(www.madrigopolis.blogspot.it)
La campagna elettorale in Sardegna sta entrando nel vivo (oddio, vivo è una parola grossa, visto che in molti casi non abbiamo ancora visto i programmi, noi cittadini normali), e nella molteplicità di problemi che ci affliggono diventa difficile individuare il politico che meglio ci può rappresentare. La perfezione, è noto, non esiste anche se qualcuno pensa il contrario; e così non ci sarà, presumibilmente, un partito o una coalizione (che nel caso delle Regionali è incarnato dal candidat* presidente, al quale per comodità mi rivolgo) che possano soddisfare TUTTI i nostri desiderata. In realtà io credo che ognuno di noi abbia uno o più valori fondamentali che desidera siano rispettati, o battaglie da portare avanti, insomma dei punti fondamentali che faranno la differenza al momento della scelta (appartenenze fideistiche e/o personali escluse, s’intende). Per alcuni è l’ambiente e la tutela del territorio, tema scottante in Sardegna; per altri è la valorizzazione della lingua e cultura sarda; per altri la concezione della cultura e degli investimenti; o ancora, l’accentuazione della nostra autonomia e/o sovranità rispetto allo Stato centrale. Gli argomenti sono molti, tutti molto importanti. Io mi sono chiesta quali sono i miei, e stringi stringi, in questa occasione, si riassumono in un solo valore fondante della persona, che è quello del (diritto al) lavoro. Credo anche che ogni elettore (e ovviamente elettrice) potrebbe o dovrebbe chiedere conto, o quantomeno osservare con attenzione, i competitors per il suo voto quando trattano il tema a lui più caro. Farsi e fare una domanda su questo tema, insomma, e considerare le risposte (o l’assenza di risposte). Ad esempio, la mia domanda definitiva da cittadina elettrice (due cose comunque non necessariamente coincidenti) è la seguente: Come pensa il/la candidat* presidente della Regione Sardegna di gestire il problema della disoccupazione adulta, cioè over 35, in Sardegna? I motivi della mia domanda sono molteplici: anche se l’Istat ci ha fatto sapere, a proposito del novembre 2012, che la disoccupazione giovanile aumenta, noi sappiamo bene che il problema è anche che il tasso di occupazione non aumenta, cioè che la gente continua a non trovare lavoro: Gli occupati a novembre sono 22 milioni 292mila, in diminuzione dello 0,2% rispetto al mese precedente (-55mila) e del 2% su anno (-448mila). Il tasso di occupazione è al 55,4%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali su ottobre e di un punto rispetto a novembre 2012. Il numero dei disoccupati è pari a 3 milioni 254mila, tra i 15-24enni sono 659 mila (un giovane su dieci). Il dato interessante è l’enorme risalto che la stampa e i media danno ai “giovani”, cioè, per convenzione, a questa fascia d’eta, 15-24, nella quale le persone dovrebbero essere a scuola come minimo, e possibilmente anche all’Università (altrimenti qualcosa non quadra con le contemporanee lamentazioni a proposito della dispersione scolastica e della scarsa competitività rispetto all’Europa). E’ una questione di marketing, come lo sono, a fasi alterne, le eccellenze. Fantastica parola che evoca un sistema darwiniano in cui solo i migliori sopravvivono; di più, in cui soltanto i migliori (a seconda del trend del momento) hanno dignità e diritto di essere considerati e supportati. Gli ultracervelli in fuga, insomma (ma sappiamo che a scappare sono in tanti, e non solo “ultra”), oppure gli imprenditori virtuosi in settori di supernicchia (che numericamente, ahimè, non cambiano le sorti di un Paese). I cervelli normali, com’è noto, sono di più, in maggior numero; ma s’attaccano al tram, visto che l’Italia e la Sardegna continuano ad oscillare tra il provincialismo intellettuale (per cui la priorità è valorizzare, che so, il ricercatore scientifico con otto master e duecento specializzazioni che non si sa bene come far lavorare in una regione come la nostra) e il paternalismo a largo raggio (secondo il quale basta un tirocinio o un sussidio una tantum allargato a chiunque per calmare gli animi nella guerra tra poveri che è diventata la ricerca di lavoro). Ma il problema, oltre e aldilà degli ultracervelli e delle strategie di marketing politico (non bisogna essere fini politologi per capire che di questi tempi occorrono alcuni banali elementi per competere: perfino io posso dare 5 consigli non richiesti), rimane quello del lavoro. E’ per questi motivi (oltre che per la mia esperienza personale, amicale e della realtà) che su questo tema si è formata la mia domanda definitiva, fondamentale per decidere se e chi voterò. Forse giova ricordare che in Sardegna, nel 2011, i giovani disoccupati erano 21mila, quelli maggiori di 25 anni 73mila e 43 mila con più di 35 anni (Rapporto sul Mercato del Lavoro in Sardegna 2012). La disoccupazione di lunga durata, che da noi rappresenta il 52,7% del totale dei disoccupati del 2011, colpisce ancora una volta maggiormente le classi di età più elevate. Stiamo leggendo, cioè, che in Sardegna i disoccupati con più di 35 anni sono il doppio dei 15-24 enni; e che oltre la metà di chi è disoccupato lo è da più di un anno. Ecco perché le eccellenze vanno benissimo, la preoccupazione per i giovani (sedicenni?) anche, ma anche il motivo per cui la mia domanda riguarda la maggioranza dei sardiadulti. Non necessariamente eccellenti, non per disperazione imprenditori (mi aveva molto colpito, tempo fa, la discrepanza fra questi dati: In Francia e Germania i lavoratori autonomi (self employed person) rappresentano oggi l’11% degli occupati totali, nel Regno Unito sono il 14%, in Italia il 24 e in Sardegna (dove la dimensione media di impresa è di tre addetti) sfiorano il 28 per cento. Però, nel 2011, su quasi tre milioni di persone in cerca di lavoro soltanto 57mila, cioè meno del 3%, dichiaravano di essere interessati a un lavoro in proprio).