La compagnia teatrale sarda “I Barbariciridicoli” ha regalo all’ACSIT uno spettacolo veramente suggestivo: il viaggio interiore di una donna, vittima di violenza domestica, che prende coscienza e affronta le difficoltà verso l’emancipazione e la libertà.
Il tema è stato scritto e interpretato da Valentina Loche, con la regia di Tino Belloni, in una atmosfera di partecipazione molto coinvolgente per il pubblico presente al Teatro 13 il 29 novembre scorso.
L’evento è stato organizzato dal coordinamento donne ACSIT col patrocinio dell’Assessorato all’Educazione e delle Pari Opportunità del Comune di Firenze, Regione Sardegna, F.A.S.I, e sponsorizzata da Radio Attivide Sardas.
La serata si è aperta con il concerto del gruppo le Musiquorum, un coro di voci femminili, che con i canti della tradizione popolare ha ricordato come le donne hanno sempre denunciato, con coraggio e forza, il loro stato di debolezza, inferiorità e sudditanza nella società e nel tempo in cui vivevano.
Questi sono i ringraziamenti per la bella serata che i protagonisti ci hanno fatto vivere, ma sulla trama del racconto, che sarà ancora rappresentato in altre città, vorrei solo proporvi alcune “immagini” che per me sono significative rispetto al problema affrontato.
La protagonista si trova su un treno. Non un aereo o una nave. Il cielo e il mare sono spazi troppo ampi di libertà, senza regole quasi senza confini. Il treno invece ti può portare lontano ma cammina sui binari: un percorso più protetto con una destinazione sicura dove arrivare.
Questa giovane donna incontra un’altra donna e si racconta. Chi è la sua interlocutrice? Sua madre, sua figlia, un’amica sconosciuta oppure lei stessa? Tutte queste figure femminili fanno parte della sua vita, del suo passato, del suo presente e del suo futuro. Basta avere la fortuna di conoscerle e di incontrarle.
Per questo viaggio ha scelto un vestito rosa, semplice non vistoso. Non è importante apparire, provocare ma, nonostante tutto, essere notata, ascoltata e compresa. Il rosa è il colore femminile, forse un rosso un po’ sbiadito ma un segno di identità, di riconoscimento e di dignità.
Il titolo di questo spettacolo è “Marcella…o dell’uccisione dell’anima” e dentro c’è anche un uomo che con la sua brutalità prova ad uccidere con la ragione di un amore perverso.
Ma si può uccidere l’anima? Io penso che l’anima non muore, anzi la sua vitalità sarà la speranza per aiutare molte donne ad uscire dal buio e dalla paura: questa volta non in silenzio, come sempre sopportando, ma gridando per chiedere di non essere più lasciate sole.