“Spero proprio che tutti capiscano il significato di questa visita”, confidava Francesco a padre Lombardi, poco prima di sbarcare a Lampedusa. Evidentemente il papa un dubbio ce l’aveva: non tutti capiranno, ma, più che mandare a dire che piangeva per quei poveri morti, ha preferito il sentiero infido della sua nota logica: stare con i più poveri. Era più prudente lasciar perdere più che rischiare effetti collaterali non desiderabili. “Non c’è tempo da perdere in chiacchiere, non bisogna aspettare il consenso di tutti, bisogna andare e annunciare. A tutti si porta la pace di Cristo, e se non la accolgono, si va avanti uguale”. Puntualmente, è successo: qualcuno non ha capito e ha parlato di “effetto Bergoglio”, attaccando al papa l’intenzione di favorire lo sbarco indiscriminato di immi-grati, senza limiti e senza regole. Addirittura, un giornale liberale ticinese parla di “poveri come piattaforma politica di papa Francesco”. Ma l’intenzione del papa era ben altro. – Quando sente le “pecore” che urlano per la fame o che sono in pericolo di vita, un pastore coscienzioso ha il dovere di andare a vedere. “Ho sentito il dovere – dice Francesco – di venire qui a pregare e a capire”. Si intravede cristallina la mentalità del buon pastore evangelico, dell’autorità come servizio e non come dominio, di un pastore come Paolo, che dice scrivendo ai Corinzi: “Non voglio dominare la vostra fede, che vedo già salda. Voglio solo collaborare a servizio della vostra gioia” (2Cor 1,24). – Incoraggiare, elogiare e additare al mondo l’esempio splendido di accoglienza cristiana che questa piccola comunità sta dando al mondo. Purtroppo, tra tanti profughi vi sono anche dei veri delinquenti, che introducono barbarie, droga e mala vita (come se non ne avessimo abbastanza di nostro), da cui è sacrosanto dovere difendersi. Io proporrei per il premio Nobel gli abitanti di quelle isole. – Scuotere, soprattutto, e dare una bella strigliata all’Europa, alla comunità internazionale, ai capitalisti che accumulano per se stessi le ricchezze della Terra, come cisti cancerose, ipotecando le risorse che il buon Dio ha creato per tutti. Il rapporto “tendenze globali” dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati (Unhcr), offre un’istantanea sconvolgente della tragedia dei profughi. Alla fine del 2012, la diaspora globale contava 45,2 milioni di persone, contro le 42,5 del 2011. Di questi, 15,4 milioni sono rifugiati (937mila per motivi politici: guerre, persecuzioni, odio e intimidazioni mortali…) e 28,8 milioni sono gli sfollati (fame, carestie, discriminazioni etniche, miseria estrema…). E la tendenza di queste cifre è all’aumento. “Ogni 41 secondi un essere umano diventa un rifugiato o uno sfollato”. Il 55% di tutti i rifugiati nella lista dell’Unhcr proviene da cinque zone di guerra: Afghanistan, Somalia, Iraq, Siria e Sudan. Lo scorso anno circa 2,7 milioni di persone – di cui 526mila rifugiati e 2,1 milioni di sfollati – hanno trovato una sistemazione definitiva. Solo Lampedusa (come anche Pantelleria, Linosa, Sardegna, ecc.) si deve far carico di questo disastro? Il papa fa un rimbrotto al cinismo, all’indifferenza globale, al cannibalismo “di coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo” (parole di Francesco), veri caimani che ingrassano con la miseria dei poveri, degli emigrati, dei disoccupati. Il papa rivolge loro la terrificante domanda di Dio a Caino che ha fatto fuori Abele: “Dov’è tuo fratello?” Sono parole come macigni, sono micidiali sganassoni in faccia che scuotono l’egoismo dell’umanità-bene, parole senza diplomazia o calcoli politici. È naturale che qualcuno non capisca, che non voglia capire: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. La “piattaforma politica” di Francesco è il Vangelo allo stato puro, nativo, e quello ogni giorno si sforza di praticare e insegnare: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,35-36)… Ero profugo e mi avete salvato… Ecco l’intenzione di Francesco: attirare lo sguardo di tutti su quell’isola dove si consuma quasi quotidianamente una tragedia umana, sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale, mettere il mondo benestante di fronte a una responsabilità collettiva, chiedendo loro conto della vita dei poveri. La Chiesa, con papa Wojtyla ha azzerato il comunismo. Lo sanno anche i muri. Oggi, Francesco fa squadra con tutti i poveri del mondo, e forse siamo alla partita decisiva contro il capitalismo. Indovinate chi vincerà.