di Claudio Moica
Non c’è di meglio di un bel brano rap per manifestare un dissenso sociale o anche solo personale, perché quando le parole non bastano allora si unisce la musica per darne forza. Questo è ciò che fa Donnie (alias Donato Cherchi), un rapper, musicista e scrittore scuola ’90. Nasce e cresce a Carbonia. Muove i primi passi nella musica a quindici anni, seguendo un percorso artistico/musicale che lo porta al rap a vent’anni, prima con le gare di freestyle da quando aveva sedici anni. Dopo un anno di bozze, pezzi mai usciti e ricerca del suono, pubblica il suo primo lavoro “L’Alligatore Mixtape”, ispirato dai racconti di Massimo Carlotto, che viene apprezzato dagli addetti ai lavori, dai rappers e dai musicisti. Intraprende un sentiero che lo porta a partecipare anche a festival blues, date le sonorità che in qualche modo conducono lungo le sponde del Mississippi (come riportato in alcune recensioni di settore). Dal Marzo 2012, data d’uscita del suo lavoro, gira la Sardegna affiancato da Zeta Tilt (veterano della scena del sulcis) e Lukra (Producer/Dj) apparendo in quasi cinquanta date in sei mesi. A Settembre pubblica un demotape, di soli tre pezzi, dal titolo “Quasi California”, poco pubblicizzato. A gennaio 2013 esce MIBQ, un EP di otto pezzi che riscuote un buon riscontro da parte della critica. “Musica che ha sete”, il suo primo LP, uscito a Novembre 2013 per Unlimited Platform, sotto-etichetta di Unlimited Struggle Recordings.
Donnie Lei ha cominciato intorno ai 15 anni il suo percorso musicale. Cosa l’ha spinta a scegliere il freestyle inizialmente e poi il rap? Ho iniziato a quindici anni, abbastanza presto, con tutt’altra musica. Ho militato in alcune band, e nel frattempo sui diciassette anni, ho conosciuto il freestyle e ho iniziato a praticarlo. Facevo le gare di rime in città, poi iniziare a scrivere pezzi é venuto naturale.
Quali difficoltà ha incontrato per affermare il suo stile musicale? Ho incontrato le difficoltà di uno che quello che fa lo fa da poco. Son difficoltà che incontro ancora, perché é da appena tre anni che mi sono affacciato nel mondo del rap. Ma grazie al cielo, giro abbastanza nei locali, e la mia musica é apprezzata da chi ritengo se ne intenda.
Com’è la situazione musicale nel Sulcis, territorio dove lei è nato e vive? Quali sono i suoi riferimenti musicali nel Rap? La situazione musicale qui nel Sulcis é la stessa situazione di ogni cosa. C’é del potenziale ma non matura per il malessere che troviamo ovunque, quaggiù. Nel mio rap, trovo una valvola di sfogo non indifferente. Cerco di farmi voce di quello che vivo, in poche parole. Ispiro la mia musica dai generi storici, come il funk, il blues, il jazz, di cui amo citare i pilastri nei miei pezzi. Per quanto riguarda il rap amo la musica di New York, la East Coast per intenderci, e anche qualche roba italiana.
“Musica che ha sete” è il suo primo LP uscito da qualche giorno. Qual’è il messaggio che vuole mandare con questo suo album? Quali saranno le promozioni che farà del suo lavoro? MCHS, uscito il tredici novembre, é un disco che parla di rivalsa, di “sete” per l’appunto. Il mio messaggio é semplice. Il Sulcis c’é, e ha i denti affilati e tanta voglia di mordere. Voglio portare il Sulcis in giro per l’Italia, le mie storie, le storie della mia gente. Questo é il mio messaggio. Sarà promosso con vari live e video, anche se punto soprattutto ai primi.