ben salda la propria poltrona”. Lo ha detto il deputato sardo Mauro Pili dopo il voto contrario del governo sull’ordine del giorno che mirava a riconoscere alla Sardegna una piena rappresentanza democratica in base alla sua condizione di minoranza linguistica. Tutto è accaduto la notte scorsa, dopo mezzanotte, quando il governo è stato chiamato ad esprimere il parere sugli ordini del giorno alla legge elettorale ammessi dalla Presidenza della Camera all’esame dell’aula. Dopo il parere si è passati al voto. Partito Democratico, Scelta Civica, Forza Italia e Nuovo centro Destra hanno votato contro, hanno votato a favore Lega, Sel, si sono astenuti i 5 Stelle.  Tra gli ordini del giorno aveva superato il vaglio dell’ammissibilità quello del deputato sardo di Unidos Mauro Pili che chiedeva al governo di attivarsi e proporre una modifica normativa tesa a riconoscere sul piano elettorale alla Sardegna la condizione di minoranza linguistica. Nella formulazione dell’ordine del Giorno a firma Pili si faceva esplicito riferimento alle prossime scadenze elettorali a partire da quelle europee. Un ordine del giorno per il riconoscimento della condizione di minoranza linguistica, già riconosciuta costituzionalmente, ma che non ha mai fatto scattare la conseguente rappresentanza democratica sia in Italia che in Europa. “Renzi e compagni hanno preferito un accordo sottobanco con il partito tedesco del Trentino Alto Adige garantendogli una piena autonomia politica e di rappresentanza nel parlamento italiano piuttosto che esprimere un sostegno concreto per eliminare la discriminazione elettorale e democratica contro la Sardegna. Un accordo giustificato grazie alla peculiarità di minoranza linguistica del Trentino. Stessa condizione riconosciuta costituzionalmente alla Sardegna ma che, invece, è stata palesemente disattesa dal governo nella ricaduta di rappresentanza democratica. Insomma, due pesi e due misure a totale scapito della Sardegna”. La Sardegna è Regione a Statuto Speciale alla pari del Friuli Venezia Giulia, del Trentino Alto Adige e della Valle d’Aosta – era scritto nell’ordine del giorno – e nell’ambito delle norme in materia elettorale sono stati previsti meccanismi e procedure elettorali di rappresentanza diversificati legati alle minoranze linguistiche del nostro Paese. Le procedure elettorali sia nazionali, approvate oggi, che europee, eludono che anche la Sardegna debba essere considerata a tutti gli effetti Regione Speciale e rappresentante una minoranza linguistica costituzionalmente riconosciuta. Si tratta di una norma che distorce e nega in modo ineludibile l’uguaglianza e la libertà del diritto di voto dei cittadini sardi e provoca una palese distorsione della loro rappresentanza come cittadini sia dello Stato Italiano che dell’Unione Europea. Si tratta di norme palesemente discriminatorie e di fatto incostituzionali che non tengono conto della condizione di minoranza linguistica. Tale lesione dei principi fondamentali della rappresentanza democratica legata al mancato riconoscimento della fattispecie di minoranza linguistica costituisce un vulnus di rilevanza tale da minare alla radice statuale la stessa appartenenza della Sardegna allo Stato Italiano e conseguentemente all’Unione Europea, essendo il popolo sardo privato del più elementare diritto di piena rappresentanza diretta legata alla sua caratteristica di minoranza linguistica”.

“Tale principio di uguaglianza alla base sia alla base dello Stato Italiano che della stessa Unione Europea viene, dunque, violato e ignorato nel caso della Regione Insulare e di minoranza linguistica della Sardegna che, proprio per le sue peculiarità insulari e culturali – linguistiche, avrebbe avuto diritto al riconoscimento della propria specialità sul piano della rappresentanza democratica nei consessi nazionali ed europei”.
“La mancanza di un potere-diritto di una specifica e particolare rappresentanza, sia nel Parlamento Nazionale che in quello Europeo, – era scritto nell’ordine del giorno – costituisce elemento che determina di fatto una discriminazione democratica che nel caso Europeo determina l’esclusione della Sardegna dallo stesso contesto dell’Unione Europea determinando di fatto una condizione statutale incompatibile con questo indipendente”.  “Nel dispositivo finale si impegnava il governo ad adottare ulteriori e correttive iniziative normative volte a modificare disposizioni elettorali che consentano per la Regione Sardegna, prima dell’indizione di nuove elezioni, una specifica normativa che tenga conto della condizione di minoranza linguistica con specifica rappresentanza democratica ed elettiva a tutti i livelli istituzionali”.

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