di Maurizio Solinas
Sei sardo? No! Algherese! Così rispondeva Costantino Fadda “Spike”, ma se sei nato a Sassari il 12 ottobre del 1928, sì, ma del tutto casualmente, rispondeva e aggiungeva: “La vuoi capire che sono catalano!”. Carattere sanguigno, caparbio, testardo ma socievole e generoso. Era arrivato a Verona sotto la bandiera a stelle e strisce come ranger, fu, infatti, adottato dagli americani che risalivano la Penisola a Livorno, fu poi a Trieste a Villa Opicina. Lungo il percorso gli fu regalata una macchina fotografica, un dono importante per allora, e insegnati i primi rudimenti della fotografia. Ne fece tesoro, fu aiutato dalla mente vigile e da un intuito professionale non comune. Ben presto si fece notare scattando al momento giusto i colpi di guantone agli incontri di pugilato. Come facesse a prevedere l’attimo fatale è rimasto un mistero. Sta di fatto che queste foto assieme ai ritratti dei giovani americani in guerra, finirono sui giornali americani. Comincia così una brillante carriera di fotoreporter. La sua specialità la cronaca nera, sempre presente al momento del fattaccio, di giorno e di notte, non gli sfuggiva nulla, grazie a una rete di amici che lo tenevano informato. Lavorò per molti giornali ma in particolare per “La Notte”, Il “Corriere Lombardo”, il “Giornale di Vicenza” e in fine per “L’Arena” di Verona, tra le testate più note e antiche d’Italia. Ebbe molti riconoscimenti tra questi: tutti i gradini del cavalierato fino a Gran Croce, ma più importante la medaglia al valore civile conferitagli da Carlo Delaini allora sindaco di Verona. Il motivo: si trovava in autostrada testimone di un incidente, una macchina capovolta tra le due corsie di marcia, la notte e la nebbia impediva ogni visibilità, rischiando di essere travolto, istintivamente, si mise a scattare lampi di flash segnalando il pericolo a chi sopraggiungeva, fino all’intervento della polizia stradale. Sempre galante con le donne ed elegante, “un reporter si deve notare”, ma con un buco nel taschino della camicia per far passare il filo dell’auricolare. Guai a chi gli toccava gli americani e la sua terra d’origine, a costoro non risparmiava imprecazioni d’ogni genere. Troppo lungo sarebbe commentare le testimonianze delle sue foto: delitto Maso, rapimento Garonzi, assassinio del commerciante Ochs, caso Marco Furlan e Wolgang Abel famigerata storia Ludwig, liberazione del generale americano Dozier, l’omicida seriale Stevanin, e tant’altro. Un archivio di fotografie che rappresentano purtroppo la storia di “nera” di Verona, una raccolta importantissima e di alto valore storico-sociale che mi auguro non vada dispersa ma gelosamente conservata. Spesso ci incontravamo in luoghi istituzionali e mi fotografava dicendomi: “Bravo, un sardo deve esserci sempre agli avvenimenti importanti”. Fu tra i primi ad aderire alla “Sebastiano Satta” di Verona e molto puntualmente a rinnovare ogni anno l’iscrizione. Quando entrava dalla porta d’ingresso, esordiva con il saluto: “Dov’è questa manica di scellerati”. Si dirigeva, poi, subito nella sua “farmacia” per comprare pecorino e cannonau perche diceva preservassero da ogni male. Per lui una grande panacea, non l’abbiamo mai saputo ammalato, solo una volta si ruppe una gamba scendendo in un dirupo per scattare una foto. Allo scadere di feste acquistava grandi quantità di leccornie sarde, le doveva generosamente regalare agli amici. In proposito ci accumunava la repulsione per compleanni e onomastici, una sorta di fobia, si festeggiano e si fanno regali solo a quelli degli altri. Ironia della sorte è morto, vittima del suo lavoro, a pochi giorni dal suo compleanno scivolando da uno scalino e battendo la testa per salvare la sua amatissima macchina fotografica. Sui giornali raccontano di lui in molti, per citarne alcuni: Tosi sindaco di Verona “Spike una persona simpatica non poco. E poi vitale, nessuno credeva alla sua età. Ho avuto buoni rapporti con lui, e con tutta la comunità dei sardi, come lui”. Guido Papalia già procuratore della repubblica a Verona “Erano gli anni del terrorismo gli chiesi di non pubblicare le mie foto per ragioni di sicurezza. Mi diede la sua parola, parola di sardo, mi disse. E’ sempre stato corretto e leale”. Vincenzo D’Arienzo, deputato del PD, ispettore della Guardia di Finanza in aspettativa, “Quel che colpiva di lui era l’autorevolezza aveva un carisma tale che poteva permettersi di interrompere una conferenza stampa per fare una foto come diceva lui”. Tanti altri aneddoti si potrebbero raccontare sulla sua vita di uomo libero ma basta un titolo de “L’Arena” per dire di lui tutto: “L’ultimo fotoreporter con una vita da film”. Non mi resta aggiungere che la sua città natale, Sassari o Alghero, essa sia, si ricordi di lui tangibilmente, non come succede sempre ci si dimentichi degli emigrati che hanno onorato la Sardegna.