di Massimiliano Perlato
Federico Patellani nasce a Monza nel 1911. Si laurea in Giurisprudenza e per qualche tempo fa l’avvocato e il pittore. Nel 1935 pubblica i suoi primi reportage su “L’Ambrosiano”. Nel 1939 lavora per Alberto Mondatori coadiuvato da Indro Montanelli per “Tempo”. Dopo essere stato sul fronte russo, nel 1952 diventa free-lance e crea l’agenzia Pat Photo Pictures. Da allora viaggia molto, firmando “Italia magica” e documentari sulla Grecia, l’America e l’Africa. Muore a Milano nel 1977.
A Porto Torres, nel 1950, Federico Patellani scatta la sua prima foto prima ancora di sbarcare dalla nave. In banchina, carabinieri, marinai, manovali, qualche signore elegante col cappotto e il cappello, un carico di bambole, camion, biciclette. Si intravedono le stanghe di un carretto, un sacco di iuta usato come valigia. E’ il primo contatto del giornalista con la terra sarda, la prima tappa di un reportage commissionato dal settimanale Tempo. Un giro non superficiale, quello condotto nell’isola da un professionista che diceva di diffidare delle “belle foto”. E che ha lasciato un patrimoni di scatti bellissimi, in un bianco e nero di luminosa sobrietà che molto si apparenta con lo stile neorealista. Istantanee asciutte, prive di ricercatezza estetica e ricche di dettagli narrativi. Federico Patellani resta un esempio assai raro di fotoreporter, grazie alla sua capacità di essere allo stesso tempo un grande fotografo e un grande giornalista, preoccupato di raccontare, con criterio obiettivo, quanto vede e comprende a un pubblico il più largo possibile. In Sardegna, Patellani parla con la gente, osserva, riflette e ascolta prima di scattare. Apprezza la genuinità dei luoghi e dei costumi. Depreca lo stato delle ferrovie, la cattiva condizione delle strade, la pessima organizzazione degli alberghi. Seppe raccontare un’isola complessa e misera, ma gentile e profonda. Non solo selvatico spazio vuoto di storia ma terra-continente dai mille volti, che contiene diverse condizioni umane, diverse attitudini e lotte, un paese geloso e talvolta oscuro, che rifiuta i luoghi comuni. Nei suoi scatti ci sono molte persone. Molte donne e bambine. Anche vedute naturali con al centro dei panorami sempre con persone. A Cagliari immortala gli inquilini dell’Anfiteatro romano, famiglie che cucinano, stendono, fumano. Ad Aritzo durante un funerale, riprende la bellissima faccia di una vecchia con le palme aperte, la folla in camposanto e le genuflessioni dei paesani davanti ai feretri. Non mancano nel paesaggio “sardesco”, nuraghi, mastruche, domus de janas, greggi e pastori. Patellani si ferma a Fonni, Nuoro, Castelsardo, Cala Gonne. Inquadra i pescatori di Alghero con le nasse e le reti, i cavalli di Marmilla, gli scialli di Oliena, i sugheri di Barbagia. Un’immagine scattata in Gallura, che condensa il suo talento di pittore. A Carbonia dedica un’inchiesta sulle miniere. Le visioni d’insieme delle cernitici che separano a mani nude le pietre dal minerale, i turnisti in fila sulla scala esterna dell’impianto di Serbariu, le gabbie per scendere nei pozzi. Patellani fotografa le Barbagie, terre fierissime immortalate con toni lievi.